Cos’è il disturbo da stress post traumatico (PTSD)?
Il PTSD, o disturbo da stress post traumatico, è una patologia che può svilupparsi a seguito di un’esperienza fortemente traumatica, come una catastrofe o una violenza, o anche a seguito di un trauma sperimentato da una persona cara.
Un trauma è un evento che viene vissuto come una minaccia per la propria vita o per la propria integrità psicofisica. Può essere traumatico anche assistere o venire a conoscenza di un trauma capitato a una persona vicina, in quanto i neuroni specchio del cervello hanno la capacità di “rispecchiare” un evento esterno registrandolo nelle proprie esperienze emotive.
Il PSTD è una condizione grave e spesso invalidante, caratterizzata da ricordi ricorrenti dell’evento traumatico, ansia, incubi e allucinazioni.
Il concetto di PSTD fu studiato negli Stati Uniti in seguito agli effetti della guerra del Vietnam sui veterani. Dagli studi statistici è emerso che il 19% dei veterani ha sviluppato il PTSD dopo il rientro in patria. Questo è il motivo per cui ci si riferisce al PTSD anche con l’espressione “nevrosi da guerra”.
Il disturbo da stress post traumatico può manifestarsi in individui di tutte le età che abbiano vissuto un trauma, così come nei familiari, testimoni e soccorritori coinvolti direttamente o indirettamente nell’evento.
La maggior parte delle persone che vivono un trauma riescono a superare lo shock entro un mese dall’esposizione. Però, a volte, gli effetti dell’evento traumatico sul proprio benessere e vita quotidiana sono particolarmente gravi e persistono a lungo, debilitando la persona e la sua salute psicofisica e determinando il quadro clinico del PTSD.
Alcuni dati sul fenomeno
Si stima che il 50-70% delle donne e il 60% degli uomini vivono un trauma nella vita, ma la prevalenza del PTSD nella popolazione generale è di circa l’1%. Negli Stati Uniti le statistiche riportano dati diversi: la prevalenza di PTSD nella popolazione generale è dell’8,7% ed è più frequente nelle donne con un rapporto di 2:1 rispetto agli uomini.
I tassi di PTSD sono notevolmente più alti tra veterani, individui che hanno subito stupri e abusi durante l’infanzia e persone che svolgono lavori ad alto rischio di esposizione traumatica come militari, poliziotti, carabinieri, vigili del fuoco e personale sanitario. I bambini e gli anziani sono più vulnerabili allo sviluppo di PTSD e in questa fascia di popolazione la prevalenza è maggiore.
È stato condotto uno studio dall’OMS in vari paesi europei, l’European Study of the Epidemiology of Mental Disorders. Ne è emerso che in Italia il 56,1% della popolazione è stata esposta ad almeno un evento traumatico e la metà del campione era costituito da persone che hanno subito una violenza sessuale. Il rischio di sviluppare un PTSD in questo campione variava dal 12,2%, per gli eventi bellici, allo 0,8% per la violenza sessuale.
Diagnosi
La diagnosi di PTSD si basa sui criteri clinici stabiliti dal DSM-5. Per soddisfare i criteri, i pazienti devono essere stati esposti direttamente o indirettamente a un evento traumatico e presentare sintomi di ciascuna dei seguenti 4 cluster diagnostici:
Riesperienza: pensieri intrusivi, incubi, sogni e ricordi inquietanti, flashbacks, sentire che l'evento accade di nuovo ripetutamente.
Evitamento: problemi di memoria, senso di distacco, evitare pensieri, ricordi e attività associati all'evento, rinuncia alla socializzazione, diminuzione di interesse o partecipazione ad attività significative.
Alterazioni negative: problemi di umore e cognizione, amnesia dissociativa, opinioni negative e stato emotivo negativo persistenti ed esagerati, persistente incapacità di provare emozioni positive.
Ipereccitabilità: ipervigilanza, irritabilità, scoppi d'ira, disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione, tendenza a trasalire, comportamento imprudente o autodistruttivo, aumento delle risposte di allarme.
Inoltre, per poter formulare la diagnosi, questi sintomi devono essere presenti per più di 1 mese, causare un disagio significativo o compromettere significativamente la vita sociale o lavorativa e non essere riconducibili agli effetti di sostanze o ad altre patologie.
I sintomi del disturbo da stress post traumatico
I tipici sintomi del disturbo post-traumatico da stress corrispondono a quelli presenti nei criteri diagnostici e possono essere suddivisi in 4 categorie:
Sintomi intrusivi: I ricordi indesiderati e gli incubi che rievocano l'evento sono tra i sintomi più comuni, mentre gli stati dissociativi in cui il l’evento viene rivissuto come se stesse accadendo di nuovo sono meno comuni. Questi sintomi sono intrusivi nel senso che affiorano alla coscienza in modo disturbante e involontario e non vi è possibilità di controllarli.
Sintomi di evitamento: Vengono messe in atto strategie per evitare di entrare a contatto con qualunque stimolo ricordi il trauma. Vengono evitati luoghi e anche pensieri ad esso correlati, con conseguente riduzione della qualità della vita.
Alterazioni negative di pensieri ed emozioni: È comune non ricordare l’evento traumatico, sviluppare idee negative nei confronti di sé stessi, degli altri e del mondo e sperimentare sintomi simili a quelli della depressione. Si può arrivare a sentirsi insensibili e disinteressarsi alle attività quotidiane. Un’emozione molto frequente è il senso di colpa, per esempio per essere sopravvissuti a un evento senza aver potuto salvare le altre persone. L’uso di sostanze come risposta a queste alterazioni è comune in chi soffre di PTSD.
Marcata reattività associata all’evento traumatico: Per via della mancata elaborazione emozionale, i pazienti affetti da PTSD si sono molto ansiosi e irritabili, non riescono a concentrarsi e si comportano come se fossero costantemente minacciati dal trauma. Possono persino avere comportamenti violenti e distruttivi e sono a rischio suicidario.
Il PTSD può presentarsi in diverse modalità. Alcuni presentano più sintomi legati a paura, ansia ed evitamento, altri più sintomi legati al calo del tono dell’umore, e altri ancora presentano soprattutto stati dissociativi.
L’elemento comune è lo sviluppo di sintomi ansioso-depressivi a seguito di un trauma.
Spesso si presentano anche sintomi fisici, come mal di testa, dolori al petto, vertigini e disturbi gastrointestinali.
In uno studio del 2021, è stato dimostrato che il PTSD ha un impatto negativo sul sistema immunitario.
Lo stress psichico che caratterizza il PTSD è in grado di alterare significativamente la funzionalità del sistema immunitario e, di conseguenza, causare una risposta immune alterata, fattore che rappresenta la base di molte patologie.
I sintomi del PTSD possono presentarsi subito dopo il trauma, rappresentando una continuazione del disturbo da stress acuto, o anche successivamente, di solito entro 6 mesi dall’evento.
Comorbidità
Il disturbo post traumatico da stress si presenta frequentemente insieme ad altri disturbi psichiatrici.
In circa della metà delle persone affette da PTSD, il quadro clinico è associato a depressione maggiore. Anche attacchi di panico, fobie, uso di sostanze e disturbi dissociativi si presentano frequentemente insieme al PTSD.
Cosa succede a livello cerebrale?
Recenti ricerche effettuate su diverse aree del cervello hanno dimostrato evidenziato nelle persone affette da PTSD un’iperproduzione di ormoni coinvolti nella risposta allo stress e alla paura a livello dell’amigdala, una ghiandola endocrina che si trova alla base del cervello.
In questi soggetti, si osserva anche un’alterazione dei neurotrasmettitori dell’ippocampo, correlati alla memoria, un’alterazione del flusso sanguigno dell’encefalo e dei cambiamenti strutturali della corteccia cerebrale.
Tipi di PTSD
Uno dei modi di classificare il PTSD è:
PTSD con sintomi dissociativi: la risposta al trauma si caratterizza per i sintomi di dissociazione, come depersonalizzazione o derealizzazione, dovuti a un’iper-inibizione della risposta limbica.
PTSD classico o senza sintomi dissociativi: i sintomi intrusivi sono prevalenti e sono dovuti a una sotto-inibizione della fisiologica risposta limbica al senso di minaccia da parte della corteccia prefrontale.
Questa classificazione è importante in quanto i due tipi di PTSD non solo presentano caratteristiche neuroanatomiche diverse, ma inoltre rispondono meglio a terapie diverse.
Si parla di PTSD a espressione ritardata quando i sintomi del disturbo si manifestano dopo più di 6 mesi dall’esposizione al trauma. La patologia può manifestarsi anche a distanza di anni dall’evento.
Questo avviene soprattutto nei casi del PTSD complesso o C-PTSD, caratterizzato da traumi precoci come abusi fisici, sessuali o psicologici avvenuti durante l’infanzia o traumi di tipo cronico come maltrattamenti ripetuti o grave trascuratezza da parte dei genitori.
Alcuni esempi
Il PTSD si sviluppa come conseguenza di un evento traumatico, che può essere di vario tipo. Degli esempi di eventi che possono determinare lo sviluppo di PTSD sono:
catastrofi naturali
guerre, torture
minacce di morte
aggressioni, violenze, bullismo
rapine, sequestri
incidenti automobilistici
disastri aerei
patologie a prognosi infauste
lutti complicati o traumatici
essere stati testimoni di pericoli mortali o della morte di altri
aver saputo di traumi accaduti a persone vicine
maltrattamenti, abusi, trascuratezza nell’infanzia .
Terapia e cura
Anche se circa il 60% dei pazienti si rimette spontaneamente nei primi 12 mesi, la sintomatologia andrebbe affrontata con un trattamento psicoterapeutico.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale (CBT) è la strategia di prima scelta per il PTSD. In particolare, la psicoterapia orientata al trauma o trauma-focused CBT, è utile per la regolazione emotiva e la riduzione dell’evitamento.
Grazie alla ristrutturazione cognitiva, è possibile modificare la colpa, la vergogna e altri pensieri negativi derivati dall’evento traumatico.
L’esposizione prolungata si è rivelata altamente efficace nel ridurre i sintomi del PTSD. Questo approccio comprende:
l’esposizione in vivo agli stimoli correlati al trauma: consiste in un approccio graduale e sistematico alle situazioni che vengono evitate.
l’esposizione immaginativa all’esperienza traumatica: che consiste nella visualizzazione del trauma.
Dato che molti pazienti da un lato rifiutano l’esposizione in vivo e dall’altro hanno difficoltà nell’immaginare l’evento traumatico, l’implementazione della realtà virtuale ha apportato un gran beneficio al trattamento del PTSD. La Virtual reality exposure therapy o VRET è un metodo di trattamento di esposizione prolungata la cui efficacia è paragonabile agli altri tipi di esposizione.
Un’altra tecnica terapeutica centrata sul trauma è l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Re-processing, cioè “Desensibilizzazione e rielaborazione mediante movimenti oculari”), riconosciuto insieme alla CBT come un trattamento d’elezione in caso di PTSD. Con l’EMDR ci si focalizza sui ricordi delle esperienze disturbanti traumatiche e si lavora su due aspetti:
desensibilizzare i sintomi legati al trauma
rielaborare i ricordi del trauma, riorganizzarli nella memoria, e dargli un significato maggiormente positivo, trasformandoli in una risorsa.
Il processo fisiologico di riprocessamento delle informazioni, cioè la capacità di rielaborazione, viene riattivato con i movimenti oculari, usando la stimolazione tattile bilaterale.
Specialmente nelle prime fasi del trattamento, una terapia farmacologica prescritta da uno psichiatra può essere di gran beneficio nel potenziare l’azione psicoterapeutica, in particolare quando i sintomi sono invalidanti o ci sono altri disturbi psichiatrici concomitanti.
Gli approcci più nuovi al PTSD includono la terapia metacognitiva, la terapia sensomotoria e la mindfulness basata sulla riduzione dello stress.
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Oggi ad esempio abbiamo parlato di disturbo da stress post traumatico.
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