Il trattamento dei disturbi narcisistici di personalità secondo il processo terapeutico-gestaltico

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Il trattamento dei disturbi narcisistici di personalità secondo il processo terapeutico-gestaltico

NOTE INTRODUTTIVE


Questa esposizione sarà così articolata: si inizierà a presentare il disturbo narcisistico della personalità come viene descritto nel manuale di diagnostica DMS III e, in un secondo momento, secondo la descrizione anamnestica di un caso.
Questo ci permetterà di poter confrontare la descrizione puramente diagnostica presentata dal DSM con la descrizione fenomenologica, vista nella unicità della singola storia di vita.

Seguirà poi il decorso di un processo terapeutico, condotto secondo il principio dello sviluppo teorico della Gestalt, riguardo ai disturbi narcisistici della personalità.
Questo ci permetterà di confrontare la descrizione puramente diagnostica presentata dal DSM con la descrizione fenomenologica, vista nella unicità della singola storia di vita.

Si farà poi riferimento ai teorici della Psicologia del Sé per il grande contributo dato da questi allo studio dei disturbi narcisistici della personalità e delle prospettive terapeutiche.
Sarà interessante cercare di vedere come la terapia delle Gestalt si collochi rispetto a queste strategie terapeutiche.

I- IL DISTURBO DI PERSONALITA' SECONDO LA DESCRIZIONE DIAGNOSTICA PRESENTATA DAL MANUALE DMS III

Il disturbo narcisistico della personalità è rappresentato da una situazione clinica inquadrata nell'asse II del DMS e caratterizzata da: senso di grandiosità e unicità, ricerca della perfezione, fantasie di potere e successo, atteggiamenti di esibizionismo, nel senso di ricerca di approvazione e ammirazione da parte degli altri, sentimenti di depressione, vuoto, inferiorità, invidia e rabbia (la rabbia è caratterizzata da una qualità di “freddezza”) , mancanza di empatia e interesse verso il prossimo, rapporti idealizzati con oscillazioni svalutative.

DECORSO DEL PROCESSO TERAPEUTICO CONDOTTO SECONDO LO SVILUPPO TEORICO DELLA TERAPIA DELLA GESTALT

II- Il decorso terapeutico è stato condotto secondo le ipotesi diagnostiche sulle strutture narcisistiche del vissuto e del comportamento che fanno parte di un quadro teorico gestaltico.
Poter far riferimento a una traccia teorica è necessaria per orientare il processo e saper dove andare.

Dalla Psicoterapia della Gestalt è nel modello del processo di contatto che vengono compresi i disturbi narcisistici.
Il processo di contatto riguarda l'interazione organismo ambiente e il Sé non è più pensato come un' identità stabile, ma con delle caratteristiche che cambiano nel corso dell'interazione organismo ambiente.

L'espandersi del Sé inizia nel precontatto quando l'individuo percepisce bisogni e desideri, poi si volge all'esterno alla ricerca di possibilità per soddisfare i suoi bisogni. Il culmine è il contatto finale.
Il processo del contatto è il presupposto perchè si possa assimilare qualcosa dall'ambiente. dove l'individuo si fonde con l'oggetto, per poi staccarsi, ricostruendo nuovamente il suo confine.

Questo può essere interrotto e i danni si manifestano nelle interruzioni rappresentate sia da introiezione, proiezione, retroflessioni che dall'angoscia della perdita dell'autonomia che si ha nell'affidarsi nel contatto finale.

Nelle persone con disturbi narcisistici, secondo questo modello, esiste l'angoscia nel contatto finale, di essere inghiottiti dall'ambiente, dall'altra persona. Ciò dipende dalla carente consistenza della confluenza originale.

Quindi, l'intensa angoscia della confluenza viene evitata, mediante una più o meno intensa retroflessione con la conseguenza della perdita della capacità di iniziare un contatto. In seguito, a causa di una carenza di assimilazione di esperienza di contatto, si ha un danno alla funzione di personalità ed è per questo che il narcisista va in cerca di immagini grandiose, prese a prestito. Una domanda che spesso viene espressa in terapia è :”Chi sono io veramente?

Alle persone con disturbi narcisistici mancano quindi rapporti soddisfacenti come risultato di processi di contatti riusciti e il danno nel processo di contatto, soluzione creativa in una situazione difficile del passato, è diventato ora un' abitudine senza consapevolezza.

Secondo il modello teorico gestaltico è quindi la funzione Io che va tenuta presente e il compito essenziale in terapia è riacquistare le funzioni Io pregiudicate, diventandone consapevoli.
Ciò avviene nel rapporto con il terapeuta, campo primario di esercizio per la rianimazione del Sé del paziente

Nella terapia l'elaborazione dell'interruzione del contatto e il lavoro sul blocco dei sentimenti positivi, espresso attraverso sentimenti di colpa e di vergogna, dovrebbero portare all'esperienza di una sana confluenza.
Devono essere offerti, quindi, piccoli momenti di vera confluenza, dove sia possibile fare l'esperienza del “Noi” , finché il “Noi” diventi sempre più possibile. meno ansiogeno.

II- PRESENTAZIONE DI ALCUNE TAPPE DI UN PERCORSO TERAPEUTICO SECONDO IL MODELLO DIAGNOSTICO DELLA TERAPIA DELLA GESTALT

La paziente di anni 40 viene in terapia presentando disturbi narcisistici della personalità.
Le prime fasi della terapia sono caratterizzate dall'accogliere pienamente i vissuti di incomprensione, di umiliazione e di vergogna insieme ai sensi di colpa e di svalutazione che la paziente vive e patisce.

Mentre si coglie il dolore per l'incapacità da parte dei genitori, di rispondere ai suoi bisogni primari, la paziente si sente capita nelle sue miserie e nei suoi dubbi.
In questa relazione di protezione la paziente, poco per volta, si riprende dalle sue ferite.

A volte sembra godere di questa relazione, mentre, la volta seguente, afferma l'impossibilità di poter piacere per come si è manifestata. Così la paziente continua ad oscillare tra il sentirsi “nessuno” e il sentirsi “super” e, quindi, a svalorizzare se stessa e la terapia.

Viene aiutata a sentire che può reggere questa situazione, anche se questa può essere pesante.

Riguardo al sintomo, la paziente porta in maniera costante la preoccupazione che i suoi sintomi, che lei definisce “stordimenti” “perdita di forze” “perdita di coscienza”, le impediscano una normale vita di relazione.

Il trattamento dei disturbi narcisistici di personalità secondo il processo terapeutico-gestalticoSi lavora per lungo tempo e in maniera continuativa, aiutandola a vedere in quali situazioni si manifestino e che cosa causi il passare da sentimenti di potenza a sentimenti di debolezza.
Dal materiale, portato in terapia, risulta chiaro il rapporto tra il sintomo e agli introietti relativi al dover essere sempre “al centro”, “all'altezza di un immagine”, “farcela da sola”, “essere disponibile”, “nascondere i propri bisogni” per ottenere l'approvazione e l'ammirazione.

L'elaborazione di questi introietti permette alla paziente di esprimere il sentimento penoso di non reggere più a questi “dover essere” sempre all'altezza di ogni situazione e fa uscire la rabbia per i vissuti di compiacenza all'ambiente e quindi di fatica e di dolore.

In più occasioni inizia a farsi strada la sensazione che tutti i suoi contatti siano permeati dal sentimento che è più sicuro provvedere a se stessi in tutto, anziché affidarsi e che non si può essere mai mediocri.
Il sintomo, in realtà, parla della sua debolezza e della sua fatica di dover essere sempre al centro e di dover sempre mantenere un'immagine.

Nella maggior parte dei casi tali momenti di consapevolezza vengono poi tralasciati o addirittura sconfessati, in quanto quello che, in fondo, la paziente chiederebbe alla terapia è un aiuto a mantenere un Sé grandioso e a liberarsi del Sé debole.

Nella relazione terapeutica tuttavia continua a manifestare sentimenti di incertezza, facendo così l'esperienza che la relazione tiene anche quando lei si dimostra debole e bisognosa.

Nello stesso tempo anche questa fase è seguita da frustrazione, in quanto la paziente considera la relazione terapeutica come una situazione “unica” e non ripetibile all'esterno, in quanto gli altri non la capirebbero e la giudicherebbero, dovendo così mantenere “l'immagine”.

I rapporti con gli altri continuano a essere condotti con troppa consapevolezza, il che impedisce il comportamento spontaneo, la fusione e l'affidarsi.
Tuttavia, con il tempo, si può osservare come la paziente inizi, anche fuori della terapia, a farsi qualche piccola esperienza di lasciarsi andare e farsi conoscere per com'è, accorgendosi che l'altro non la giudica, ma la sente più vicina.

Altre volte riesce, ad adattarsi agli altri e a manifestare i suoi bisogni, sentendosi bene, invece di retroflettere, sentendosi poi svuotata.
Nell'accogliere e sostenere questa delicata fase è importante continuare a vivere la relazione per arrivare all'assimilazione di un comportamento spontaneo e di un contatto non retroflesso e difensivo, ma più diretto, in modo tale che questo diventi sempre più costante e possa essere portato all'esterno.

Si pensa sia fondamentale in questo lavoro soggetto a svalutazioni e frustrazioni, la fiducia che la rotta giusta sia la relazione che tiene e che può essere di per se stessa “sufficiente” al cambiamento, pensando che la relazione è”qualcosa” a cui potersi appoggiare e vivere la spontaneità del terapeuta.

CONTRIBUTI RELATIVI AD UN MODELLO TERAPEUTICO DI TRATTAMENTO DEI DISTURBI NARCISISTICI DELLA PERSONALITA'

Riguardo ai disturbi della personalità non si può non far riferimento a Kohut che nel suo libro “Analisi del Sé” riassume le sue ricerche e contributi sul trattamento dei disturbi narcisistici della personalità.
In base alla teoria per cui l'evoluzione normale del Sé grandioso, tappa necessaria per poi poterla superare, è stata inibita per mancanza di conferme e rispecchiamento della madre.

La strategia terapeutica descritta da Kohut propone di presentare un atteggiamento che consenta il rispecchiamento e lo stabilirsi di un transfert speculare nel quale il terapeuta rappresenta l'oggetto Sé empatico che riflette e conferma. In questo modo si inizia una graduale evoluzione verso una maggiore sicurezza, un aumento della stima di sé e un miglioramento dei sintomi.

Kohut sottolinea l'importanza in questa personalità del bisogno di essere ammirato e rispecchiato.

Ii compito del terapeuta non è quello di interpretare questi bisogni come difese frustrandoli, ma quello di accettarli e corrispondere empaticamente ad essi per permettere al Sé di svilupparsi.

Lo scopo della terapia è quindi quello di permettere al paziente di ripercorrere le tappe evolutive dal momento di arresto a un Sé grandioso, arcaico, causato da un atteggiamento poco empatico dei genitori.

Anche difronte alle periodiche regressioni, durante la terapia , nel cosi detto “Se grandioso” contrassegnato da sentimenti di onnipotenza, perfezione, prestigio, Kohut propone di rispondere con un transfert speculare.
Egli propone una visione e un modello di tecnica terapeutica completamente nuova del narcisismo.

Rispetto a questa impostazione il contributo dato da Kerneberg è invece rigorosamente restaurativo.

I punti che più lo differenziano più nettamente da Kohut sono: la natura patologica del Sé grandioso, l'indissolubilità dello sviluppo del narcisismo da quello dell'oggettività e dello sviluppo libidico da quello aggressivo.
Quindi anche Kerneberg riconosce l'emergenza del Sé” grandioso”, ma, a differenza di Kohut, lo considera una struttura difensiva patologica e cerca, al di sotto della grandiosità difensiva, gli impulsi soprattutto aggressivi e invidiosi.

Egli sostiene, a differenza di Kohut, che le difese vanno interpretate.

CONCLUSIONI

Facendo riferimento al singolo metodo di trattamento di strutture narcisistiche della personalità all'interno della psicologia analitica, si vuole vedere come si collochi il lavoro terapeutico gestaltico.

Ci sembra che alcuni capisaldi delle tecniche del metodo di trattamento gestaltico con i disturbi narcisistici come l'empatia, l'accettazione, la necessità di cogliere il dolore, il poter stare con la squalifica, la verbalizzazione lungo tutto il corso della terapia si sovrappongano al “ rispecchiamento kohutiano”.

Facendo riferimento al decorso terapeutico presentato nella parte iniziale di questo lavoro, si può affermare che è stata l'esperienza del ricevere e dell'essere vista empaticamente ad aver portato qualche cambiamento nella paziente che, attraverso l'interiorizzazione di una buona figura interna, è riuscita ad avvicinarsi gradualmente ai genitori e ad iniziare ad acquistare una certa stabilità e autostima.

La paziente aveva bisogno di uno specchio che le restituisse un 'immagine interna solida di se stessa, invece dell'abituale immagine mal definita e malferma che aveva di sé.

La strategia terapeutica invocata da Kohut di fronte a un Sé grandioso consiste nel permettere l'elaborazione di fantasie di grandezza, senza vergogna e senza paura, cosa che invece era successo nell'infanzia.
A questo proposito in base all'esperienza terapeutica condotta, ci sembra di poter dire che lo spazio a fantasie di grandezza deve essere visto sopratutto come collegamento ai bisogni autentici sottostanti e ai sentimenti attuali.

Sono questi che vanno sottolineati perché è come se, attraverso questi, la persona poggiasse i piedi per terra e cominciasse a percepire una maggior parte di se e a costruire un inizio di autostima, basata sulla verità dei suoi sentimenti.

La Miller dice “Dove prima c'era solo il temuto senso di vuoto e le temute fantasie grandiose, si dischiude un'inaspettata ricchezza vitale...E' la riscoperta di una patria.”

La pratica svolta porta a confermare l'esistenza, dietro le fantasie, di sentimenti genuini di piacere e gratitudine, di una parte autentica che risulta essere, per contrasto, “ molto piccola e intima”.
Se è vero, come ritengono i terapeuti della Gestal interessati alla genesi dei disturbi narcisistici, che la terapia con personalità con questi disturbi termina quando emerge la parte piccola, questo conforta il lavoro che si è portato avanti.

Entrando ora nel merito del modello terapeutico prospettato da Kerneberg, dove si dice che le difese, come l'aggressività e l'invidia, vanno interpretate, facendo riferimento al caso clinico presentato, si ricorda che , proprio nel momento in cui si erano avute delle connessioni interpretative, c'erano state le maggiori resistenze.

Nei Quaderni di Gestalt n. 8/9 in “Diagnosi di strutture narcisistiche di vissuto e di comportamento” si legge “Ciò che nel lavoro terapeutico con il narcisista nella psicoanalisi classica viene interpretato come resistenza contro la terapia o come non suscettibile di terapia, è forse anche una reazione alle condizioni implicite del procedimento analitico e cioè: alla costruzione sistematica di una situazione di transfert".

Ciò provoca troppa angoscia alla persona narcisistica disturbata, a causa della confluenza implicita, dalla quale può difendersi soltanto mediante un rifiuto o una violenta aggressione. Nella terapia della Gestalt accettiamo questa collera come necessaria delimitazione e non come una resistenza che disturba la terapia.
Rispettiamo il tracciato di confine e ci avviciniamo lentamente a poter accettare il “Noi”, mediante la concordata affermazione :”Sì, su questo siamo di opinioni diversa”

Quindi, a ben vedere, anche per la terapia della Gestalt, le difese o, secondo la terminologia gestaltica, le interruzioni o disfunzione di contatto, si elaborano, ma facendole “sentire” nell'esperienza terapeutica fino a poterle assimilare, vivendo il momento del contatto finale.

Le disfunzioni, quindi, si elaborano, dando la relazione come campo di esperienza.

Da ultimo ci sembra però giusto non dimenticare la gratitudine della paziente espressa anche nei confronti dei contenuti e degli strumenti conoscitivi avuti in terapia, non riconosciuti al momento, ma poi, grazie al processo di maturazione, nel tempo “giusto,” interiorizzati e fatti propri.

Bibliografia

  • Quaderni di Gestalt, n.8/9 pp 25-44, 1989 Kout H., Narcisismo e analisi del Sé, Torino, Boringhieri
  • Kerneberg O.F., Sindromi marginali e narcisismo patologico, Boringhieri,1978
  • Klein M., Analisi infantile in Scritti 1989-1958 Torino, Boringhieri 1971
  • Mahaler M., La nascita psicologica del bambino, Torino, Boringhieri,1978
  • Miller A., Il dramma del bambino dotato, Torino, Boringhieri, 1982
  • Muller E., Il narcisismo nella terapia della Gestalt in Quaderni di Gestalt, n.8-9, pp. 7-8, 1989