Cos’è il coming out?
L’espressione “coming out” significa letteralmente “uscire allo scoperto” e si riferisce al processo attraverso cui una persona dichiara pubblicamente il proprio orientamento sessuale non eterosessuale. È un processo personale e non lineare, e non avviene in un momento preciso, ma consiste nella successione delle dichiarazioni pubbliche riguardo al proprio orientamento.
Come descritto da Barbagli e Colombo in un testo scientifico, il coming out è “quel lungo, difficile e doloroso processo che va dal primo desiderio omoerotico alla dichiarazione della propria identità”. Infatti, sebbene già negli anni ’70 l’omosessualità non veniva più considerata una patologia e non compariva più nel Manuale Diagnostico delle Malattie Mentali (prima era così, incredibile ma purtroppo vero), spesso non è un tema facile da affrontare, specialmente in alcuni contesti socio-familiari.
Origine dell’espressione
Inizialmente l’espressione completa era “coming out of the closet”, cioè “venire fuori dall’armadio o ripostiglio” e designava il rito dell’entrata nella società delle giovani donne, nonché il momento in cui una ragazza veniva presentata agli altri adulti e iniziava a far parte di una determinata comunità. Negli anni ’30 in Inghilterra si cominciò a dare al coming out il connotato di “dichiarare la propria omosessualità a sé stessi e agli altri” e ad oggi è proprio questa l’accezione che viene data all’espressione.
Fasi e caratteristiche del coming out
L’intero processo del coming out si articola fondamentalmente in 3 fasi:
- Riconoscimento: la possibilità del coming out si presenta quando nella persona vi è una corrispondenza tra sentimenti, comportamenti e identità sessuale. L’interpretazione di questi elementi è influenzata da fattori socio-culturali, per questo il riconoscimento di sé come persona non eterosessuale può essere un processo complesso. Dalla prima attrazione omoerotica può passare più o meno tempo, in molti casi anche anni, prima di giungere al coming out.
- Coming out interiore: si inizia ad accettare il proprio orientamento, che sia omosessuale, bisessuale, o di altro tipo. In questa fase si passa per diversi stadi interiori, da confusione di identità e comparazione con gli altri, fino a tolleranza e accettazione, e infine orgoglio e integrazione della propria sessualità. Con sincerità verso sé stessi, ci si impegna per rispettare e soddisfare le proprie inclinazioni.
- Coming out esteriore: è il passo successivo, quando si dichiara il proprio orientamento sessuale agli altri. Sono stati identificati tre tipi di coming out esteriore:
Coming out implicito: non si nasconde il proprio orientamento ma non se ne parla, sperando che “gli altri lo capiscano”.
Coming out confessionale o selettivo: viene detto “in segreto” solo a persone fidate e accuratamente selezionate. È il tipo di coming out più frequente.
Coming out spontaneo: avviene in maniera serena, senza che venga data molta rilevanza ai giudizi altrui.
Secondo la psicologa Ruth Fassinger esistono due processi di sviluppo dell’identità sessuale: uno è un processo interno, relativo all’identità sessuale e all’auto-accettazione, e l’altro è relativo all’identità di appartenenza alla comunità LGBTQ+.
In entrambi i processi si passa per 4 fasi: consapevolezza, esplorazione, approfondimento e sintesi. Il tutto si conclude quindi con l’integrazione della propria identità sessuale nella propria identità complessiva e l’interiorizzazione dell’identità di membro del gruppo LGBTQ+.
Cosa rappresenta il coming out per chi lo vive?
Il coming out non ha un significato universale condiviso da tutte le persone LGBTQ+. Piuttosto, ciò che significa per ognuno varia sulla base delle esperienze individuali, dell'ambiente sociale e delle convinzioni e dei valori personali.
È stato condotto uno studio per esplorare il significato del coming out per 30 individui lesbiche, gay, bisessuali e queer. I 30 partecipanti sono stati intervistati dai ricercatori, che hanno analizzato le narrazioni delle esperienze di ognuno, studiando le influenze di tipo sociale sul processo.
Dallo studio è emerso che il 100% dei partecipanti concorda sul fatto che il coming out sia un processo di trasformazione interiore e un elemento importante nella formazione identitaria. Tuttavia, per alcuni partecipanti il coming out è maggiormente un percorso personale di autoaffermazione, mentre per altri è maggiormente legato alla condivisione del proprio orientamento sessuale con altre persone, e per altri ancora è una combinazione equa di questi due aspetti.
Qual è la differenza tra coming out e outing?
Fare coming out è una scelta volontaria in cui è la persona stessa che decide di rivelare agli altri la propria omosessualità (o altro orientamento).
Quando è un’altra persona a esporre pubblicamente l’omosessualità di qualcuno, senza il consenso o contro la volontà della persona interessata, allora si tratta di outing.
Sebbene entrambe le espressioni abbiano a che fare con la rivelazione dell’omosessualità, il coming out è un atto consapevole che fa parte di un percorso interiore, mentre l’outing si subisce da parte di qualcuno.
Una differenza importante è che il coming out porta con sé molti benefici, mentre l’outing non è mai positivo. L’outing è un atto di violenza che può comportare rischi seri per il benessere mentale di chi lo subisce. Chi fa outing a qualcuno lo fa per leggerezza, mancata conoscenza del processo di coming out e sottovalutazione dei rischi del suo atto, oppure può farlo con cattiveria, per ledere consapevolmente la persona a cui è rivolto.
Le principali paure e difficoltà da affrontare
Fare coming out non è facile, sia per il lento processo interiore da attraversare, che può essere pieno di conflitti interni, sia per i pregiudizi della società.
Secondo gli esperti, esistono diversi fattori sociali che possono rendere più o meno difficile il processo di coming out. Questi sono:
Età
Genere
Luogo di nascita
Livello di istruzione
Educazione religiosa ricevuta.
In alcune condizioni determinate da questi fattori, come essere nati in una piccola città e in un contesto conservatore, non conoscere la realtà LGBTQ+ ed avere ricevuto una rigorosa educazione religiosa, è frequente che si abbia paura della propria omosessualità, con la convinzione che questa possa creare malessere e problemi. Questa paura è definita omofobia interiorizzata ed è strettamente legata agli stereotipi di genere, come la mascolinità tossica. Nel processo di accettazione di sé stessi, è importante riconoscere e superare questa visione erronea, poiché può anche portare allo sviluppo di disturbi emotivi.
Quando si parla di coming out, il timore più frequente è il rifiuto. Molti credono che la propria omosessualità non possa essere compresa da familiari e amici, che possa farli soffrire, e che rivelandosi rischiano di perdere la loro stima e il loro amore.
Fare coming out in famiglia
Uno studio del 2016 pubblicato su Journal of Gay & Lesbian Mental Health, ha confermato che l’evento più stressante per una persona LGBTQ+ è proprio il coming out in famiglia.
Le dinamiche familiari possono complicarsi in vari modi. Per esempio, accade spesso che i fratelli, per istinto di protezione, convincano l’interessato a non farsi avanti con i genitori, potenziando l’inibizione e quindi rallentando il processo e interferendo negativamente con esso. Va anche detto che rivelare il proprio orientamento sessuale precocemente può incidere in maniera negativa sulle reazioni dei genitori, in base alle dinamiche di ogni famiglia. Pertanto, è giusto fare un’accurata valutazione individuale su quale sia il momento migliore, che è diverso per ognuno.
Un sistema familiare rigido, o viceversa caotico, e un basso grado di adattabilità rappresenta la configurazione più ostile al coming out. Il quadro ideale è una famiglia aperta e vicina al figlio, che passa tempo con lui e lo supporta su tutti i livelli.
La maggior parte dei coming out in famiglia nel corso del tempo hanno esito positivo, ma le reazioni a caldo immediate non sono sempre altrettanto positive.
Secondo gli esperti le madri hanno generalmente una reazione più positiva rispetto ai padri, e l’atteggiamento delle madri dopo una prima reazione negativa volge più velocemente in una direzione positiva. Altri studi affermano che le giovani lesbiche ricevono maggiore disapprovazione dalla madre, mentre i giovani gay dai padri.
In ogni caso per i genitori il coming out del figlio è come un fulmine a ciel sereno, in quanto sperimentano una ferita narcisistica e un senso di fallimento nell’assolvimento delle funzioni genitoriali, soprattutto quando sono presenti una forte religiosità e posizioni conservatrici.
Tuttavia, nonostante il coming out possa essere vissuto inizialmente come perturbante, è stato osservato che, una volta superato e rielaborato, rappresenti per la famiglia un’occasione per costruire dei rapporti più solidi ed autentici. Infatti, molte persone LGBTQ+ decidono di fare coming out proprio per aumentare la vicinanza con i propri familiari.
Quali sono i benefici?
I benefici apportati dal coming out sono moltissimi. Tra questi vi sono:
Sviluppo di un senso di sé positivo
Ricostruzione, definizione e integrazione di un’identità coerente con i propri sentimenti
Rafforzamento delle relazioni con familiari, amici e colleghi
Senso di libertà, liberazione, orgoglio, onestà con i propri cari
Riduzione di solitudine e isolamento e aumento di intimità con gli altri
Diminuzione di colpa, stress e altri fattori di malessere mentale
Aumento dell’autostima e del benessere mentale.
Quando e come fare coming out?
Come accennato, il coming out non è un processo uguale per tutti e non ci sono consigli universalmente validi.
Alcuni sono più rapidi nel processo di coming out interiore e capiscono sin da giovanissimi le proprie inclinazioni, altri invece possono riconoscere il proprio orientamento molto tardivamente, anche dopo aver messo su una famiglia.
In quanto al coming out esteriore è giusto che ognuno valuti quando farlo, considerando le circostanze, il contesto in cui è cresciuto e preparandosi ai possibili rifiuti e fenomeni discriminatori. Quando la necessità di esprimersi, la volontà di condividere e il desiderio di limpidezza si faranno forti e chiari, allora sarà il momento.
Non esiste neanche un modo giusto valido per tutti. Alcuni preferiscono essere vaghi e fare un coming out implicito; invece, altri preferiscono farsi coraggio e rivelarsi con trasparenza ai propri cari. Un aspetto fondamentale è la scelta della prima persona con cui fare coming out, poiché è da lì che inizia un nuovo capitolo della propria vita. È consigliabile scegliere una persona fidata e aperta sull’argomento.
In tutti i casi, bisogna sempre tenere a mente che la propria identità e il proprio orientamento non possono mai essere sbagliati, che essere liberi di potersi esprimere è più importante di qualsiasi altra cosa e che le difficoltà con il tempo si supereranno. Il coming out porterà a una vera rinascita.
Come gestire la reazione delle persone?
L’idea che l’orientamento sessuale possa essere sbagliato e che si possa “correggere”, fortunatamente, è sempre meno diffusa. Tuttavia, è bene prepararsi alla possibilità che le prime reazioni di familiari e amici possono essere ostili. Alcune delle tipiche risposte alla prima dichiarazione sono:
È solo una fase
Sei solo confuso
Vuoi solo metterti contro di noi
È colpa nostra se sei gay
Dove abbiamo sbagliato?
Che abbiamo fatto di male per meritare questo?
Moriremo dal dispiacere
Ecco dei consigli per gestire simili reazioni dei propri cari:
Spiegare che si vuole solo essere sinceri e onesti per avere un buon rapporto con loro.
Ascoltarsi e mettere sempre al primo posto i propri sentimenti.
Specificare che non è una fase e che non si tratta di un vizio né una scelta.
Cercare di non perdere la calma, non rispondere agli scoppi emotivi alzando la voce e prendere una pausa dalla conversazione se necessario.
Chiedere supporto a una persona fidata a cui si è già fatto coming out, che possa dare una mano nella comunicazione con amici e familiari.
Tenere a mente che le risposte ricevute sono dettate da paure, preoccupazioni, sentimenti di colpa e turbamento. Al momento del coming out, i cari possono sentirsi travolti da ondate di emozioni, che insieme all’ignoranza in materia e all’incapacità di mettersi nei panni altrui, possono renderli incapaci di accogliere la notizia.
Essere consapevoli che nella maggior parte dei casi l’esito del coming out assume una dimensione di normalità e si positivizza con il tempo.
La gestione dello stress associato al coming out può essere difficile e cercare il supporto di uno psicologo è un’ottima idea. Per sostenere le persone LGBTQ+ nel loro processo, è stata sviluppata la psicoterapia affermativa, mirata a convalidare e sostenere le necessità delle minoranze sessuali, i cui effetti benefici sono stati dimostrati scientificamente.
IN SINTESI
Cos'è il coming out?
Il coming out è il processo attraverso il quale una persona rivela apertamente la propria identità sessuale o di genere agli altri.Quali sono le sfide del fare coming out?
Le sfide possono includere la paura del rifiuto, reazioni negative da parte di familiari o amici e preoccupazioni riguardo alla discriminazione o al giudizio sociale.Come prepararsi per fare coming out?
Riflettere sui propri sentimenti, scegliere un momento e un ambiente appropriati, cercare supporto da persone fidate o gruppi di sostegno può aiutare nel processo.Quali sono i benefici del fare coming out?
Può portare a un maggiore senso di autenticità, alleviare lo stress legato al nascondere la propria identità e migliorare le relazioni personali.
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Bibliografia
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