Combattere la fame emotiva: l'importanza del sostegno psicologico durante la dieta alimentare

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Combattere la fame emotiva: l'importanza del sostegno psicologico durante la dieta alimentare

L’esperienza di sentirsi, più o meno, in sovrappeso e di voler perdere qualche chilo, intraprendendo una dieta alimentare, è certamente comune a tutti; alcuni vi riescono in breve tempo, altri dopo un periodo di tempo più lungo, qualcuno non vi riesce affatto. Ma quante persone che sono riuscite a perdere peso, grazie alla dieta, sono poi riuscite a mantenere nel tempo tale risultato? Le ricerche offrono un panorama sconfortante, infatti dicono che da uno a due terzi delle persone che hanno seguito una dieta, in assenza di supporto psicologico, riacquistano, in seguito, più chili di quanti ne avessero perso (effetto yo-yo).

Perché succede questo?

Dalla mia esperienza di collaborazione con una nutrizionista è emerso che la maggior parte delle persone che si rivolgono a lei, perché insoddisfatte del proprio corpo e del proprio peso, si lamentano di non essere in grado di controllare la propria alimentazione e di mangiare eccessivamente non sempre perché affamate ma, spesso, perché si sentono “preda” di emozioni, che le fanno stare male e che non riescono a gestire e a controllare, che le spingono a mangiare, poiché solo il cibo ha la capacità di attutire tali emozioni negative. Le principali di queste emozioni sono: ansia, tristezza, nervosismo, rabbia, insoddisfazione, noia.

La considerazione dell’esistenza di un legame fra comportamento alimentare ed esperienza emotiva, per cui l’alimentazione viene spesso usata, in maniera inappropriata, per regolare i nostri stati emotivi, ci deve portare a riflettere sull’importanza e la necessità di occuparci, laddove si desideri perdere peso e ci si riconosca in un quadro alimentare ed emotivo di questo tipo, oltre che dell’aspetto alimentare e dietetico, anche dell’aspetto psicologico ed emotivo, se si intende ottenere dei risultati ottimali ma soprattutto stabili nel tempo.

È utile sapere che quando mangiamo lo facciamo per due ragioni: la prima è la fame, la seconda l’appetito.

Fame e appetito, sebbene nel senso comune possano sembrare la stessa cosa, in realtà non lo sono. La fame è il bisogno di cibo; è quel meccanismo istintivo che ci assicura di ottenere il “carburante” che serve per far funzionare bene il nostro corpo.

L’appetito, invece, è il desiderio di cibo; è quindi una reazione emotiva, psicologica (“ sembra appetitoso”, “com’è invitante”ecc…).

Combattere la fame emotiva: l'importanza del sostegno psicologico durante la dieta alimentareSia la fame che l’appetito subiscono notevoli influenze da parte sia dell’ambiente fisico che psicologico; pertanto, delle volte, mangeremo più o meno del normale proprio in risposta alla situazione ambientale o emotiva in cui ci troviamo. Un esempio di come l’ambiente fisico è in grado di influenzarci, è l’aumento della fame che avvertiamo quando ci troviamo in un ambiente freddo rispetto ad un posto caldo e la spinta che abbiamo a consumare pasti più calorici.
Questo avviene perché il cibo ci dà calorie, ovvero energia, e le calorie mantengono il corpo caldo. Anche prendere le medicine può influenzare l’appetito, facendoci mangiare di più o di meno del solito.

Ma, come ho già detto, anche l’ambiente psicologico è in grado di influenzare la nostra fame e il nostro appetito, così essere in ansia, sentirsi stressati, essere depressi spesso ci porta o a mangiare più del solito, quindi ad avere un aumento dell’appetito (iperfagia), o ad alimentarci meno del solito, cioè ad avere una diminuzione dell’appetito (ipofagia).

La fame dettata non da un’effettiva necessità fisiologica ma da un preciso stato emotivo viene chiamata fame emotiva (o fame nervosa).

La forza della fame emotiva consiste nel circolo vizioso che si viene a creare tra condizione iniziale di disagio e cibo; essere a disagio infatti ci spinge a mangiare, ma a sua volta l’introduzione di cibo nel nostro corpo è in grado di provocare, sul momento, una condizione di benessere, dovuta sia all’aumento della produzione di endorfine e di serotonina nel nostro organismo, che alla riduzione dell’intensità del disagio vissuto.

Disagio => Fame => Cibo => Riduzione del disagio

Questa reazione primaria di sollievo viene però ben presto soppiantata dalle nostre reazioni secondarie, derivanti dalla valutazione che facciamo dell’episodio alimentare (“non sono riuscita a controllarmi, come al solito”; “faccio schifo”ecc…), ovvero: sensi di colpa, rabbia, tristezza, disgusto verso se stessi.

Per cui se la fame emotiva sul momento è in grado di ridurre il nostro disagio iniziale, successivamente contribuisce ad aumentarlo ed amplificarlo.

Questo collegamento tra alimentazione ed emozioni tuttavia non è sempre sintomo di problemi psicologici, basta ad esempio semplicemente sentirsi annoiati per assumere, o sentire la voglia di assumere, cibo in modo eccessivo.

È però evidente che, quando questo aspetto della nostra vita ci ostacola nel raggiungimento degli obiettivi che ci siamo proposti (ad esempio perdere peso) o ci causa sofferenza, diventa necessario attenzionarlo ed occuparsene, al fine di poter intervenire.

La psicoterapia permette di comprendere perché si mangia eccessivamente e di apprendere modalità più funzionali per gestire le emozioni negative.

Ecco che il lavoro dello psicologo diventa fondamentale per preparare o accompagnare la persona durante il programma dietetico, o meglio ancora durante la sua rieducazione alimentare.

Abbinare quindi ad una corretta rieducazione alimentare anche l’educazione emotiva è di fondamentale importanza per poter ottenere risultati ottimali e per poterli mantenere nel tempo; proprio la stabilità nel lungo tempo dei risultati rappresenta il punto di forza dell’integrazione tra l’approccio medico e quello psicologico. Non dobbiamo dimenticare che il nostro comportamento alimentare può essere un sintomo di un disagio che ha origini più profonde e che ci chiede di essere ascoltato e affrontato.

Il cibo a volte ha il potere di placare parzialmente questi disagi, ma non di risolverli a fondo.

Come scrisse il poeta e filosofo libanese Khalil Gibran: “Nacqui una seconda volta, quando la mia anima e il mio corpo si innamorarono e si sposarono”.