Come gestire l'ansia eccessiva

Pubblicato il   / Ansia e Depressione
Come gestire l'ansia eccessiva

Le persone ansiose sono generalmente accomunate da alcune caratteristiche, tra cui:

  1. trovare qualche buona ragione che giustifichi la necessità di preoccuparsi;
  2. se è possibile che accada qualcosa di brutto, se puoi solo immaginarlo, allora hai la responsabilità di preoccupartene e arrovellarti;
  3. qualsiasi forma di incertezza è inaccettabile;
  4. considera tutti i pensieri negativi come se corrispondessero effettivamente alla realtà;
  5. ogni cosa negativa che può capitare è un riflesso di come sei tu come persona;
  6. fallire è inaccettabile;
  7. liberati subito di qualunque sensazione o emozione negativa;
  8. occupati di ogni cosa come se si trattasse di un’emergenza.

Come gestire l'ansia eccessivaNei soggetti ansiosi sono presenti delle particolari tendenze nei processi di pensiero; i disturbi d’ansia sono problemi nel modo di pensare.

L’inquietudine si insinua ovunque ed è di diversi tipi perché diversi sono i tipi di preoccupazione, che danno origine ai diversi disturbi d’ansia.

Perchè ci si preoccupa? Perché è così difficile rinunciare alle proprie preoccupazioni? Come le persone ansiose sanno, infatti, per quanto si possa desiderare “non pensarci più”, di fatto interrompere o limitare questo incessante lavorio mentale è molto complicato, tanto da essere vissuto soggettivamente come impossibile.

Le ragioni sono diverse:

1) L’ abitudine a rimuginare potrebbe essere stata insegnata dalla famiglia:

  • traumi;
  • genitori inquieti e iperprotettivi;
  • attribuzione al bambino del ruolo genitoriale;
  • non si degnano di attenzione e considerazione le emozioni del figlio;
  • attaccamento insicuro;
  • vergogna.

2) Preoccuparsi è un’azione che ha senso per chi la compie:

  • Si risolveranno meglio i problemi;
  • Il mondo è pericoloso e non si è in grado di affrontarlo;
  • Rimuginando non si pensa al peggiore esito possibile;
  • Arrovellandosi non si provano emozioni intense (si evita di provare emozioni attraverso un “eccesso di riflessione”);
  • Quando ci si arrovella non si prova ansia (livelli più elevati di tensione, ci si trova per lo più in una situazione di “minaccia normale”);
  • Rimuginare dà l’illusione del controllo (correlazione illusoria);
  • Preoccuparsi di tutto significa avere senso di responsabilità;
  • Arrovellandosi si riduce l’incertezza (gli inquieti sono intolleranti all’incertezza); raggiungendo la certezza si evita il male…ma in realtà l’incertezza è neutra e la soluzione perfetta non esiste e non si può prevedere tutto.

3) Bisogno di informarsi contro carenza di obiettività, per cui si cercano solo quelle informazioni che confermano impressioni e credenze negative.

4) Oppure, al contrario, si evita di informarsi, per paura di trovare conferme, per ridurre l’ansia.

5) Bisogno di controllo su pensieri e sentimenti (insofferenza per le proprie emozioni, paura per le proprie sensazioni, si hanno in generale convinzioni negative sulle proprie emozioni).

6) L’inquietudine dà la motivazione giusta (pessimismo difensivo riduce le aspettative nei propri confronti vs pessimismo dai depressi che rimanda o evita l’impegno).

Allora, cosa (non) fare quando si è molto in ansia?

  • ricerca di rassicurazioni (successivamente si potrà dubitare di ognuna);
  • tentativo di fermare i pensieri (dopo ritornano più forti);
  • raccolta di informazioni (confermare pensieri negativi, voler vedere tendenze inesistenti, sovrastima del rischio, informazioni non pertinenti);
  • controlli a non finire;
  • evitamento di situazioni in cui si prova disagio;
  • “anestetizzarsi” con comportamenti sbagliati (alcool, droga, cibo);
  • impegnarsi in lunghi preparativi;
  • ricorso a comportamenti protettivi (ci fanno sentire temporaneamente sicuri e protetti ma mantengono l’inquietudine);
  • voler fare sempre un figurone;
  • “ruminare”, pensare sempre al presente e al passato, perché c’è una realtà che non si riesce a mandare giù e non si trovano comportamenti positivi;
  • ricerca di certezze;
  • rifiutare il fatto di avere “pensieri pazzi”.

TUTTI I PASSI PER RIPRENDERE IL CONTROLLO SULLA PROPRIA ANSIA

  1. Stabilire quando preoccuparsi e quando no

Preoccuparsi in modo più efficace, affrontando l’inquietudine e trasformando quanto prima la propria preoccupazione in uno stimolo per risolvere il problema.

Regole: identificare un problema fondato o realistico, stabilire se si può fare qualcosa subito o in poco tempo (preoccupazioni utili diventano quasi subito soluzioni utili), passare rapidamente dalla preoccupazione alla ricerca della soluzione.

È, però, possibile ricadere nella preoccupazione (domande che non hanno risposta, preoccuparsi per reazioni a catena, rifiutare soluzioni non perfette, pensare che l’ansia si riduca rimuginando e che bisogna farlo finchè non si ha tutto sotto controllo).

  1. Accettate la realtà e impegnatevi per il cambiamento

Imparare a vedere le cose come sono davvero, non come si pensa che siano, imparare cioè ad essere CONSAPEVOLI, a vedere una cosa come realmente è e non come si vorrebbe che fosse e che ci si dovrà convivere. Questo ci offre uno spunto da cui partire, è la base per il cambiamento. Cambiare vuol dire identificare cosa è davvero importante e cosa si desidera e poi mettere in atto ciò per raggiungere la felicità. Arrovellarsi non è cambiare, perché non si fa nulla. Fare qualcosa significa agire e non rimuginare. La soluzione si trova solo se si accetta il problema e si fa qualcosa per risolverlo.

Accettare la realtà:

Mindfulness: concentrarsi sull’esperienza immediatamente presente, capacità di stare nel presente senza fuggire nelle speculazioni sul futuro, stare nella realtà senza tenerla sotto controllo e fare per forza qualcosa per cambiarla. Fare attenzione ai propri pensieri prendendo le distanze dalla propria inquietudine.

Aspetti specifici:

  • Prendere le distanze /allontanarsi dai pensieri: un pensiero è solo un pensiero, la realtà concreta è un’altra cosa e un pensiero non è la predizione del futuro, che noi comunque non possiamo controllare;
  • Descrivere ciò che ci sta davanti, in un preciso momento: arrovellandosi si salta a conclusioni, descrivendo ciò che ci è davanti ora no, ci si pone semplicemente davanti alla realtà così come è;
  • Sospendere il giudizio: aspetti valutativi delle proprie preoccupazioni, per eliminare l’incertezza, ma questa c’è comunque. Anche qui, non giudicare ma descrivere tutto ciò che si ha di fronte;
  • Smettere di sentirsi al centro di ogni problema o situazione: dobbiamo sempre e comunque fare qualcosa per risolvere ogni situazione problematica…rinunciamo ogni tanto a metterci al centro della situazione, non sempre il problema è nostro;
  • Scomparire per vedere la realtà: se si immagina di non esistere per un momento, allora non ha senso che un qualsiasi problema possa toccarci o riguardarci. Smettere di sentirsi al centro di tutto, osservare e smettere di giudicare => siamo pronti ad accettare la realtà, quindi ad intervenire sulle preoccupazioni;
  • Accettare i limiti: così si possono “aggirare”;
  • Accettare l’incertezza: essere consapevoli di ciò che non si potrà mai sapere (incertezza è neutra rispetto all’esito) non si possono risolvere problemi che riguardano ciò che non si può sapere;
  • Allenamento all’incertezza: diventare capaci di sopportare l’incertezza perché ricercare la certezza a tutti i costi implica un evitamento alla sperimentazioni delle proprie reali emozioni, attraverso:
    1. esame di vantaggi e svantaggi derivanti dall’accettare l’incertezza;
    2. un’ “immersione” nell’incertezza: siamo in grado di far fronte ai nostri pensieri senza per forza bloccarli.

Impegno per il cambiamento:

capacità di fare ciò che non si vuole: empowerment personale => alle volte è necessario fare ciò che non si vuole.

  1. fare una scelta => potere della scelta, abbiamo controllo sulla preoccupazione;
  2. impegnarsi per un “imperfezionismo” di successo: la soluzione migliore in assoluto non esiste, ci sono però molti buoni esiti;
  3. praticare il disagio costruttivo: quando si trasforma il disagio in un obiettivo da conseguire, cioè non evitare ciò che fa stare male ma affrontare il disagio, per superare il problema bisogna prima di tutto costruirsi una nuova abitudine: sentirsi a disagio. Fare ciò che si è sempre evitato di fare a causa delle preoccupazioni. Vedere cosa in passato si è fatto di sgradito e che conseguenze ha avuto. Tenere un “diario” del disagio (percentuale di disagio effettivo e come ci si è sentiti dopo).

3. Mettere in discussione il modo di pensare dominato dall’inquietudine

Tecniche per raggiungere il "potere del pensiero realistico"

Prestare attenzione alle proprie preoccupazioni e prendere nota

Tenere un registro delle preoccupazioni, per individuare momenti a rischio, eventi concomitanti, effettive sensazioni e come ci si è comportati dopo. Ciò è importante perché tali comportamenti possono essere nocivi ed acuire i problemi già esistenti. Inoltre ci si accorge di quanto le preoccupazioni siano insistenti e ripetitive, anche noiose.

Strategie per superare le preoccupazioni:

  • identificare le distorsioni presenti nel modo di pensare: potrebbe succedere una determinata cosa spiacevole, non necessariamente sarà così;
  • stabilire quali probabilità ha di verificarsi l’evento di cui vi preoccupate;
  • pensare al risultato peggiore, al più probabile e al migliore possibile;
  • raccontatevi una storia dall’esito più felice;
  • elencate le prove del fatto che accadrà qualcosa di terribile;
  • verificare le nostre previsioni;
  • considerare le previsioni nella giusta prospettiva (non trasformarle in una serie di previsioni catastrofiche, fare riferimento a probabilità realistiche, smettere di pensare di essere su una brutta china, non cadere nei trabocchetti che tendiamo a noi stessi);
  • pensare a come affrontare un esito negativo se realmente si verificasse;
  • provare ad immaginare consigli da dare a qualcuno con le stesse preoccupazioni;
  • dimostrare a se stessi che non si tratta di un vero problema (perché non è un problema?...).

4. Concentrarsi sulla minaccia più profonda

Ci si preoccupa di alcune cose e non di altre. Dallo stile di personalità si possono ricavare le convinzioni di base che alimentano le preoccupazioni. (personalità evitante/ sensibile e dipendente/ devota).

Se si hanno convinzioni negative si cercheranno forme di adattamento attraverso l’evitamento di determinate situazioni o con la ricerca di una compensazione.

Cambiare i comportamenti e soprattutto le nostre interpretazioni e valutazione di una determinata situazione non è semplice, in quanto per anni ci hanno fatto sviluppare strategie di evitamento per non affrontare le paure. Le convinzioni di base sono così familiari che molto probabilmente non sono mai state oggetto di riflessione.

Tecniche per modificare le convinzioni di base:

  • identificare le convinzioni di base su noi stessi e gli altri;
  • che legame c’è tra convinzione e preoccupazione?
  • Esaminare vantaggi e svantaggi delle preoccupazioni;
  • Siete abituati a dare di voi stessi giudizi completamente positivi o negativi?
  • Quali prove smentiscono le vostre convinzioni?
  • Siete con gli altri così critici come con voi stessi?
  • C’è un fondo di verità nella vostra convinzione?
  • Agire contro le proprie convinzioni;
  • Sviluppare una convinzione più positiva: non c’è alcuna esigenza della perfezione.

Il cambiamento delle convinzioni ha un effetto sul senso di inquietudine, cioè favorire l’accettazione delle proprie imperfezioni e maggiore considerazione delle proprie azioni e dei buoni risultati comunque conseguiti, fermi restando i difetti e la realistica possibilità che qualcosa nella vita può andare male, ricordandosi però che abbiamo le qualità e i mezzi per farvi fronte.

5. Trasformate il fallimento in opportunità

Di fronte al fallimento è possibile adottare delle strategie di pensiero alternative e più costruttive:

  • non sono stato io a fallire, ma il mio comportamento (non etichettarsi, osservare e non giudicare);
  • posso imparare dai miei insuccessi: il fallimento ha in sé qualcosa di definitivo, ma è portatore di informazioni da cui si può trarre qualcosa di utile da imparare;
  • per me l’insuccesso è uno stimolo (insuccesso => motivazione all’effectance);
  • posso metterci più impegno (è il modo in cui si interpreta il fallimento a portare ad ulteriori insuccessi;
  • forse non è stato un fallimento;
  • posso concentrarmi su altri comportamenti che hanno possibilità di successo (comportamenti potenzialmente gratificanti);
  • posso concentrarmi su quello che sono in grado di controllare, su ciò che si può fare da soli e indipendentemente dagli altri (ciò da senso di autonomia);
  • non era indispensabile riuscirci;
  • anche se non ho raggiunto l’obiettivo alcune delle cose che ho fatto sono state positive (non esiste la perfezione);
  • tutti sbagliano qualche volta, è normale;
  • forse nessuno se ne è accorto;
  • mi sono posto l’obiettivo giusto?
  • il fallimento non è fatale;
  • i miei standard erano troppo severi? (vivere l’esperienza, non giudicarla);
  • ho fatto meglio dio prima? (curva dell’apprendimento);
  • nonostante l’insuccesso, posso continuare a fare tutto quello che facevo prima;
  • aver fallito significa averci provato, sarebbe stato peggio non aver neanche tentato (industriosità appresa);
  • sono appena agli inizi, ci vuole costanza per progredire e migliorare;
  • domani sarà un altro successo (psicologia positiva, dopo ogni fallimento c’è un successo);
  • il domani è oggi (non ruminare, è deprimente).

6. Usate le vostre emozioni invece di preoccuparvene

L’inquietudine serve a pensare più che a sentire, quindi aiuta a sfuggire le emozioni.

Bisogna passare attraverso l’esperienza per farla passare. Gli inquieti si preoccupano di cose astratte (immagini visive molto meno ricche).

È, quindi, necessario provare paura per poterla superare.

Manifestate o reprimete le emozioni?

Importanza del dare sfogo alle emozioni: prendere l’abitudine di tenere un diario

Dieci modi per gestire le emozioni

    1. usate le emozioni per conoscere i vostri bisogni (contengono informazioni);
    2. percorrete la strada del significato (laddering);
    3. accettate i vostri sentimenti;
    4. prestate attenzione alle vostre emozioni (quando le si prova intensificarle);
    5. usate le immagini per suscitare emozioni;
    6. cercate di ridurre il vostro senso di colpa e vergogna;
    7. diventate consapevoli del fatto che quasi tutti proviamo gli stessi sentimenti;
    8. accettate i sentimenti contrastanti;
    9. siate irrazionali;
    10. affrontate lo scenario peggiore (le emozioni servono per comunicare bisogni).

7. Assumete il controllo del tempo

L’inquieto ha bisogno SUBITO, altrimenti non vi sono possibilità. Il suo senso del tempo è la sensazione di essere sempre sotto pressione, “con i minuti contati”, nella convinzione di non avere abbastanza tempo per fare tutto e con l’ossessione per il futuro.

È necessario neutralizzare il senso d’urgenza, non sempre una risposta si può avere subito e imparare ad accettare che alle volte non si può avere proprio. Inoltre, non c’è veramente bisogno di avere una risposta subito

È necessario imparare a vivere nel presente,

- accettando la temporaneità, darle il giusto valore (un problema non dura per sempre), osservare che ogni emozione è passeggera, avere consapevolezza di ogni momento (mindfulness);

- migliorando il momento presente (non vivere nel futuro);

- dilatando e organizzando il tempo:

  • Preparare un piano temporale delle attività;
  • Valutare il tempo di cui si ha bisogno per ogni attività
  • Prendete nota dei risultati positivi
  • Imparate a dire no
  • Usare il tempo degli altri (non è sempre necessario il nostro contributo, delegare).

Fonte:

  • Sette mosse per liberarsi dell’ansia. 2007. Leahy R. L. Edizione italiana a cura di Giovanni Liotti e Sandra Sassaroli. Casa editrice Raffaello Cortina