Gli effetti della meditazione sull’ansia, sulla depressione e sullo stress

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Gli effetti della meditazione sull’ansia, sulla depressione e sullo stress

Vari studi hanno trovato che la pratica della meditazione riduce significativamente la percezione di stress e ansia nei meditatori. (Delmonte, 1984; Fling, Thomas, & Gallaher, 1981; Janowiak & Hackman, 1994; Shapiro, Schwartz, & Bonner, 1998).

Significativi, in proposito, sono gli studi che hanno misurato l’efficacia della meditazione nel ridurre l’ansia indotta dal cancro.

Dopo aver ricevuto una diagnosi di cancro è molto comune il verificarsi di crisi emotive.

Dubbi e paura del futuro, cambiamenti nei ruoli sociali e sintomi fisici o perdite funzionali risultanti dalla malattia o dalla sua cura sono fra i fattori che maggiormente incidono sul verificarsi della crisi.
Come conseguenza, sempre più persone alle quali è stato diagnosticato il cancro sono alla ricerca di terapie di supporto e complementari in aggiunta alle loro cure mediche, per far fronte alla malattia e migliorare la salute.

Il crescente interesse nell’uso di queste terapie riflette il desiderio per un approccio più “olistico” alla cura del cancro.

Sono stati sviluppati una varietà di interventi psicosociali che effettivamente migliorano la qualità della vita nei malati di cancro.

E’ sempre più diffuso l’utilizzo della meditazione nel ridurre l’ansia indotta dal cancro.

La pratica della meditazione è stata associata con benefici fisici, come la diminuzione del battito cardiaco, della respirazione, della pressione sanguigna, degli ormoni dello stress, e con il miglioramento della funzione immunitaria.

Sono stati riscontrati anche effetti psicologici, compreso un più basso livello di ansia e stress, e meno abuso di sostanze.

La pratica della meditazione può aiutare i pazienti a cui è stato diagnosticato il cancro permettendo loro di affrontare e valutare i problemi con grande equilibrio emozionale, e mostrando loro una strada per assumere un ruolo attivo per perseguire obiettivi di salute personale. (Carlson L. E. e coll., 2001).

Anche in uno studio pubblicato su Psychosomatic Medicine (Speca M, Carlson L. E.,Goodey E., Angen M, 2000) è stato ipotizzato che un programma relativamente breve di riduzione dello stress basato sulla meditazione mindfulness in gruppo, può migliorare l’umore e ridurre lo stress provato dai pazienti di cancro in cura.

In questo studio l’età dei soggetti oscillava fra 27 e 75 anni (eta’ media 51 anni). Furono inclusi pazienti con tipi e di stadi di cancro differenti.
L’umore e i sintomi dello stress furono misurati con l’uso del Profile of Mood States e del Symptoms of Stress Inventory.

Gli effetti della meditazione sull’ansia, sulla depressione e sullo stress

Il Profile of Mood States è molto usato per studiare gli effetti psicologici del cancro, è composto da 65 items designati per valutare le fluttuazioni dello stato affettivo.
Il Symptoms of Stress Inventory fu utilizzato per misurare le risposte fisiche, psicologiche, e di credenza rispetto alle situazioni stressanti.

Ai partecipanti alla ricerca è stato chiesto di valutare la frequenza con cui provano vari sintomi relativi allo stress su una scala di 5 punti, compresa fra “mai” a “frequente”, durante un periodo di tempo scelto dai ricercatori.
Gli strumenti creati appositamente per questi studi includono un foglio per registrare la durata della meditazione giornaliera di ogni partecipante e un foglio di registrazioni dei dati demografici.
Dopo che tutti i pazienti registrati furono intervistati e valutati, essi furono assegnati a caso sia al gruppo di immediato intervento (condizione di trattamento) che a un gruppo di controllo in lista di attesa (condizione di controllo).
Il gruppo di trattamento iniziò il programma entro due settimane, mentre il gruppo di controllo aspettava.

Tutti i pazienti furono rivalutati dopo che il gruppo di trattamento completò il programma sette settimane più tardi. Tutte le analisi tra il gruppo furono basate tra il paragone di questi due gruppi.
In seguito ai pazienti del gruppo di controllo fu data l’opportunità di completare il programma.

I risultati forniscono una prova che un breve programma di riduzione dello stress basato sulla meditazione mindfulness può effettivamente ridurre l’agitazione, la stanchezza e un largo spettro di sintomi derivati dallo stress nei pazienti malati di cancro.

Quelli che hanno partecipato alla sessione e quelli che hanno meditato di più hanno avuto migliori risultati di quelli che non l’hanno fatto.

Uno studio, condotto in Canada, dal Tom Backer Cancer Centre di Alberta, ( Targ E.F., Levine E.G., 2002) su un campione composto da un centinaio di pazienti oncologici, i quali dovevano praticare un’ora e mezzo di meditazione una volta alla settimana, più esercizi a casa per sette settimane, ha dimostrato una netta riduzione di ansia, depressione, rabbia e confusione mentale in questi soggetti rispetto ad un gruppo di controllo.

Queste persone inoltre hanno anche mostrato una minore labilità emotiva e minori sintomi cardiopolmonari e gastrointestinali (Carosella A., Bottaccioli F., 2003).

Richard Davidson e i suoi colleghi hanno fatto una ricerca (Davidson et.all, 2003) per analizzare gli effetti della pratica meditativa mindfulness sulla gente comune, per vedere in particolare se tali tecniche potessero contribuire a controbilanciare gli effetti psicofisici dello stress sul posto di lavoro, i soggetti della ricerca erano impiegati della Midwestern Corporation.

Hanno invitato gli impiegati della società ad iscriversi ad un corso di meditazione di dieci settimane, e dopo aver effettuato alcuni esami preliminari (analisi del sangue ed EEG) hanno diviso in modo casuale i partecipanti all’esperimento in due gruppi: il primo avrebbe ricevuto immediatamente il training, mentre il secondo, quale gruppo di controllo, sarebbe stato istruito nella pratica della meditazione solo dopo che gli effetti fossero stati valutati nel primo gruppo.

Dopo aver continuato ad esaminare i soggetti della ricerca per diversi mesi successivi al completamento del loro addestramento, Davidson e la sua equipe hanno scoperto che nel giro di tre o quattro mesi l’EEG cominciava a mostrare un graduale e significativo incremento dell’attività elettrica del lobo prefrontale sinistro, ovvero la regione del cervello associata alle emozioni positive.

Inoltre i risultati evidenziarono anche bassi livelli di cortisolo, ormone prodotto naturalmente dalle ghiandole surrenali in risposta allo stress.

Nel corso di quello stesso periodo i soggetti stessi hanno riferito di sperimentare un attenuarsi dello stress, una condizione di maggiore calma e un più generale senso del benessere.

In questo studio è stato anche dimostrato che, quelli che avevano ricevuto un addestramento meditativo, manifestavano un livello significativamente più elevato di anticorpi per l’influenza rispetto a coloro che non avevano ricevuto tale training, mostravano quindi anche un miglioramento del sistema immunitario oltre che un cambiamento misurabile nell’attività del lobo frontale sinistro.

In uno studio classico 154 centralinisti di New York si sono offerti volontari per uno studio sullo stress; alcuni hanno imparato un tipo di meditazione, altri una tecnica di rilassamento progressivo e altri sono stati assegnati al gruppo di controllo.

Dopo cinque mesi e mezzo sia il gruppo che aveva utilizzato tecniche di meditazione che quello che aveva utilizzato il rilassamento progressivo mostravano miglioramenti nell’autovalutazione dei sintomi dello stress, ma solo il gruppo di meditazione mostrava miglioramenti significativamente maggiori rispetto al gruppo di controllo.(Carrington et all. 1980)

Il gruppo di ricerca di Madison, diretto da Richard Davidson, ha effettuato uno studio su un Lama tibetano, chiamato Oser per difendere la sua privacy, utilizzando tre stati meditativi presi dal buddhismo tibetano, i quali implicavano strategie mentali diverse, tali da poter rilevare distinte configurazioni dell’attività cerebrale.

I tre stati meditativi erano: una seduta di visualizzazione, una di concentrazione su un unico punto, e una nella quale produrre compassione.

Il Lama che si sarebbe sottoposto all’esperimento propose di studiare l’attività del suo cervello anche durante la meditazione sulla devozione, la meditazione sulla mancanza di paura e sullo stato aperto (uno stato di veglia, privo di pensieri, in cui la mente è aperta, vasta e consapevole, libera da attività mentali intenzionali, priva di distrazioni).

La meditazione sul coraggio consiste nel richiamare alla mente una certezza priva di paura, una profonda fiducia nel fatto che non possono intervenire elementi destabilizzanti; una decisione e una fermezza priva di esitazioni, all’interno delle quali non si prova avversione per nulla.

Con questo tipo di meditazione si entra in uno stato in cui si pensa di non avere nulla da perdere e nulla da guadagnare. La visualizzazione, invece, consisteva nel costruire nell’occhio della mente un’immagine dettagliata, fin nei più piccoli particolari, di una divinità del buddhismo tibetano.

L’elemento più rilevante ottenuto con l’elettroencefalogramma era un aumento esponenziale della circonvoluzione medio frontale sinistra, conosciuta come gamma, un’area del cervello che le precedenti ricerche di Davidson avevano individuato come sede delle emozioni positive, quali felicità, entusiasmo, gioia, energia e consapevolezza.

Davidson aveva inoltre scoperto che livelli elevati di attività in una zona parellela sul lato opposto del cervello, la zona prefrontale destra, sono collegati al manifestarsi di emozioni negative.

Gli individui che presentano un più alto livello di attività nell’area prefrontale destra, e un livello più basso nella sinistra, sono più soggetti a sensazioni come la tristezza, l’ansia o la pena.

Lo spostamento a livello cerebrale registrato in Oser durante lo stato di compassione era notevole, sembrava riflettere un umore estremamente positivo. (Goleman D, Dalai Lama, 2003)