Roma - Prenestina, Casilina, Quadraro, Pigneto
Salve Stefano, definire un disturbo patologico il credo personale o condiviso di una religione come ad esempio quella cattolica o buddista ecc sarebbe un atto di estrema presunzione da parte della psicoterapia, che non ha certo la religione come scopo, ma l'unità e l'equilibrio della persona, nel pieno rispetto del suo pensiero e del suo modo di leggere e interpretare il senso di questa esperienza chiamata vita.
Ugualmente una posizione profondamente atea non corrisponde affatto a nessuna "certezza di verità assoluta" "o obbligo di verità" ma semplicemente a una conclusione diametralmente opposta al credo religioso e/o personale, che sposta l'attenzione unicamente su un piano materico escludendo aprioristicamente il trascendente.
l'esperienza umana mistica va sempre rispettata a priori perché il sentire è una "verità intima" non sempre condivisibile" che nessuno realmente può permettersi di giudicare falsa semplicemente perchè non esperita da chiunque.
L'ateismo possiamo invece concepirlo tutti ma non per questo significa che sia reale.
Le faccio un esempio: il colore rosso o verde non è mai esistito ma è ciò che l'occhio umano vede, traduzione di una realtà sempre diversa dal reale.
Cordiali saluti
Dott.ssa Helen Fioretti