Le caratteristiche del bullismo
La parola “bullismo” indica un insieme di prepotenze e altri comportamenti aggressivi e ripetuti nei confronti di una vittima, che vengono perpetrati da un bullo, nonché una persona che compie tali atti di violenza in modo intenzionale, con aggressività e sistematicità.
Questi comportamenti includono una serie di atti di violenza, prevaricazione, sopraffazione e umiliazione, tra cui l’aggressione fisica, la presa in giro, la presa di mira, le emarginazioni e le discriminazioni.
Il bullismo (Sei vittima di bullismo? qui puoi fare il test) è un fenomeno che si riscontra spesso tra bambini e ragazzi nell’ambito scolastico.
Secondo la definizione dello psicologo norvegese studioso del bullismo Olweus, “uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni negative messe in atto da parte di uno o più compagni”.
Olweus spiega che esistono tre criteri che caratterizzano il bullismo:
L’intenzionalità con la quale vengono attuati i geti aggressivi: il bullo ferisce, insulta o danneggia la vittima con consapevolezza e intenzionalità, il che implica la volontà deliberata di recare l’offesa.
La ripetizione delle prevaricazioni che rendono gli atti aggressivi sistematici: il comportamento del bullo è infatti caratterizzato da una reiterazione continuata e persistente nel tempo.
Lo squilibrio o asimmetria di potere, che indica le differenze fisiche e psicologiche tra vittima e bullo: il bullo tende a scegliere come vittima una persona che esercita meno potere e meno influenza nel gruppo o che abbia una forza fisica inferiore, in modo che non possa difendersi. Insomma, il rapporto tra bullo e vittima è basato sulla disuguaglianza: il primo è forte, il secondo debole e indifeso.
Dati statistici
Secondo gli studi, gli atti di bullismo a scuola tendono a diminuire con l’avanzare dell’età. Il bullismo è quindi più diffuso nelle scuole elementari e dell’infanzia, con delle differenze nella prevalenza da paese a paese. Per esempio, in Irlanda la prevalenza del bullismo sarebbe dell’11,3%, negli Stati Uniti del 19%, mentre in Finlandia del 49,8%.
In Italia, il bullismo non è frequente solo nei bambini, ma anche in età preadolescenziale e adolescenziale. quasi il 20% dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni dichiara di aver subìto azioni tipiche di bullismo una o più volte al mese, e il 50% di loro dichiara di averle subite almeno una volta.
Tipi di bullismo
Una prima distinzione che può essere fatta riguardo al bullismo è quella delle sue due macrocategorie principali:
Bullismo diretto: il bullo agisce in prima persona contro la vittima.
Bullismo indiretto: il bullo danneggia la vittima con comportamenti persecutori e il coinvolgimento di altre persone.
Un bullo può compiere atti di bullismo diretto o indiretto in diversi modi, tipici delle seguenti tipologie di bullismo:
Bullismo fisico: il bullo esercita delle azioni violente che provocano danno fisico, come pugni, spinte o calci, oppure un attacco fisico come rubare la merenda alla vittima o rovinare i suoi oggetti personali o appropriarsene.
Bullismo verbale: il bullo attacca verbalmente la vittima, per esempio mettendo in ridicolo il suo aspetto fisico o deridendolo per il suo modo di parlare.
Bullismo sociale: Il bullo sottomette e ferisce la vittima con diffamazioni, pettegolezzi, isolamento sociale e manipolazioni; all’interno di questa tipologia rientra il cyberbullismo.
Inoltre, possono distinguersi atti di bullismo specifici, finalizzati a colpire determinati aspetti della vittima. Tra questi vi sono:
Bullismo psicologico: non si manifesta con aggressioni fisiche ma soprattutto con atti verbali, come offese e calunnie ed è particolarmente diffuso tra le ragazze; può avere conseguenze anche gravi per l’equilibrio emotivo della vittima, come isolamento sociale, scarsa autostima e senso di colpa.
Bullismo omofobico: indirizzato a persone che sono viste come non conformi alle norme di mascolinità e di femminilità o a chi non rientrano nei tradizionali canoni di genere, come lesbiche, gay, bisessuali o transgender (LGBT) o persone che sono percepite come tali; questa tipologia di bullismo include atti come l’esclusione, l’isolamento, la minaccia, gli insulti e le aggressioni tipiche dell’omofobia e della transfobia, dove le vittime vengono squalificate e de-umanizzate.
Bullismo razzista: consiste in offese sulla base di nazionalità, colore della pelle o origini etniche, ed è in aumento anche in Italia, data la crescente presenza di studenti stranieri nelle scuole.
Bullismo sessuale: si tratta di una forma di prepotenza comune tra adolescenti e preadolescenti, che include attenzioni indesiderate di natura verbale, psicologica o fisica, potendo sfociare persino in molestie; secondo i dati questo fenomeno può colpire fino all’80% della popolazione giovane, con particolare frequenza durante la fase della prima adolescenza.
Bullismo sul lavoro: si manifesta tra adulti nei luoghi di lavoro, con una prevalenza del 14% tra i lavoratori europei; la forma più frequente è il mobbing, un’aggressione piscologica e morale, reiterata nel tempo da parte di più aggressori, i quali agiscono nei confronti della vittima con l’intento di danneggiarla. Si parla di mobbing verticale quando è messo in atto da parte dei datori di lavoro verso i dipendenti (tipicamente per indurli a licenziarsi da soli, evitando così problemi con i sindacati), e di mobbing orizzontale quando avviene tra colleghi di lavoro (per gelosia verso un collega efficiente o apprezzato, per trovare un capro espiatorio a cui dare la colpa per qualche problema lavorativo, etc).
Cyberbullismo
Il cyberbullismo è una nuova categoria di bullismo, che descrive quegli atti di bullismo in cui vengono utilizzati strumenti digitali, soprattutto dispositivi collegati a Internet, per molestare, minacciare o diffamare altri con la condivisione di contenuti compromettenti online.
Il cyberbullismo è definito come “un atto aggressivo, intenzionale condotto da un individuo o un gruppo usando varie forme di contatto elettronico, ripetuto nel tempo contro una vittima che non può facilmente difendersi”.
A differenza del bullismo classico, che è circoscritto a uno specifico ambiente, nel cyberbullismo l’atto violento può comportare una rapida diffusione globale attraverso le piattaforme digitali, senza limiti di spazio e di tempo. Inoltre, mentre il bullismo si attua nei confronti di persone fisicamente vicine, il cyberbullismo può essere perpetrato nell’anonimato, cosa che spesso porta il cyberbullo a non prendersi la responsabilità delle proprie azioni e rende ancora più difficile lo sviluppo di empatia verso la vittima.
Nel cyberbullismo, il bullo controlla le informazioni personali della sua vittima e le diffonde al pubblico più vasto immaginabile: il web.
Questi atti di bullismo hanno luogo negli ambienti virtuali, ma hanno conseguenze reali, e anche molto gravi. La vittima può avere delle difficoltà a scollegarsi dalla rete e potrebbe non scoprire mai il volto del suo aggressore. Questo, in casi estremi, può portarla a compiere atti tragici. Infatti, in uno studio recente è stata stabilita un’associazione tra cyberbullismo e suicidi adolescenziali.
È bene notare che il cyberbullismo riguarda anche contesti non scolastici, come centri giovanili o associazioni sportive, ed è diffuso anche tra gli adulti, in particolare sul luogo di lavoro.
Uno studio recente ha evidenziato come fino al 20% delle persone subisce degli atti di cyberbullismo almeno una volta alla settimana, e ben l’80% di esse lo ha subito almeno una volta negli ultimi sei mesi.
Cause
Il bullismo è un fenomeno multifattoriale. Questo vuol dire che ci sono diverse variabili sociali, educative, familiari e intergenerazionali che possono contribuire alla sua insorgenza.
Nei bulli è stata osservata una carenza di abilità socio-cognitive, in particolare di empatia. Questa carenza predisporrebbe il bullo ad agire in modo spietato. D’altra parte, l’empatia rappresenta un fattore di protezione nel bullismo: chi è empatico evita comportamenti aggressivi o che possano ferire l’altro.
Un comportamento “da bullo” può nascondere dei disagi profondi o traumi e può riflettere situazioni familiari disfunzionali. Può essere espressione di una scarsa autostima e della paura del rifiuto, manifestati sotto forma di rabbia e prepotenza, ma anche della situazione opposta, cioè troppa autostima, che si verifica principalmente quando si cresce “viziati”. Infatti, l’educazione ricevuta e i valori trasmessi dalla famiglia giocano un ruolo cruciale nell’acquisizione delle caratteristiche tipiche del bullo.
Relazioni familiari particolari, caratteristiche del temperamento e difficoltà personali sono i principali fattori di rischio per il bullismo.
Anche il contesto culturale fa la sua parte. Nelle società odierne, che mostrano tolleranza nei confronti della sopraffazione, promuovono il modello di forza-potere, incoraggiano la furbizia e la competizione ed esaltano il leader autoritario, un ragazzo potrebbe essere più propenso a comportarsi da bullo. Inoltre, i media e i videogiochi, trasmettendo modelli di violenza come sinonimo di forza, incoraggiano queste idee socioculturali e ostacolano lo sviluppo dell’empatia.
Le dinamiche di gruppo rappresentano un altro fattore di rischio. Infatti, la presenza dei coetanei che assumono il ruolo di sostenitori, complici o spettatori può favorire il bullismo. Il gruppo sociale svolge un ruolo determinante soprattutto nel mantenere e ripetere i comportamenti aggressivi. Inoltre, se i partecipanti all’atto di bullismo sono diversi, la responsabilità dell’atto viene “diffusa”, nonché distribuita su tutti i soggetti e questo porta ad avere minor consapevolezza della gravità dell’azione e delle sue conseguenze e, quindi, a ripeterla.
Come difendersi?
Per fronteggiare nel migliore dei modi un atto di bullismo, in primo luogo bisogna evitare di rispondere alle provocazioni. Rispondere all’aggressività con altra aggressività, anche sotto forma di insulti, fa sì che il bullo e i suoi sostenitori si accaniscano ancor di più.
La risposta migliore consiste nel mostrare coraggio e sicurezza, non cogliere le provocazioni ed esercitare l’assertività.
Anche assumere un atteggiamento spiritoso può essere una buona reazione all’atto aggressivo, perché è qualcosa che il bullo di certo non si aspetta e che, in qualche modo, lo spiazza.
Non bisognerebbe provare vergogna né colpevolizzare sé stessi per l’aggressione ricevuta, ricordando che i comportamenti o le parole di cui vergognarsi sono solo quelli del bullo e che anche la colpa di questi appartiene a lui.
Per giungere a questo è fondamentale lavorare su sé stessi e sviluppare la propria autostima. A tutti i ragazzi, consigliamo di rivolgersi ad un adulto, come un familiare o un insegnante, che aiuterà a fare chiarezza e a presentare una denuncia per bullismo a scuola, se è il caso.
Come prevenire il problema? Cosa possono fare ragazzi, genitori e insegnanti?
Ciò che è fondamentale per contrastare efficacemente il fenomeno del bullismo in ogni scuola, famiglia o comunità è creare una rete di interventi di prevenzione e sensibilizzazione.
Come adulti responsabili di una classe o di figli che potrebbero ritrovarsi coinvolti nel fenomeno, bisognerebbe intraprendere un percorso di formazione o di informazione consapevole attendibile, per comprendere a fondo la dinamica del bullismo.
Nelle scuole, gli insegnanti dovrebbero formarsi su specifiche abilità comunicative e relazionali basate sull’ascolto e sull’empatia.
Gli episodi di violenza o scherno non vanno mai sottovalutati e non bisognerebbe mai negare o sminuire l’accaduto. È fondamentale ascoltare attivamente e con interesse i ragazzi che segnalano atti di bullismo. Ma non sempre si aprono per parlarne, e per questo saper individuare i segnali più sottili è altrettanto fondamentale. Bisogna prestare attenzione a ciò che i ragazzi comunicano anche non verbalmente, come nel caso del rifiuto di andare a scuola o calo del rendimento scolastico.
L’istituzione di uno sportello di ascolto a scuola sarebbe ideale, in quanto andrebbe a rappresentare un ambiente sicuro in cui una vittima può esprimersi e trovare conforto senza paura di ripercussioni.
Nelle scuole, è particolarmente efficace realizzare progetti di prevenzione integrati, a cui partecipano docenti, alunni e psicologi, con attività coinvolgenti e laboratori a tema, allo scopo di sensibilizzare sul tema tutta la realtà scolastica. Questo aiuterà a promuovere la conoscenza reciproca fra i ragazzi, favorire la loro autostima, impulsare lo sviluppo dell’empatia ed esaltare valori come l’apertura e il rispetto delle diversità.
Anche i genitori, nelle proprie case, dovrebbero fare lo stesso: condividere con i figli un sistema di valori basato sull’ascolto, sul rispetto dell’altro e sulla valorizzazione delle differenze e permettere loro di sviluppare fiducia in sé stessi e nelle loro qualità.
Quando un ragazzo coinvolto nel bullismo, sia come vittima sia come bullo, presenta un disagio psicologico o scarsa autostima, un’ottima strategia per aiutarlo a ritrovare la propria serenità è cercare un supporto psicologico con un professionista al di fuori dal contesto scolastico, che lo guiderà in un cammino di auto-conoscenza e benessere emotivo.
IN SINTESI
Cos'è il bullismo?
Il bullismo è un comportamento aggressivo e intenzionale volto a danneggiare o intimidire un'altra persona, spesso ripetuto nel tempo.Quali sono le forme di bullismo?
Le forme includono bullismo fisico, verbale, psicologico e cyberbullismo.Quali sono le conseguenze del bullismo?
Può causare ansia, depressione e isolamento sociale nelle vittime.Come si può prevenire il bullismo?
Attraverso l'educazione, il dialogo aperto e l'intervento precoce da parte di scuole e famiglie.
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