Stress lavoro correlato e burnout

Pubblicato il   / Ansia e Depressione
Stress lavoro correlato e burnout

La traduzione italiana del termine Burnout è “sindrome del bruciarsi”, il che può essere riduttivo, in quanto tende a privilegiare un’ottica individuale, quasi come se qualcosa d’interiore esplodesse e si manifestasse all’esterno. VI CONCORRONO INVECE NUMEROSE VARIABILI, INDIVIDUALI ED AMBIENTALI.

Si tratta infatti di una forma di esaurimento professionale, accompagnata da una varietà di sintomi psico-fisici quali: affaticamento, disagio psicologico, tristezza, ansia o irritabilità, isolamento, sintomi psicosomatici (mal di testa, mal di schiena, mal di pancia etc.).

MA ALLORA IN CHE COSA SI DISTINGUE DALLO STRESS LAVORO CORRELATO?

Oggi prevale la tendenza a considerare lo stress in un’ottica che integra fattori individuali e situazionali.

Sarebbe, quindi, una complessa “risposta adattiva dell’organismo, fisiologica e psicologica, ad una serie eterogenea di stimoli (stressors) fisici, biologici e/o psicosociali, interni o esterni” (Pancheri).

Dunque, lo stress non è di per sé una risposta negativa, perché permette di attingere alle nostre risorse di fronte ad un compito da svolgere o ad un pericolo da affrontare. In particolare, si parla di:

  • Eustress (o stress positivo): capacità di adattarsi all’ambiente e di reagire nel breve periodo agli stressors, tramite le proprie risorse e/o strategie (coping).
  • Distress (o stress negativo): incapacità di adattarsi all’ambiente e di reagire agli stressors, poiché superiori alle proprie risorse e/o prolungati nel tempo.

È, quindi, l’interrelazione disadattiva tra la persona ed il contesto in cui essa vive e/o opera che provoca un’eventuale risposta disfunzionale.

In particolare, lo STRESS LAVORO CORRELATO è l’interazione delle condizioni lavorative con le caratteristiche psicologiche del lavoratore e si manifesta quando c’è un sostanziale squilibrio tra le domande provenienti dall’ambiente e la capacità di risposta individuale, quando cioè le richieste ambientali eccedono le reali capacità e risorse; oppure quando i bisogni del lavoratore superano le opportunità di soddisfazione offerte dall’organizzazione.

Il BURNOUT, invece, è il risultato di un’inadeguata risposta ad uno stress lavorativo PROTRATTO.

Lo stress lavorativo ed il Burnout, dunque, condividono lo stesso meccanismo di base: l’eccesso delle stimolazioni esterne che incide negativamente sull’abilità adattiva della persona, ma non coincidono; piuttosto “lo stress entra a determinare il Burnout, che ne costituisce un esito possibile in presenza di determinate condizioni prolungate nel tempo” (Del Rio, 1990).

Interessa, in particolare, le figure che operano all’interno delle cosiddette “professioni d’aiuto”, ossia di attività che implicano un intenso coinvolgimento tra operatore ed utente/cliente, in cui il carico di stress e le richieste dell’utenza sono maggiori.

È una sorta di strategia, una difesa che il professionista adotta, con comportamenti ed emozioni negative verso se stesso, i colleghi di lavoro e l’utenza, nella speranza di rispondere alle tensioni stressanti da una parte, e limitare, il più possibile, i danni psicofisici derivanti dal continuo contatto con le richieste lavorative e/o delle persone con cui lavora che eccedono le sue reali capacità e risorse, dall’altra (Del Rio, 1990).

La causa non è dunque da ricercare soltanto nelle caratteristiche di personalità dell’individuo né nell’ambiente di lavoro e nella struttura in cui egli opera, ma in entrambi: nell’individuo (fattori di vulnerabilità) e nel suo contesto lavorativo (struttura ed organizzazione).

In sintesi, l’azione patogena dello stress lavoro correlato, protratto nel tempo, può determinare reazioni disadattive, quali il burnout, che alla lunga, poi, possono estendersi alla sfera extralavorativa, fino a favorire l’insorgenza di quadri nevrotici o depressivi, con sintomi psico-fisici importanti.

Inoltre, una condizione di burnout può essere responsabile non solo di un danno nei riguardi dell’operatore e del contesto lavorativo in cui opera, ma anche di un evidente rischio nei riguardi della sicurezza dell’utente/cliente.

La cascata di eventi responsabile del rischio clinico indotto dal burnout può essere così sintetizzata: 1. Burnout, 2. tensione, esaurimento emotivo, sintomi psicofisici, ansia e depressione dell’operatore, 3. difficoltà nel rapporto con l’utenza, con ridotta empatia e sensibilità, 4. errore professionale (minore disponibilità a rispondere alle diverse richieste/esigenze dell’utente/cliente, aggressività ed indifferenza).

Alla luce di tutto ciò, il Burnout deve essere riconosciuto e trattato con successo attraverso un intervento «multimodale» che riguardi i diversi livelli coinvolti, contestuali ed individuali.

A livello personale, quanto prima una persona inizia un percorso di terapia, tanto prima si ristabilirà e tanto più bassi saranno i costi in termini di salute e conseguenti (incapacità di lavorare).