È tutta colpa di mamma e papà?

Pubblicato il   / Genitori e figli
È tutta colpa di mamma e papà?

Per molti anni la teoria psicologica ha attribuito la responsabilità dell'esito educativo di un figlio esclusivamente ai genitori, dimenticandosi della presenza di un contesto sociale più ampio che, pur andando al di là delle mura domestiche, comunque esercita un'influenza notevole.

Certamente, è innegabile che la famiglia nucleare costituisce il primo contesto con cui un bambino entra in contatto, e che nella stragrande maggioranza dei casi esso rimane il contesto privilegiato e quasi esclusivo per i primi tre anni di vita di un bambino, età in cui solitamente avviene l'inserimento alla scuola dell'infanzia.

Nonostante ciò, come trascurare o non prendere in considerazione la fatidica frase che quasi ogni genitore si trova a pronunciare dopo soli pochi mesi di frequentazione della scuola materna: “Ma dove hai imparato a comportarti/rispondere così (male)?”.

Nel tentare di rispondere a questo frequente quesito, sicuramente non è possibile trascurare l'influenza che esercita sul bambino il fatto stesso di sentirsi improvvisamente privato della costante presenza di figure familiari (la madre o il padre, ma anche i nonni o gli zii) durata per ben tre lunghi anni, ovvero dal momento della nascita sino al momento dell'ingresso nel mondo della scuola. Tuttavia, questo senso di perdita e privazione che sicuramente esperisce il bambino, e che certamente non è trascurabile, può essere almeno in parte arginato grazie ad un adeguato inserimento, e ad una costante attenzione, da parte dei genitori, ai bisogni ed agli eventuali segnali di disagio mostrati dal figlio che, specialmente nei primi tempi, possono accompagnare questo importante processo di cambiamento.

Nonostante questo, tuttavia, non è possibile ridurre la responsabilità di ogni comportamento o scelta di un figlio, sia esso valutato giusto o sbagliato, e sia che venga agito in età infantile, adolescenziale o adulta, ai soli genitori.

È tutta colpa di mamma e papà?
Questa idea genererà probabilmente un respiro di sollievo in tutti quei genitori, che nel bene e nel male, tra difficoltà ed errori, avranno avuto problemi nella gestione dei propri figli, ed allo stesso tempo genererà probabilmente una diminuzione di sense of perfection di quegli altri genitori che, avendo avuto figli eccellenti, li hanno sempre esibiti come trofei di un perfetto esempio di se stessi e delle proprie pratiche. Come si è già espresso, è naturalmente innegabile il ruolo fondamentale dei genitori, ma, come a partire da qualche decennio ci insegna infatti la teoria ecologica dei sistemi, attribuire l'esito dell'evoluzione di un figlio esclusivamente all'operato dei genitori, sarebbe una spiegazione riduzionistica.

È anche il contesto esterno, infatti, in cui il bambino prima ed il ragazzo poi, si trova a vivere e trascorrere le giornate, ad esercitare un'influenza notevole. Saranno infatti proprio i nuovi contesti, dalla scuola al tempo libero, che via via, col passare degli anni, vedranno coinvolto il proprio figlio, che andranno a sostituire il contesto di crescita ed apprendimento iniziale, ovvero la famiglia d'origine.

Molto spesso l'ambiente in cui si decide di inserire un figlio, a partire dalla scuola dell'infanzia in poi, avviene in modo per lo più casuale, adottando come criteri di scelta la vicinanza a casa, la comodità, la corrispondenza di orario in base agli altri impegni familiari, e così via. È allora proprio su questo, forse, che si potrebbe iniziare ad incentrare una nuova attenzione dei genitori: su un'attenta selezione dei contesti a cui esporre i propri figli, in quanto saranno proprio questi i luoghi da cui i bambini prima, e i ragazzi poi, attingeranno le loro amicizie, che li accompagneranno nella crescita, e li guideranno a sviluppare alcuni sogni piuttosto che altri, e dunque li aiuteranno a scegliere quale via percorrere, tra le più svariate, future strade della vita.

Per riuscire a fare ciò, i due genitori dovranno riuscire a garantire al figlio uno spazio familiare sereno, capace di orientare le proprie energie, altrimenti spese nel conflitto, su un ruolo attivo nelle scelte dei vari contesti.

Ciò che può apparire un'impresa semplice, in realtà può avere i suoi lati oscuri. Una complicazione in cui potrebbero facilmente incorrere i genitori nell'esercitare questo, è la perdita del punto di vista del figlio stesso, col conseguente rischio di giungere ad imporgli scelte e desideri proprie degli stessi genitori.

Non sta qua, ovviamente, la vera “soluzione” verso un'educazione efficace. La capacità di tener in considerazione i desideri e le inclinazioni naturali dei figli costituisce infatti uno dei punti cardine per una buona genitorialità. Proprio questa sottile linea di confine potrebbe quindi costituire un ostacolo ed una difficoltà. Ma il segreto di tutto sta nel riuscire a stabilire fin dall'infanzia un rapporto di fiducia reciproca, educazione ai valori, ascolto, e rispetto reciproco.

Saranno queste le condizioni che guideranno il ragazzo verso la capacità di effettuare autonomamente scelte, che dovranno essere attente, obiettive e consapevoli. Su queste, naturalmente, i genitori non dovranno smettere di vegliare, ed eventualmente, saranno chiamati ad intervenire, fiduciosi del fatto che, grazie alla buona abitudine coltivata nel corso degli anni, un loro punto di vista sarà comunque, almeno, preso in considerazione.