Poter vedere il mondo in un granello di sabbia e il paradiso in un fiore di campo, tenere l'infinito nel palmo della mano e l'eternità in un'ora.
William Blake
TEMPO
La nostra vita così come l'arte cinematografica è qualcosa di intimamente collegata con il tempo, con il nostro essere nel tempo e la nostra percezione del tempo.
Possiamo nel cinema manipolare il tempo, cambiare la realtà delle cose, controllarle.
Questo non è qualcosa che possiamo fare facilmente nella realtà quotidiana, ma è qualcosa che possiamo fare concretamente e sempre nel nostro mondo interiore, possiamo diventare i registi della nostra mente, scrivere e riscrivere le nostre storie, prenderne il controllo, dargli un significato profondo.
Il tempo soggettivo è qualcosa che possiamo imparare a gestire e ad utilizzare per il nostro star bene.
Sappiamo tutti che la nostra percezione del tempo cambia anche in base al nostro stato emotivo, delle volte il tempo sembra volare, altre invece non passa mai.
La ricerca scientifica continua ad approfondire questo tema, studiando come cambiano i circuiti cerebrali in relazione alle varie situazioni della vita.
In particolare, alcune recenti ricerche scientifiche hanno mostrato come le emozioni possono accelerare o rallentare la nostra percezione del tempo, come riporta il Guardian: Uno studio condotto nell'università francese di Blaise Pascal, Clermont Ferrand, ha valutato le variazioni del senso del tempo in relazione a particolari film. Gli psicologi hanno mostrato estratti di film horror ai volontari (The Blair Witch Project, Scream, Shining), poi film tristi (Philadelphia e Dangerous Minds) e infine filmati "neutri" (previsioni del tempo o aggiornamenti di borsa). Hanno quindi chiesto loro di valutare la durata percepita. " La paura è l'emozione che più distorce la percezione del tempo, e in questi casi i filmati erano percepiti come molto più lunghi di quanto fossero in realtà", ha detto la ricercatrice Sylvie Droit-Volet.
Come noto, la paura comporta anche pupille dilatate, una frequenza cardiaca più alta, un aumento della pressione arteriosa e una certa contrazione muscolare: il nostro corpo mette in atto un meccanismo di difesa di fronte a una situazione minacciosa, anche se irreale, e il corpo si prepara ad agire attaccando o fuggendo. Gli stessi riflessi si notano anche in bambini di appena tre anni. "Del tutto inaspettatamente invece, si è visto che la tristezza non influenza la nostra percezione del tempo”, continua Droit Volet.
EMOZIONI
Il concetto di tempo è intimamente collegato con la nostra dimensione interiore, nel quale risiedono anche le nostre emozioni.
I termini “emozione”, “emotivo”, “emotività” compaiono spesso nei nostri discorsi.
Ciascuno di noi avverte le emozioni come qualcosa che ha un ruolo importante nella propria vita.
Le emozioni spesso determinano il modo di vedere la realtà, di vivere molte delle nostre esperienze.
Proviamo adesso a riflettere più a fondo, sappiamo veramente a cosa facciamo riferimento quando nominiamo le emozioni?
In genere quando parliamo di emozioni ci riferiamo a delle sensazioni più o meno forti, degli stati soggettivi che possono avere una durata più o meno prolungata nel tempo, variare per intensità e per tipo.
Esistono diverse teorie psicologiche sulla natura, l'origine e la funzione delle emozioni.
Le principali sono:
Teorie neurofisiologiche: le quali si interessano ai meccanismi di funzionamento dei circuiti neuronali che attivano e che presiedono ai fenomeni emozionali.
Teorie differenziali e evoluzionistiche: si ricollegano più direttamente agli studi di Darwin. Tomkins (1962); Izard (1972); Plutchik (1980); Ekamnn (1962) sono alcuni degli autori che si possono annoverare tra i principali rappresentanti di questo orientamento teorico, i quali sostengono che vi siano emozioni “primarie” aventi caratteristiche specifiche a livello espressivo, di reazione fisiologica e di situazioni di stimolo. Queste emozioni sarebbero innate, si sarebbero evolute per rispondere alle richieste dell’ambiente e avrebbero perciò consentito un adattamento ad esso adeguato. Le loro ricerche si sono focalizzate in particolar modo sullo studio delle espressioni facciali delle emozioni.
Teorie componenziali: si tratta questo di un approccio cognitivo.
Schachter e Singer (1962); Frijda; Mandler (1984); Ortony e Turner (1990) sono tra i principali studiosi che hanno fatto ricerche seguendo questo approccio. Questi autori considerano le emozioni come il risultato della somma di due componenti: l’attivazione fisiologica e i processi cognitivi di elaborazione delle informazioni.
Nello specifico si occupano di studiare i processi di elaborazione dell’informazione riguardanti gli stimoli ambientali e di individuare e descrivere il modo in cui questi processi conducano a una valutazione tale da produrre l' attivazione fisiologica che va ad essere chiamata emozione.
Le loro ricerche riguardano anche le modificazioni che l' esperienza e l'apprendimento possono apportare a tali sistemi di valutazione.
Teorie costruzionistiche: le quali attribuiscono alle emozioni un carattere di processo attivo. Le emozioni vengono considerate una costruzione socio-culturale e non innate. Gli autori che fanno riferimento a questo approccio teorico focalizzano le loro ricerche non solo sulla qualità dell’esperienza emotiva, ma anche sul livello di consapevolezza, e quindi sulla capacità di valutazione dell’esperienza emotiva stessa.
In ultima analisi, possiamo concludere che le emozioni sono un fenomeno che comprende molti fattori: fisiologici, cognitivi, comportamentali ed esperienziali.
Ogni teoria si focalizza su uno specifico aspetto delle emozioni.
Tutte le teorie concordano sul fatto che le emozioni sono un aspetto naturale della vita umana e che dobbiamo imparare a gestirle nel modo migliore per aumentare la qualità della nostra vita.
Il primo passo nel lavoro con le emozioni è riconoscerle nel momento in cui affiorano.
Tutti noi possiamo imparare ad entrare sempre più in contatto con la nostra vita emotiva.
Tuttavia dobbiamo essere consapevoli del fatto che prima di poter entrare in un luogo di pace dobbiamo necessariamente entrare in contatto con le nostre emozioni, in particolare con la nostra sofferenza, dobbiamo provare ad abbracciarla ed a sostenerla.
La nostra sofferenza non scompare quando ne diventiamo consapevoli, ma cambia il nostro modo di rapportarci ad essa, cambia ciò pensiamo, ciò che proviamo e ciò che facciamo di fronte a questa sofferenza.
Iniziamo a non aggiungere più sofferenza alla sofferenza.
Senza una consapevolezza della natura più intima di noi stessi continuiamo ad agire in base ai nostri vecchi schemi mentali e a ricreare sempre le stesse sofferenze.
Possiamo imparare a non giudicare le nostre emozioni, ma ad accettare ciò che è in noi.
Possiamo anche gradualmente imparare ad essere presenti alla nostra vita interiore senza giudicarla.
Fintanto che non riusciamo ad entrare in contatto con le nostre emozioni, esse continueranno ad avere il controllo della nostra vita.
CONCLUSIONI
La responsabilità di iniziare un processo di trasformazione interiore, di crescita personale è nelle mani di ognuno di noi, possiamo iniziare questo processi raccontando la nostra storia, possiamo a poco a poco integrare tutte le parti di noi stessi e vivere la vita più profondamente.