Sentiamo parlare tutti i giorni di violenza di genere come se fosse un problema soltanto delle donne.
In realtà, purtroppo, la violenza può essere presente all'interno di ogni tipo di relazione.
Qualsiasi relazione in cui una delle persone coinvolte utilizza delle strategie per ottenere, mantenere ed esercitare il potere e il controllo a discapito delle altre persone, che rimangono in una condizione di inferiorità, può essere considerata una relazione violenta.
Riconoscere la violenza è difficile
La maggior parte dei maltrattamenti e degli abusi avvengono all'interno delle mura di casa, e sono commessi da membri della propria famiglia o dal proprio partner. Vivere l'esperienza di essere vittima di violenze è un'esperienza estremamente complicata, difficile da elaborare, e lascia le persone confuse e spesso inconsapevoli di stare subendo dei veri e propri abusi.
Riconoscere di essere vittime di violenza può essere ancora più difficile per le persone LGBTQIA+.
Esattamente come accade per le persone non queer, la vittima sente di sgretolarsi e di perdere sé stessa poco alla volta ed è soggetta agli stessi tipi di violenza (psicologica, fisica, sessuale, economica, etc.).
Come per le persone non queer, la violenza ha un andamento ciclico: comincia spesso in modi che molto difficilmente possono essere riconosciuti come maltrattamenti, alternandosi con momenti in cui la relazione sembra stare andando bene, e diventando poi sempre più spaventosa, sempre più umiliante.
Ma nel caso delle relazioni LGBTQIA+ esistono anche dei modi specifici in cui la violenza si può manifestare.
Forme di violenza specifiche delle relazioni LGBTQIA+
- Minaccia di outing.
Quando la vittima non è dichiaratamente queer, il partner violento può minacciare di rivelarlo a tutti contro il suo volere, in modo da ottenere maggiore potere e controllo all'interno della relazione.
Ma perché questa forma di violenza è così difficile da gestire?
Perché il coming out non è un qualcosa che si fa una sola volta e per tutte, ma le persone LGBTQIA+ devono costantemente considerare se fare coming out o meno ogni singola volta che incontrano una persona nuova e in ogni situazione diversa.
Considerato che l'essere apertamente queer può potenzialmente portare a essere vittima di pregiudizi, discriminazioni, o ulteriore violenza, non è detto che le persone LGBTQIA+ possano o vogliano rivelarsi in ogni contesto della loro vita (immaginate per esempio a lavoro, o alla partita di calcio, o in fila alle poste).
Se si considera poi l'intersezione tra questo tipo di violenza e il razzismo, si può notare come la minaccia dell'outing possa essere ancora più pericolosa per le persone che appartengono a gruppi che non riconoscono le identità queer o che le patologizzano.
Quando il partner minaccia la vittima di rendere noto a tutti il loro status di persone queer, sta facendo leva sulla paura di ricevere queste conseguenze negative. La vittima quindi può trovarsi a dover accettare questi ricatti emotivi per mantenere il proprio posto di lavoro, la propria incolumità o semplicemente la propria privacy. Nel fare ciò, perde doppiamente sé stessa: da un lato deve fingere di non essere LGBTQIA+, e dall'altro percepisce che anche con la persona che ama, in qualche modo, deve tollerare un trattamento ingiusto.
- Closeting.
Questa forma di violenza consiste nel forzare la vittima a nascondere il proprio orientamento sessuale/romantico e/o la propria identità di genere e a rimanere bloccato all’interno di uno status e di un ruolo che non le appartengono.
- Mettere in discussione l'identità di genere o l'orientamento sessuale e/o romantico del partner.
In questo caso, la persona violenta mina l'autostima della vittima non riconoscendo il suo genere o il suo orientamento sessuale/romantico in modo da renderla più facilmente controllabile. Questa forma di violenza è agita molto frequentemente contro le persone bisessuali o pansessuali (un'altra forma specifica di violenza a cui sono spesse soggette le persone bi/pan è il chiedere di scegliere tra l'essere etero e l'essere gay o lesbica).
- Violenza transfobica.
Alcuni esempi di questo tipo di violenza possono essere: ridicolizzare il corpo della vittima, rifiutarsi di utilizzare i pronomi corretti, trattarla come un oggetto sessuale, impedirle l'accesso alle terapie mediche o ormonali, o ad oggetti personali come i vestiti.
Può essere agita nei confronti delle persone transgender, non binarie, e in generale contro tutte le persone la cui identità o espressione di genere non rientra all'interno delle tradizionali categorie di genere femminile e maschile.
- Convincere la vittima che non sarà creduta e/o non sarà aiutata in quanto persona LGBTQIA+, o che gli verrà tolto l'affidamento dei figli e altri comportamenti di controllo basati sull'interiorizzazione di ideologie come l'eterosessismo, l'omofobia, la transfobia, la bifobia, etc.
Chi si trova all'interno di una relazione in cui sono presenti questi comportamenti non è detto che li riconosca come violenze. Non essere a conoscenza di queste forme di abuso è uno dei motivi per cui i maltrattamenti possono essere non riconosciuti all'interno delle relazioni queer. Ma non è l'unico.
Altri motivi per cui la violenza può non essere riconosciuta
1. L'idea che abbiamo della violenza
Quello che crediamo violenza raramente coincide con la violenza reale. Infatti, solitamente, chi mette in atto forme di violenza specifiche per le relazioni queer, probabilmente sta usando contemporaneamente altra violenza.
Tipi di violenza comune sia nelle relazioni queer che in quelle non queer:
La violenza fisica è il tipo di violenza più semplice da riconoscere, e all’interno di questa categoria rientra qualsiasi danno fisico provocato da qualcuno in maniera non accidentale. Esempi di violenza fisica sono: scuotere, strangolare, schiaffeggiare, dare pugni, morsi, calci, picchiare con un bastone, bruciare, soffocare, colpire alla testa, mutilare, torturare, uccidere, accoltellare.
Alcuni comportamenti, come dare pugni al muro o distruggere oggetti, possono non essere riconosciuti come violenza fisica, ma lo sono. Sono dei comportamenti che lasciano la vittima spaventata e impaurita per la propria incolumità fisica.La violenza assistita è una forma di violenza molto comune, in cui una persona percepisce un abuso perpetrato ai danni di qualcun altro. Molto spesso si tratta dei figli minorenni che assistono ad episodi in cui è uno dei genitori ad essere violento nei confronti dell'altro.
Tuttavia, non c'è bisogno di vedere chiaramente una scena di violenza affinché questo possa essere considerato violenza assistita. Anche sentire i rumori da un'altra stanza, percepire la tensione che si accumula e la vittima che cammina sui gusci d'uovo terrorizzata per cercare di non fare esplodere l'abusante, e percepire un abuso in qualsiasi altro modo sono tutte forme di violenza assistita.
È violenza assistita anche quando ad assistere è una persona adulta, e può lasciare dei gravi effetti psicologici e fisici.
- La violenza psicologica è sempre presente in ogni relazione violenta.
Essa comprende ogni comportamento o tattica utilizzata per spaventare, umiliare, minacciare, isolare e controllare qualcuno. Con lo scopo di controllare e avere potere sulla vittima, la persona abusante spesso si concentra sui punti deboli o più dolorosi per il partner.
Molto spesso l’isolamento e la violenza psicologica sono le prime forme di maltrattamento che si presentano all’interno delle relazioni intime, a cui poi seguono altri tipi di violenze.
Degli esempi di violenza psicologica sono: insulti, umiliazioni pubbliche e private, minacce, ricatti, svalutazioni continue, isolamento, rifiuto, deprivazione, limitazione dell’espressione di sé, reclusione, disinformazione, parlare male dei familiari o delle persone vicine al partner o minacciare di fare del male a qualcuno di loro.
Può essere accompagnata da altri tipi di violenza o presentarsi da sola. Ma anche quando è da sola, non è da sottovalutare: si tratta comunque di violenza, ed è grave. Molte vittime di violenza dichiarano che "La violenza fisica faceva meno male di quella psicologica".
Nonostante tutto, rimane il tipo di violenza più difficile da riconoscere.
- La violenza sessuale è qualsiasi tipo di comportamento sessuale non consensuale.
Include: le molestie sessuali, la costrizione ad avere rapporti sessuali con terzi o a prostituirsi, a visionare materiale pornografico o ad imitarlo, ad assistere a comportamenti di natura sessuale del partner o di terzi, ad avere rapporti sessuali non protetti. Anche le mutilazioni genitali femminili, le gravidanze forzate, gli aborti forzati e la sterilizzazione forzata sono tutte forme di violenza sessuale. La maggior parte della violenza verbale sessista che le donne subiscono è di natura sessuale, e rientra quindi all’interno della violenza sessuale.
La violenza sessuale non si limita ai soli rapporti sessuali penetrativi non consensuali, ma include anche qualsiasi tipo di esposizione o contatto sessuale, e l’uso di oggetti. Anche il tentativo di stupro è una violenza sessuale. Anche quando a mettere in atto o a tentare di mettere in atto questi comportamenti è il partner, il coniuge, o una persona conosciuta dalla vittima si tratta comunque di violenza sessuale.
Anche la violenza sessuale è tra le forme di violenza meno riconosciute, poiché si pensa ad episodi particolarmente efferati, magari compiuti da estranei, possibilmente da parte di un uomo su una donna, con penetrazione, dove è presente anche violenza fisica. La maggior parte della violenza sessuale non ha queste caratteristiche: avviene in casa, da parte di persone conosciute (di solito il partner o un membro della famiglia), e non è necessario che ci sia un contatto tra i genitali.
- La violenza economica è un tipo di violenza molto diffuso.
È impiegata per cercare di ottenere il controllo assoluto su qualcuno, impedendogli l’indipendenza e facendo quindi in modo che la vittima non abbia i mezzi economici per affrancarsi dalla situazione violenta e continui invece a dipendere economicamente dall’abusante.
Tuttavia, anche avere uno status socioeconomico alto, specialmente se più alto del proprio partner, può essere pericoloso: infatti il partner abusante potrebbe decidere di ricorrere alla violenza per riaffermare il proprio potere sentito come danneggiato e ripristinare lo status quo.
Esempi di violenza economica sono: impedire di cercare un lavoro, controllare i conti bancari e le carte, impossessarsi dello stipendio e/o spenderlo tutto per sé, impedire una qualsiasi gestione autonoma del denaro, anche per le piccole spese della vita quotidiana, il mancato assolvimento degli impegni economici, impedire di ottenere i documenti necessari per il permesso di soggiorno o per l’affidamento dei figli, o rendere la persona inabile al lavoro tramite abusi fisici mirati.
- Stalking e cyberstalking rappresentano un insieme di comportamenti persecutori che hanno lo scopo di controllare e limitare la libertà della vittima.
Molto frequentemente sono messi in atto da parte dei partner e soprattutto dagli ex-partner che non riescono ad accettare di essere stati rifiutati, spesso (ma non solo) in seguito alla fine di una relazione violenta. Lo stalker ricerca continuamente il contatto con la vittima, in modo diretto o indiretto, mandando messaggi e chiamando a tutte le ore del giorno e della notte, presentandosi di fronte la casa della vittima, o sul posto di lavoro, o presso la scuola dei figli, o a casa di amici e familiari, pedinando, seguendo, introducendosi furtivamente o distruggendo la proprietà della vittima o delle persone vicine alla vittima, uccidendo gli animali domestici della vittima, facendo recapitare messaggi da terzi, spiando, creando falsi profili online per contattare e inondare la vittima di insulti, minacce, chiamate, e-mail, postando su internet foto, filmati, informazioni della vittima senza il suo consenso.
Ho voluto elencare tutti questi tipi di violenza, e ho descritto questi comportamenti in un modo particolarmente lungo e dettagliato, perché quando si incontra la violenza nella realtà non corrisponde per nulla all'immagine molto parziale e stereotipata che di solito abbiamo del fenomeno.
Avere un'immagine poco veritiera degli abusi e dei maltrattamenti che avvengono nel mondo reale ci rende più difficile riconoscerli e proteggerci. È difficile per tutti, ma è ancora più difficile per le persone LGBTQIA+, che sembrano ancora più lontane dallo stereotipo ideale di vittima e carnefice.
2. La violenza stessa
- Il ciclo della violenza
Infatti, è difficile che la violenza sia presente sin dall'inizio della relazione. Molto spesso compare dopo: dopo una prima fase di luna di miele, in cui il partner non ancora abusante sembra il partner perfetto; dopo una fase in cui i primi campanelli di allarme sono solo campanelli di allarme, che potrebbero essere riconosciuti come tali oppure no, e che potrebbero portare effettivamente a dei comportamenti abusanti oppure no; dopo che si è creato un vero e proprio attaccamento emotivo.
La persona che comincia ad essere maltrattante, per tutto il periodo precedente nella relazione non è stata maltrattante.
La persona che comincia ad essere maltrattante è la persona di cui la vittima si è innamorata. La vittima ha investito in quella relazione, ci ha creduto, si è legata. E anche nelle relazioni in cui non è presente violenza, quando si ha investito tanto è difficile vedere che le cose non stanno andando come speravamo.
Nel caso dei maltrattamenti, poi, è ancora più difficile perché spesso la persona abusante fa in modo di farci investire ancora di più.
- Gli alti e i bassi della relazione creano una vera e propria dipendenza
Non è un modo di dire, è lo stesso meccanismo alla base della dipendenza da gioco d'azzardo: sappiamo che comprando un gratta e vinci possiamo non guadagnare niente, ma sappiamo anche che possiamo vincere qualcosa.
Un partner che è stato il partner ideale, e poi ci ha ignorato, e poi ci ha comprato i fiori, e poi è stato normale, e poi ci ha abbracciato, e poi ci ha dato uno schiaffo, e poi ha preteso che lo ascoltassimo per ore mentre si lamentava di come tutto il mondo ce l'abbia con lui, e poi ci ha proibito di vestirci come volevamo, e poi ci ha accompagnato alla visita medica preoccupato per la nostra salute è in grado di causarci una fortissima dipendenza. È un meccanismo fisiologico, come esseri umani siamo fatti così, crea dipendenza.
La persona che subisce tutto questo fa moltissima fatica a riconoscere che, anche se il partner la tratta bene quasi tutto il tempo, non significa che quando le fa del male non le stia facendo del male. È comunque abusante.
Anche per questo motivo è importante che le nostre narrazioni tengano conto della complessità del fenomeno e non continuino a dipingere i maltrattanti come degli orchi cattivi delle fiabe. I maltrattanti, nella realtà, sono delle persone che possono avere anche delle qualità positive.
Ma sono comunque persone che scelgono di agire violenza nei confronti di qualcuno.
3. L'idea che abbiamo delle relazioni "standard"
Se non vedi la tua relazione rappresentata, non la riconosci.
Culturalmente siamo abituati a pensare alle relazioni romantiche e sessuali come a dei rapporti tra due persone, un uomo e una donna, con determinate caratteristiche. Più ci si allontana da quello standard, più ci si allontana dalla percezione della normalità di quella relazione.
In più, alcuni gruppi sociali sono meno rappresentati nelle narrazioni comuni. Ad esempio, le persone trans sono meno visibili delle persone non-trans. Gli uomini trans sono meno visibili delle donne trans. Gli uomini trans asiatici sono meno visibili degli uomini trans bianchi. Eccetera.
Pensiamo poi alla violenza all'interno delle relazioni, che già di per sé è considerata come una situazione straordinaria, anormale o poco comune - e non lo è. Se già non vediamo la violenza anche nelle sue manifestazioni più "normali", quanto può essere visibile la violenza nelle relazioni tra due donne trans lesbiche?
Questi standard sono interiorizzati da tutti noi, e per questo motivo la violenza nelle relazioni LGBTQIA+ non è soltanto meno visibile per le persone che non sono LGBTQIA+, ma anche per le persone queer.
4. Il peso di dover dimostrare di essere normali
Le persone che appartengono a gruppi considerati "minoranze" sono maggiormente esposte a pregiudizi, discriminazioni e violenza da parte della "maggioranza". Esistono molti stereotipi negativi sulle persone LGBTQIA+, come l'idea che siano maggiormente infedeli, o che abbiano rapporti a rischio, o che siano malate, o che siano perverse, etc. Le persone queer sono consapevoli di questi stereotipi, e possono avere paura di essere discriminate, isolate o vittimizzate dalle altre persone. Possono sentire la pressione di dover dimostrare agli altri di essere delle brave persone, di non essere strane, promiscue, inferiori, o altro.
Possono sentire la pressione di dover dare il buon esempio in modo da proteggere anche le altre persone LGBTQIA+ da questi pregiudizi, in modo tale da costruire un futuro in cui nessuno venga trattato ingiustamente.
Essere sempre consapevoli del proprio status di "minoranza", comportarsi in maniera modello, esaminare ogni situazione per vedere eventuali pericoli ed eventualmente proteggersi è una fatica veramente estenuante.
Quando si è speso tanto tempo a mostrare al resto della popolazione che le persone LGBTQIA+ non sono cattive persone è difficile parlare pubblicamente delle violenze che possono avvenire tra persone queer, perché significa dare ulteriore materiale a chi già le discredita.
Inoltre, quando la letteratura sulla violenza di genere si è concentrata per tanto tempo sul patriarcato e sulla mascolinità tossica come la principale o l'unica causa del problema, indirettamente si è rafforzato lo standard per cui la violenza esiste solamente quando gli uomini abusano le donne all'interno delle relazioni eterosessuali, rendendo più difficile per le persone queer riconoscersi in queste dinamiche.
È importante ricordare che è anche grazie a questa letteratura se sono nati i centri antiviolenza e tante donne sono riuscite ad uscire dalle relazioni abusanti in cui si trovavano. È altrettanto importante ricordare che in moltissimi casi la violenza avviene all'interno di relazioni eterosessuali. In moltissimi casi, all'interno di queste relazioni eterosessuali, sono gli uomini ad avere dei comportamenti maltrattanti nei confronti delle donne e che sono le donne a subire. È importante ricordare che il patriarcato e la mascolinità tossica sono dei fenomeni reali, e sono delle cause reali per cui la violenza di genere esiste. Tuttavia, è importante accettare che la violenza, purtroppo, è presente anche nelle relazioni tra persone queer.
In alcuni casi, le persone queer agiscono violenze a causa dell'eterosessismo interiorizzato, della transfobia interiorizzata, o dell'interiorizzazione di altre ideologie. In altri casi i maltrattamenti possono essere dovuti ad esperienze traumatiche, all'identificazione con l'aggressore, o ad altre motivazioni. In ogni caso, la violenza nelle relazioni queer esiste.
È importante quindi riconoscere la realtà di questo fenomeno e agire di conseguenza.
Cosa fare se queste descrizioni ti sono sembrate fin troppo familiari?
Riconosci cosa ti ha colpito
Leggere di violenza può scatenare delle sensazioni forti, disturbanti. Forse una delle cose più inquietanti è rendersi conto di quanto molti comportamenti alla base della violenza siano considerati normali o addirittura positivi (una forte gelosia, per esempio). Scoprire che quello che consideravamo normale è in realtà una forma di violenza fa paura (o rabbia, o tristezza).
Ma anche se è una sensazione spiacevole, possiamo rimanere con quella sensazione e interrogarci: da cosa è nata? ci ha ricordato qualcosa? ci è sembrata una descrizione troppo vivida di qualcosa che conosciamo fin troppo bene? abbiamo paura per qualcun altro? abbiamo paura di stare facendo del male a qualcuno?
Spendere del tempo a sentire le emozioni e riflettere può farci scoprire tante cose importanti su noi stessi, e conoscerci è fondamentale per stare bene e vivere una vita piena.
Non devi agire subito
Le sensazioni forti di cui parlavamo prima possono farci pensare che ci sia la necessità di fare subito qualcosa. In realtà non è così.
- Se vuoi aiutare una persona che sospetti stia subendo dei maltrattamenti questo è particolarmente vero.
È importante cercare di conoscere e comprendere il fenomeno, e soprattutto metterti nei panni della possibile vittima, prima di agire. L'idea che tu hai dell'aiutarla non è detto che sia effettivamente il modo in cui quella persona ha bisogno di essere aiutata.
Non agire d'impulso. Questo è valido sempre, ma lo è ancora di più nei casi in cui c'è un reale pericolo per l'incolumità di un essere umano.
- Se pensi di essere vittima di violenza, hai già compiuto il primo passo ponendoti delle domande sul rapporto che hai con il tuo partner: congratulazioni! Adesso puoi espandere la tua curiosità al resto della tua vita: che persona sei quando sei da sola? e che persona sei con il tuo partner? quali sono i tuoi bisogni? cosa vorresti dalla tua vita? cosa ti fa stare bene? cosa ti fa stare male?
Quando avrai preso consapevolezza di quello che vuoi realmente, potrai fare le tue scelte liberamente. Se avrai voglia di lasciare la persona con cui hai una relazione romantica e/o sessuale, potrai farlo - ma sarà perché è quello che vuoi, non perché devi.
- Se pensi di essere una persona violenta con il tuo partner, il fatto che ti stai ponendo questa domanda è già un primo passo per aumentare la tua consapevolezza e decidere di scegliere di agire diversamente. Chiediti da dove nasce questo dubbio, ti sei rivista nella descrizione? Ti senti in colpa? Ti sembra di perdere il controllo? Credi di essere una persona orribile? Forse hai toccato un limite che senti che non avresti dovuto superare.
Focalizzati sui comportamenti, non sulle intenzioni. Se hai messo in atto i comportamenti presenti nella lista dei tipi di violenza presenti in questo articolo, li hai commessi davvero, a prescindere da quale fosse il motivo. Anche se non volevi fare del male a nessuno, anche se non ne eri consapevole, anche se ti sembra di essere stata provocata, l'hai fatto. Sei stata tu, non è stata l'altra persona.
È importante che tu ne sia consapevole e che tu ti assuma le tue responsabilità, guardandoti con onestà. Lascia perdere i giudizi morali su di te: hai agito violenza? vuoi veramente smettere? vuoi impegnarti per cambiare anche se sarà difficile e spiacevole (e lo sarà, questo è certo al 100%)?
Quando ti sarà chiaro il tuo ruolo all'interno della dinamica violenta e sentirai una reale motivazione a fare qualcosa, allora potrai cominciare a notare quando sta per succedere di nuovo e col tempo diventerà sempre più facile fermarti, non farlo, e trovare degli altri modi per incanalare le tue emozioni.
Parlane con qualcuno
Se c'è qualcuno di cui ti fidi, puoi parlargli di quello che succede all'interno della tua relazione e di quello che provi quando succede. Può essere utile chiedergli di ascoltare e basta, senza darti consigli pratici: a volte le persone vogliono aiutare ma finiscono per avere l'effetto opposto. Parlare con qualcuno aiuta a rielaborare i nostri pensieri, perché ci costringe a metterli fuori di noi sotto forma di frasi di senso compiuto. Questo, da solo, ha già un effetto molto potente: potresti sentirti molto meno confuso di prima, capire cose che non avevi mai realizzato su di te, e sentirti più sicuro di quello che provi.
Se poi la persona a cui hai raccontato quello che stai vivendo è anche una buona ascoltatrice, ti renderai conto che quello che provi non è assurdo, non sei pazzo, ma ha totalmente senso. E non sei solo.
Chiedi aiuto ad un professionista
Se tu sei in una situazione di pericolo immediato, o se qualcun altro è in una situazione di emergenza, rivolgiti subito alle forze dell'ordine.
Quando non si tratta di un'emergenza immediata, esistono tante associazioni e risorse per le persone vittime di violenza di genere e per le persone LGBTQIA+. Alcune di queste sono: il numero di telefono 1522, i centri antiviolenza, le associazioni LGBTQIA+, i centri antidiscriminazioni. Sono delle realtà che mettono a disposizione dei professionisti, nella maggior parte dei casi a titolo gratuito, e che sono aperti a tutti. Tuttavia, non è detto che tutte queste realtà siano debitamente formate per rispondere ai bisogni delle persone LGBTQIA+ all'interno di una relazione violenta o che possano prendere in carico le loro richieste.
Spesso, per legge o per statuto, i centri antiviolenza non possono far entrare persone che non siano vittime donne, e le associazioni che potrebbero accogliere persone LGBTQIA+ purtroppo potrebbero non avere i fondi necessari per occuparsene nella maniera ottimale.
Nonostante queste limitazioni è importante sapere che non sei solo/a.
Ci sono professionisti formati, dentro e fuori queste realtà, che conoscono bene le dinamiche specifiche delle relazioni LGBTQIA+ e che possono offrirti uno spazio sicuro per parlarne.
Forse non tutto sarà immediatamente accessibile, forse dovrai affrontare più difficoltà, ma non sarà tutto inutile: ci sono persone che possono ascoltarti, crederti e aiutarti davvero.
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