Domande su Psicologia e dintorni Domande e Risposte di consulenza psicologica in generale
freno inibitorio: cosa significa?
Salve buonasera volevo sapere cosa significa non avere freni inibitori
3 risposte - LeggiPaura dei botti e dei palloncini
Ho un problema che porto con me da sempre: la paura dei botti/rumori forti.
Ho paura dei palloncini, dello spumante che viene stappato ma la mia fobia più grande sono i botti, i fuochi d'artificio, i botti che sparano prima dei fuochi e i botti di capodanno. Da piccola venivo derisa per questa mia fobia e tutt'ora chi ricorda il mio passato, durante le feste di paese, continua a prendermi in giro. Negli anni ho imparato a nascondere questa paura, evitando con qualunque scusa di andare alle feste di paese o mettendo del cotone nelle orecchie(anche se serve a poco),adesso che sono fidanzata e lui sa di questa fobia, cerca di starmi accanto, ma a lui piacciono le feste di paese e vorrebbe andarci sempre, io non lo posso obbligare a stare a casa, quindi lui quando iniziano i fuochi d'artificio mi abbraccia perché altro non può fare, senza parlare che i suoi parenti hanno "scoperto" di questa fobia e li vedo ridere sotto i baffi. Non so cosa fare, so che non passerà mai. Va meglio rispetto a quando ero bambina perché ho cercato di reagire ma in realtà ho ancora questa fobia.
Informazioni su Test Minnesota Online
Buonasera, vorrei sapere se è possibile fare effettuare il test minnesota online con uno psicologo per poi avere il risultato (premetto, prossima ad arruolarmi e vorrei sapere in anticipo se sono idonea o in caso contrario dove poter migliorarmi) Ringrazio.
1 risposte - LeggiAttaccamento morboso alle cose
Buongiorno mi chiamo Rosa e ho 35 anni , sono una moglie e mamma felice di un bimbo di 4 anni. Nella vita faccio la segretaria presso uno studio notarile, questo lavoro non mi gratifica moltissimo, soprattutto economicamente ma anche perché avrei voluto esercitare la professione per la quale ho studiato,ovvero l'assistente sociale . Sono nata e cresciuta in una famiglia di sani principi, sono la media di tre figli,i miei genitori mi dicono sempre che da piccola ero gelosissima dei mieo giocattoli e che sono stata la più complicata da crescere, i miei fratelli erano studiosissimi ed oggi sono 2 medici e nonostante anche io mi fossi laureata in tempo e con il massimo dei voti, loro erano pur sempre due medici ed ogni consiglio passava prima da loro.Tutto sommato mi sento fortunata e soddisfatta della mia vita, ma purtroppo la cosa che non mi rende pienamente felice e serena è il fatto di essere attaccata in modo morboso alle mie cose, questa condizione mi fa stare male perché devo avere il pieno controllo della casa , dei mobili, della mia auto e quando qualcosa mi scappa fuori dal controllo sto malissimo.Pensare di invitare qualcuno mi crea ansia per la paura che non abbiamo la stessa cura che ho io delle mie cose.La stessa cosa vale per la mia auto ( errore averla comprata nuova di concessionaria) ogni graffio è un dolore e capisco che non è normale essere attaccata così ad un pezzo di lamiera e starci pure male .Farei di tutto per modificare questa parte del mio carattere ma mi rendo conto che è più forte di me e per questo chiedo un vostro consulto.Grazie anticipatamente, per la vostra attenzione.
3 risposte - LeggiToccarsi tra fratelli
Il mio ragazzo ha 32 anni, il fratello ne ha 34 ed entrambi, a modo loro per scherzare,toccano il seno e le parti intime della sorella che ne ha 20 e Lei,in risposta fa lo stesso e non fa alcuna piega quando loro lo fanno, anzi, tira su la maglia e si mostra senza reggiseno. È normale questo atteggiamento? Che problemi Hanno? Io ho un fratello ma mai abbiamo fatto cose simili, anzi, nemmeno ci si spoglia nudi uno davanti all' altro.
2 risposte - LeggiRapporto ambiguo tra madre e figlio
Salve, ho 21 anni e da circa tre anni vivo a casa del mio fidanzato di 25 anni che vive con sua madre (60 anni). Sua madre è un tipo molto strano, una donna eccentrica e piuttosto ignorante ma non mi dilungo sui dettagli della persona, il rapporto con il figlio l'ho sempre trovato molto ambiguo, quasi come se non fosse un rapporto madre-figlio ma piuttosto un rapporto tra coinquilini o amici, ognuno mangia per conto suo, ognuno si fa la spesa per conto suo e in generale, non c'è nessun senso familiare ma ciò che trovo ancora più strano è il fatto che sua madre, porti il suo compagno quasi quotidianamente in casa e anche nel pieno pomeriggio, con noi nella stanza adiacente, va in camera da letto, con la porta semichiusa, lasciando uno spiraglio aperto che lascia intravedere tutto e inizi accese attività sessuali, con gemiti forti, rumori, urla ed esclamazioni esagerate urlando nei dettagli tutto quello che fa e intende fare, consapevolissima che il figlio senta ogni cosa. Nonostante, lui gli abbia detto che non gli piace sentire tali cose la risposta della madre è stata che non gli importa. La cosa continua quasi quotidianamente e si è arrivato al punto che i vicini hanno chiamato la polizia per i rumori forti. Sono preoccupata, il mio fidanzato ne è quasi indifferente e la cosa mi disturba ancora maggiormente. Sua madre ha sempre avuto un approccio piuttosto inquietante verso di lui, con carezze sulle gambe, complimenti sull'estetica e cose del genere. Trovo questa situazione assurda e ribadisco che lui è una persona molto insicura e ho sempre avuto il timore che soffra di disturbi ossessivi compulsivi e penso che sia soprattutto a causa della madre, di questo rapporto ambiguo. Inizio a preoccuparmi sempre maggiormente e a chiedermi perché sua madre vuole così insistentemente far sentire al figlio (e a me) tutta la sua vita sessuale, sono disgustata e inquietata e spesso penso di andare via per via di questa situazione. Cosa fare?
1 risposte - LeggiDisturbo ossessivo per una coppia famosa
Gentili Dottori,
sono una donna di quasi 42 anni, felicemente sposata, con una solida famiglia alle spalle, laureata e con un buon lavoro.
Da alcuni anni ho maturato un fanatismo verso una coppia famosa, che ammiro sia artisticamente che umanamente: seguo con passione il loro lavoro, mi diverto a vedere le loro storie sui social e ad ascoltare le loro interviste. Addirittura stavo pensando di pianificare una gravidanza in concomitanza con loro.
Il problema è sorto quando la coppia in questione ha deciso di separarsi: cerco ossessivamente notizie su di loro, non mi capacito della loro decisione, seguo sui social tutti i loro conoscenti, penso costantemente a loro, sogno che tornino insieme, scrivo in privato a tutti quelli che li hanno incontrati per avere info, sono di malumore e spesso faccio fatica a dormire.
Mio marito è a conoscenza della questione, perchè spesso ho avuto il bisogno fisiologico di sfogarmi con lui, ma non sò se ha compreso a fondo la situazione.
Vi scrivo per chiedervi se posso considerarla una cosa normale, se mi passerà, e come eventualmente devo comportarmi per risolvere il problema.
Vi ringrazio anticipatamente per i consigli e per il lavoro che svolgete, un caro saluto
La mia testa mi sta facendo impazzire
Buonasera, ultimamente, non so per quale motivo, la mia testa é tornata a riproponi un errore accaduto 2 anni fa circa, e tutti i giorni dal mattino alla sera la mia testa é fossilizza su questa cosa, il che è diventato debilitante, stancante ed ha notevolmente abbassato il mio desiderio di socializzazione e mi ha reso, probabilmente, più scontroso in ambito lavorativo. Non riesco a capire per quale motivo abbia riesumato una cosa ormai passata e soprattutto perché mi stia opprimendo in questo periodo. Nel ringraziarVi porgo cordiali saluti. A
5 risposte - LeggiIl mio psicoterapeuta si è ammalato
Il mio psicoterapeuta, che mi ha seguito online per 4 anni di è ammalato, me l'ha detto qualche giorno fa, io avevo capito durante le ultime sedute che qualcosa non andava, ma so come funziona ie non ho chiesto, lui mi ha detto che non sa quando e se poté riprendere la sua attività e mi ha lasciata così, io piango da quel giorno, intanto per il dispiacere umano per questa persona e la sua famiglia e anche per me, che sono una bordeline e ho grandissima difficoltà a fidarmi delle persone, con questo terapeuta avevo fatto passi avanti incredibili e adesso non ce la faccio a ricominciare di nuovo tutto, sto pensando seriamente di uccidermi.
Perché mi abbandonano tutti, cosa ho fatto di male?
Triste e sola, senza interessi. Cosa fare?
Buongiorno, sono una donna di quasi 39 anni senza lavoro che vive con la madre vedova. A gennaio 2025 mi sono licenziata dal giornale con cui collaboravo perché non potevo più continuare a sostenere la relazione con il mio caporedattore. Lui mi faceva notare che non prendevo nessuna iniziativa cioè non mi davo da fare a cercare le notizie. In effetti era così, riuscivo a scrivere articoli solo se mi suggeriva lui il tema ma io di mio non ero interessata a nulla e per questo non riuscivo a costruire contatti. Il sogno del giornalismo è così svanito e ora mi ritrovo con una laurea in giurisprudenza e non so cosa fare. Non ho nessuna passione, ho solo due amici che vedo e sento poco. La mia vita è stare in casa tra letto e divano. Vorrei un ragazzo ma non ho occasioni per conoscere gente, vorrei costruire relazioni ma non ho nessun interesse e non so mai cosa dire. Inoltre ho il terrore di rimanere sola quando morirà mia madre: mi chiedo come farò emotivamente a sopravvivere dato che lei riempie la mia vita. Sono sola e apatica, senza un progetto di vita. Ciò che mi interessa è solamente la mia salute, verso la quale pur stando bene nutro una preoccupazione ossessiva. Appena mi viene qualcosa mi immagino di avere chissà quale malattia. In più, avendo una lunga storia passata di acne, ancora adesso passo le giornate davanti allo specchio in attesa che un brufolo sparisca. Come uscirne?
3 risposte - Leggiconfusione mentale ed emotiva
Salve,
sono un ragazzo di 24 anni e negli ultimi 6 mesi ho avuto una relazione con una ragazza di circa la mia stessa età, che oggi è la mia ex. Lei ha vissuto in passato relazioni tossiche, con eventi anche gravi, che l’hanno profondamente segnata.
La nostra relazione non è iniziata nel migliore dei modi, anche se non sono mancati momenti felici. Litigavamo spesso per motivi futili, legati a silenzi, incomprensioni, permalosità e immaturità. Riconosco che molte di queste problematiche partivano da me. Nonostante ciò, lei tornava sempre, cercando di aggiustare le cose.
A marzo, dopo esserci ufficialmente fidanzati a novembre, una discussione particolarmente intensa ci ha portati alla rottura. Tuttavia, abbiamo poi trasformato questa rottura in una pausa per capire se ci fossero ancora dei sentimenti da entrambe le parti e se io fossi davvero in grado di lavorare su quei comportamenti tossici.
La pausa è durata poco (due giorni), perché le promisi che sarei cambiato. Da quel momento, ho intrapreso un percorso di crescita personale, ho davvero modificato molti aspetti del mio carattere, migliorando me stesso non solo nella relazione, ma anche nella vita in generale.
E infatti, da quel momento, la nostra relazione ha fatto un enorme salto di qualità. i conflitti si erano fatti più rari, motivati e affrontati in modo più maturo e consapevole.
Ed è qui che inizia la parte per cui sto scrivendo.
Qualche giorno fa, precisamente sabato, mi ha scritto chiedendomi di parlarle perché doveva dirmi una cosa importante, chiedendomi di non prenderla male.
Mi ha detto che si sentiva confusa, insoddisfatta della sua vita per vari motivi, tra cui l’università e alcuni obiettivi personali che non riesce a raggiungere, e tutto questo la faceva stare male.
Ha aggiunto che questo disagio interiore si rifletteva anche nella nostra relazione.
Mi ha detto che, pur amandomi tantissimo e sentendosi amata come mai prima, non capiva cosa le stesse succedendo. Diceva:
“Mi fai sentire trattata da Dio, sei perfetto, bellissimo… ma non so cosa mi stia succedendo, mi sento confusa e non capisco cosa provo. Ho paura che questa confusione mi porti a fare cose che non voglio e a farti soffrire.”
Per questo ha preferito chiudere la relazione, specificando che voleva prendersi del tempo per capirsi, ma che non voleva che io l’aspettassi, perché non sa se e quando questa confusione si chiarirà e se i suoi sentimenti resteranno gli stessi.
Con grande dolore ho accettato questa scelta, comprendendo che probabilmente fosse la cosa migliore per lei. Ci siamo salutati con tanto amore e dispiacere.
Dopo qualche ora, però, mi ha scritto di nuovo, usando un nomignolo affettuoso (l’abbreviazione del mio nome) e non più “amore”. Mi ha chiesto come stessi. All’inizio ho mentito, dicendo che stavo bene per non farla sentire peggio, ma poi le ho detto la verità: che stavo male e che non volevo perderla. Lei ha risposto dicendo che stava malissimo, che piangeva da tutto il giorno e che non avrebbe voluto fare quella scelta.
Mi ha detto che le mancavo, che si sentiva uno schifo per avermi ferito, ma che sentiva il bisogno di capirsi e prendersi del tempo. Mi ha detto che forse inizierà un percorso di terapia.
Parlando, ha espresso la paura di non essere in grado di stare in una relazione, pur dicendo che senza di me starebbe comunque male.
Ha detto che mi ama, ma non sa cosa ha, che si sente "uno schifo" per esserci trovati nel suo peggior momento. Mi ha detto che per lei sono perfetto, ma che sente la mente "malata", fuori controllo, e che detesta stare con me mentre prova certi pensieri.
A un certo punto ha riconosciuto, dopo una mia osservazione, che forse è la stabilità stessa a spaventarla, perché non l’ha mai vissuta davvero. Infatti i primi dubbi sono arrivati proprio nel momento in cui la nostra relazione era diventata più solida e serena.
Dopo un po’ mi dice che le piacerebbe continuare a parlare normalmente, ma io decido di non accettare perché penso non avrebbe fatto bene ad entrambi e quindi decidiamo di vederci per salutarci.
Il lunedì successivo ci siamo visti per salutarci di persona.
Mi ha accolto con un abbraccio molto emotivo. Abbiamo parlato e mi ha detto che non riesce a capire cosa sente, che tutto nella sua testa è offuscato.
Dice che quando le parlavo di futuro, lei non riusciva a provare lo stesso entusiasmo, che non si immaginava con me. Diceva che, se prima vedeva un futuro insieme, adesso non vede più nulla. Alla mia domanda “e come ti vedi nel tuo futuro?”, ha risposto “sola”.
E alla mia successiva domanda “e come ti fa sentire questa immagine?” ha risposto “male, triste”.
Mi ha chiesto se è normale, stando in una relazione, sentire il bisogno a volte di voler stare sola. Questo pensiero le veniva in particolare quando passavamo troppo tempo a casa sua. Ho detto che forse era condizionata dalla madre, che una volta si era lamentata perché stavo troppo da loro.
A quel punto ho cercato di farle delle domande per aiutarla a capirsi.
Le ho chiesto come si sentisse in quel momento. Mi ha risposto: “molto triste e confusa”.
Le ho chiesto se ne avesse parlato con qualche amico o con sua sorella. Ha detto di sì, e che le hanno consigliato di fare ciò che pensa sia meglio.
Le ho anche chiesto se sentiva il bisogno di un cambiamento, o se volesse vedere altre persone, oppure se si sentisse bloccata da me. Ma mi ha detto:
“Io ti amo, so che non mi faresti mai sentire in gabbia, ma non posso stare con te. Non mi immagino con nessun altro, ma più che voler stare sola… mi sento confusa. E poi devo andare un mese in una nazione, sei mesi per studiare in un’altra, poi un altro mese con la mia famiglia altrove… e allora penso: tu dove sei in tutto questo?”
Visto che aveva detto che quando stavamo troppo tempo insieme a casa sua le veniva da pensare di volere stare sola e magari distrarsi con il pc, le ho chiesto: “quando sei fuori con gli amici, e sei felice, ti capita di pensarmi e di desiderare che io sia lì con te?”.
Mi ha risposto: “sì, ti pensavo e ti volevo con me”.
Le ho anche chiesto: “se non ci fossimo mai conosciuti, e ci incontrassimo oggi, pensi che ti innamoreresti di nuovo di me?”
Dopo un attimo di riflessione ha detto: “sì, sento di sì”.
Infine, le ho chiesto: “se riuscissi a capire davvero cosa ti blocca o ti manca, pensi che potresti tornare con me?”
Ha risposto: “sì, se riesco a capire e risolvere”.
Durante tutto il tempo continuava ad abbracciarmi, mi accarezzava la testa, mi teneva la mano. Anche quando la toccavo io, non si ritraeva, anzi: lasciava che le accarezzassi le mani, le cosce, il viso, i capelli — anche se ha la dermatite e di solito non vuole che la tocchi per non peggiorare il prurito. Stavolta ha detto: “adesso non mi dà fastidio”.
Le ho detto che per me la distanza non è un problema: avrei preso dei voli ogni mese per stare insieme una settimana o due.
Le ho anche detto che è normale, a volte, avere bisogno di stare soli. Anche a me succede, che io a volte preferisco stare solo e che è perfettamente normale non voler stare insieme 24 ore su 24.
Ho provato a spiegarle che secondo me quei pensieri che la tormentano sono probabilmente residui del suo passato, delle relazioni tossiche vissute, e che ora li proietta su un presente che invece è sano perché nella realtà non mi ha fatto sentire poco amato o non apprezzato, anzi, era presente, mi chiamava, mi scriveva spesso, quando eravamo fuori insieme, anche per tante ore non sentiva l’urgenza di non voler stare con me ed io mi sentivo amato come non mai.
L’ho riaccompagnata a casa. Ci siamo salutati, mi dà un bacio intenso, ed entrata in casa piangendo.
Dopo, abbiamo provato a sentirci, ma i messaggi erano strani, freddi, e ci facevano stare peggio.
Così ieri, martedì, abbiamo deciso di prenderci una pausa dal sentirci per almeno un mese. Le ho detto che per lei ci sarò sempre, e che mi farebbe piacere sapere se inizierà un percorso terapeutico. Lei ha detto che me lo farà sapere, che anche per lei fa male scrivermi, e che le fa piacere sapere che ci sono, che mi sente vicino.
Prima di salutarla, le ho scritto forse sbagliando un “ti amo”. Lei ha risposto allo stesso modo, ma poi ha cancellato il messaggio, dicendo che le era venuto di scriverlo, ma che si sentiva incoerente perché quello che sente non lo capisce e la fa dubitare.
Per avere chiarezza, le ho chiesto se per lei si trattasse di una pausa per capirsi o di una chiusura definitiva. Lei ha risposto:
“Mi vorrei capire, ma non viverla in questo modo. Non voglio che mi aspetti, perché non capisco quello che sento”.
Io voglio rispettare i suoi tempi e il suo bisogno di spazio.
Ma dentro di me sto molto male.
Faccio fatica a capire se devo lasciarla andare per davvero o se questa è solo una fase di smarrimento, perché quando tutto andava male continuava a voler riparare, e quando siamo tornati dalla prima pausa dove poi tutto andava bene è dove ha avuto i primi dubbi.
o se è soltanto una naturale fase di una relazione che lei ha frainteso e vive male.
Non so se dovrei accettare che è finita. Ho paura che non affrontando un percorso terapeutico lei possa allontanarsi sempre di più da sé stessa e da noi.
Non so se ha senso continuare a sperare in un ritorno, oppure se sarebbe più sano per me lavorare su un distacco più netto.
E ho anche paura che, con il tempo e la distanza, lei possa pensare di non provare più nulla per me, o addirittura trovare qualcun altro.
Vorrei sapere se quanto sta vivendo potrebbe essere collegato a traumi passati non risolti, e se è possibile che con il tempo e magari con un aiuto terapeutico lei possa riconnettersi con ciò che prova.
E soprattutto: ha senso sperare e rimanere aperto, oppure è più giusto cominciare a lasciarla andare?
Vorrei sapere pure se è giusta la scelta di non parlarsi per un mese o più o era più corretto continuare a parlarsi per cercare di non perdersi completamente.
storia da DOC (e forse altro)
Buongiorno,
volevo avere una vostra opinione su quella che è la mia storia, che sa tanto di disturbo ossessivo compulsivo ma probabilmente anche di altro.
Da circa la metà del 2005 soffro di sintomi di natura fisica che andrò poi a descrivere.
Non c'è dubbio che vi fossero problematiche già evidenti prima dell'esplosione dei sintomi di natura fisica avvenuta intorno ad aprile maggio del 2005.
Direi che in primo luogo c'erano grossi problemi di socializzazione e capacità di stare insieme agli altri fin da piccolo, essendo figlio unico: credo che il non essere andato all'asilo e l'essere cresciuto sempre da solo abbia in parte influito.
Giocavo sempre da solo e se c'era da stare con altri bambini ero a disagio.
L'ambiente familiare, tra genitori nonni e zie, era sicuramente di grande calore e cordialità e qui credo si sia verificato il primo evento traumatico: l'inizio delle scuole elementari, complice la presenza di una maestra non particolarmente flessibile, mi fa passare da un mondo bellissimo a un mondo bruttissimo, tutto di un colpo.
Non ho bei ricordi degli anni delle elementari e delle medie, dove studiavo molto ma non per un reale interesse, ma solo per tenere buona la maestra e poi i professori.
Le esperienze all'oratorio di quegli anni sono pessime, per il solito discorso che sto molto meglio da solo.
Ulteriore evento traumatico dell'epoca, vivendo dalla nascita in un cortile, è sicuramente quando nel 1988 muore mia nonna e mio zio stabilisce in parole povere che non vuole più la condivisione del cortile e che dobbiamo dunque cambiare casa: il trauma verrà fuori più avanti negli anni, essendo all'epoca io solo un bambino, e mi farà capire che il tanto piacevole ambiente familiare era forse più una finzione e una recita.
Mi iscrivo alla squadra di calcio del paese ma scappo dopo un mese, perchè l'allenatore urla come la maestra.
Cambiamo casa alla fine del 1992, nel 1995 finiscono le scuole medie e io sono tra virgolette libero di non andare più all'oratorio, essendo le scuole superiori non più nel mio paese e considerando che le mie esperienze in quell'oratorio erano state pessime.
Gli anni delle superiori vanno leggermente meglio sul piano dei rapporti con gli altri anche se poi, quando magari in una gita capita di trovarsi tutti insieme, emergono le solite difficoltà di relazione.
Per un buon periodo durante gli anni delle superiori emerge uno strano particolare: scrivo in maniera lentissima perchè la scrittura deve risultare perfetta, come squadrata.
Iniziano ad emergere tendenze esasperate a ricontrollare le cose e a tenerle in ordine.
Nel 1999 muore in un incidente in bicicletta un mio compagno delle medie, che curiosamente era scappato anche lui dall'oratorio, e la cosa lascerà degli strascichi, come era già successo con la morte di Senna: si può morire anche da giovani.
Inizia l'università e la decisione del percorso da seguire è presa in modo del tutto casuale: opto per scienze bancarie, poichè anche mio papà lavora in banca, ma la realtà è che avrei tranquillamente potuto scegliere ingegneria o geologia o altro, un percorso valeva l'altro.
Sullo sfondo ci sono sempre pochissime uscite, esperienze disastrose in mezzo agli altri e rapporti di qualunque natura totalmente inesistenti con l'altro sesso.
Da una parte mi trovo in mezzo a ragazzi che nelle loro uscite tornano alle quattro o alle cinque del mattino, dall'altra capisco che a casa mia, pur consapevoli del fatto che fatico a socializzare, è meglio starsene a casa.
Arriviamo all'evento decisivo: il 14 gennaio 2002 registro un esame all'università, ho quindi la data impressa, la sera mentre navigo su internet, e ricordo perfettamente che non stavo visitando siti pornografici (all'epoca non sapevo nemmeno cosa fosse la masturbazione), prendo un virus sul computer di natura pornografica.
In sostanza sul mio PC si aggiungono alcune scritte che rimandano ad un sito pornografico e che io non riesco in alcun modo a cancellare.
Facendo una ricerca su internet, il virus è stato preso anche da altri utenti.
Non so perchè, mi spavento e mi preoccupo.
Chiamo il ragazzo che all'epoca mi aiutava con il computer, viene a casa mia una decina di giorni dopo l'accaduto e risolve il problema, lo risolve sul computer ma non nella mia mente.
L'evento, solo apparentemente, finisce nel dimenticatoio: mi iscrivo ad un corso di piscina e mi piace andarci, faccio qualche piccola uscita in più (nulla di che, ad esempio credo di non avere mai fatto nulla nella mia vita l'ultimo dell'anno) e gli anni 2002, 2003 e 2004 trascorrono.
Nel 2005 a ottobre mi laureo ma l'episodio del virus mi ritorna improvvisamente in mente e iniziano i sintomi di natura fisica: dolori devastanti alla testa, blocco, mancata percezione della realtà a livello di spazio e di tempo, perdita progressiva dei capelli, incapacità di concentrarsi, difficoltà a fare qualunque cosa.
Fatico a dare l'ultimo esame all'università e a preparare la tesi, tanto è vero che durante la discussione non mi rendo nemmeno conto di quello che sto dicendo.
I sintomi emersi ad aprile maggio del 2005 non sono più scomparsi, l'immagine del virus preso sul PC non è mai più uscita dalla mia mente, così come il numero 14, giorno dell'evento.
Inizio a lavorare nel febbraio del 2006 ma per lavorare devo arrangiarmi ed arrampicarmi sugli specchi.
Il mondo mi è ormai caduto addosso e conscio di questa situazione, prendo tra le altre cose una decisione che si rivelerà sciagurata: faccio il laser per risolvere la miopia agli occhi ma l'operazione, probabilmente perchè fatta su una persona già allora in grande sofferenza, finirà per crearmi solo ulteriori problemi, rendendomi gli occhi perennemente infiammati.
La situazione di salute annulla di fatto i rapporti sociali, che peraltro erano già come detto inesistenti.
Il mal di testa incessante, la sensazione di perdere il controllo da un momento all'altro e ora anche gli occhi infiammati rendono la vita un inferno, inoltre mi pesa particolarmente la perdita dei capelli.
Fatico in maniera tremenda a lavorare in maniera dignitosa.
Inizio ad effettuare alcuni percorsi di natura psicologica, faccio anche l’EMDR e mi vengono somministrati dei farmaci, in particolare la fluvoxamina, ma le cose restano immodificabili e nulla cambia.
In questi anni, conscio ormai del mio stato di salute, consapevole di non avere avuto esperienze di alcun tipo con l'altro sesso (peraltro, dubito che ne avrei comunque avute, anche da sano, in una società come la nostra) commetto un gravissimo errore: vado per una decina di volte con delle prostitute di strada ma in realtà non ci saranno rapporti di alcun tipo, non ci sarà nulla, non avendo poi più alcun tipo di erezione anche a causa dei farmaci, si riveleranno solo delle esperienze molto squallide, delle quali sono amaramente pentito ed il pensiero dell’errore commesso mi disturba tuttora.
La vita va avanti, faccio qualche vacanza senza ovviamente poterla apprezzare, si è creato una sorta di circolo vizioso da cui non si riesce più ad uscire, sono finito in una sorta di buco nero.
L'episodio del PC rimane costantemente ed inesorabilmente sullo sfondo della mia mente, non va più via.
La situazione resta immodificabile e cronica: dolori devastanti alla testa, capelli sempre più diradati, occhi rimasti come sono rimasti e conseguente impossibilità di fare qualunque cosa, persino leggere un libro o guardare la televisione.
Gli anni, i mesi, i giorni, praticamente tutti uguali, passano con una velocità disarmante e con essi iniziano a morire le persone: muore mia mamma nel 2015 e muore mio zio Gigi nel 2023, muoiono anche quasi tutti i fratelli sorelle di mio papà ma questo è più un dettaglio, considerando che i rapporti erano inesistenti.
Sul lavoro vado avanti con difficoltà mostruose.
La situazione dunque non si sblocca più in alcun modo e direi che ora il vero ricordo traumatico da rimuovere è rappresentato da 20 anni trascorsi in condizioni semplicemente folli, al limite dell'impossibile.
Nel frattempo va avanti senza particolari sussulti la convivenza con mio papà, che a differenza di mia mamma, un po' più aperta, mi ha sempre dato l'impressione di essere una persona molto rigida, schematica e come me poco propensa ai rapporti sociali.
Dal mio racconto credo emergano in maniera evidente dei tratti del mio carattere come rigidità estrema e tendenza esasperata a rimuginare sugli eventi passati, rendendoli più grandi di quello che sono in realtà.
Direi che non c'è molto altro da aggiungere: come detto i farmaci non hanno fatto mai nulla e sto pensando alla possibilità di riutilizzare eventuali tecniche come EMDR oppure la TMS perchè il punto è che è necessario in qualche modo smuovere, mitigare, alleggerire i ricordi del passato.
L'importante è essere ancora qui per potere fare qualcosa, perchè il rischio di farsi fuori era ed è concreto, in considerazione di una situazione che, ripeto, non si è assolutamente più smossa per anni.
Ci tenevo ad avere una vostra opinione in merito e vi ringrazio infinitamente per il servizio.
Disturbo ossessivo per una coppia famosa
Gentili Dottori,
sono una donna di quasi 42 anni, felicemente sposata, con una solida famiglia alle spalle, laureata e con un buon lavoro.
Da alcuni anni ho maturato un fanatismo verso una coppia famosa, che ammiro sia artisticamente che umanamente: seguo con passione il loro lavoro, mi diverto a vedere le loro storie sui social e ad ascoltare le loro interviste. Addirittura stavo pensando di pianificare una gravidanza in concomitanza con loro.
Il problema è sorto quando la coppia in questione ha deciso di separarsi: cerco ossessivamente notizie su di loro, non mi capacito della loro decisione, seguo sui social tutti i loro conoscenti, penso costantemente a loro, sogno che tornino insieme, scrivo in privato a tutti quelli che li hanno incontrati per avere info, sono di malumore e spesso faccio fatica a dormire.
Mio marito è a conoscenza della questione, perchè spesso ho avuto il bisogno fisiologico di sfogarmi con lui, ma non sò se ha compreso a fondo la situazione.
Vi scrivo per chiedervi se posso considerarla una cosa normale, se mi passerà, e come eventualmente devo comportarmi per risolvere il problema.
Vi ringrazio anticipatamente per i consigli e per il lavoro che svolgete, un caro saluto
La mia testa mi sta facendo impazzire
Buonasera, ultimamente, non so per quale motivo, la mia testa é tornata a riproponi un errore accaduto 2 anni fa circa, e tutti i giorni dal mattino alla sera la mia testa é fossilizza su questa cosa, il che è diventato debilitante, stancante ed ha notevolmente abbassato il mio desiderio di socializzazione e mi ha reso, probabilmente, più scontroso in ambito lavorativo. Non riesco a capire per quale motivo abbia riesumato una cosa ormai passata e soprattutto perché mi stia opprimendo in questo periodo. Nel ringraziarVi porgo cordiali saluti. A
5 risposte - LeggiIl mio psicoterapeuta si è ammalato
Il mio psicoterapeuta, che mi ha seguito online per 4 anni di è ammalato, me l'ha detto qualche giorno fa, io avevo capito durante le ultime sedute che qualcosa non andava, ma so come funziona ie non ho chiesto, lui mi ha detto che non sa quando e se poté riprendere la sua attività e mi ha lasciata così, io piango da quel giorno, intanto per il dispiacere umano per questa persona e la sua famiglia e anche per me, che sono una bordeline e ho grandissima difficoltà a fidarmi delle persone, con questo terapeuta avevo fatto passi avanti incredibili e adesso non ce la faccio a ricominciare di nuovo tutto, sto pensando seriamente di uccidermi.
Perché mi abbandonano tutti, cosa ho fatto di male?
Triste e sola, senza interessi. Cosa fare?
Buongiorno, sono una donna di quasi 39 anni senza lavoro che vive con la madre vedova. A gennaio 2025 mi sono licenziata dal giornale con cui collaboravo perché non potevo più continuare a sostenere la relazione con il mio caporedattore. Lui mi faceva notare che non prendevo nessuna iniziativa cioè non mi davo da fare a cercare le notizie. In effetti era così, riuscivo a scrivere articoli solo se mi suggeriva lui il tema ma io di mio non ero interessata a nulla e per questo non riuscivo a costruire contatti. Il sogno del giornalismo è così svanito e ora mi ritrovo con una laurea in giurisprudenza e non so cosa fare. Non ho nessuna passione, ho solo due amici che vedo e sento poco. La mia vita è stare in casa tra letto e divano. Vorrei un ragazzo ma non ho occasioni per conoscere gente, vorrei costruire relazioni ma non ho nessun interesse e non so mai cosa dire. Inoltre ho il terrore di rimanere sola quando morirà mia madre: mi chiedo come farò emotivamente a sopravvivere dato che lei riempie la mia vita. Sono sola e apatica, senza un progetto di vita. Ciò che mi interessa è solamente la mia salute, verso la quale pur stando bene nutro una preoccupazione ossessiva. Appena mi viene qualcosa mi immagino di avere chissà quale malattia. In più, avendo una lunga storia passata di acne, ancora adesso passo le giornate davanti allo specchio in attesa che un brufolo sparisca. Come uscirne?
3 risposte - Leggiconfusione mentale ed emotiva
Salve,
sono un ragazzo di 24 anni e negli ultimi 6 mesi ho avuto una relazione con una ragazza di circa la mia stessa età, che oggi è la mia ex. Lei ha vissuto in passato relazioni tossiche, con eventi anche gravi, che l’hanno profondamente segnata.
La nostra relazione non è iniziata nel migliore dei modi, anche se non sono mancati momenti felici. Litigavamo spesso per motivi futili, legati a silenzi, incomprensioni, permalosità e immaturità. Riconosco che molte di queste problematiche partivano da me. Nonostante ciò, lei tornava sempre, cercando di aggiustare le cose.
A marzo, dopo esserci ufficialmente fidanzati a novembre, una discussione particolarmente intensa ci ha portati alla rottura. Tuttavia, abbiamo poi trasformato questa rottura in una pausa per capire se ci fossero ancora dei sentimenti da entrambe le parti e se io fossi davvero in grado di lavorare su quei comportamenti tossici.
La pausa è durata poco (due giorni), perché le promisi che sarei cambiato. Da quel momento, ho intrapreso un percorso di crescita personale, ho davvero modificato molti aspetti del mio carattere, migliorando me stesso non solo nella relazione, ma anche nella vita in generale.
E infatti, da quel momento, la nostra relazione ha fatto un enorme salto di qualità. i conflitti si erano fatti più rari, motivati e affrontati in modo più maturo e consapevole.
Ed è qui che inizia la parte per cui sto scrivendo.
Qualche giorno fa, precisamente sabato, mi ha scritto chiedendomi di parlarle perché doveva dirmi una cosa importante, chiedendomi di non prenderla male.
Mi ha detto che si sentiva confusa, insoddisfatta della sua vita per vari motivi, tra cui l’università e alcuni obiettivi personali che non riesce a raggiungere, e tutto questo la faceva stare male.
Ha aggiunto che questo disagio interiore si rifletteva anche nella nostra relazione.
Mi ha detto che, pur amandomi tantissimo e sentendosi amata come mai prima, non capiva cosa le stesse succedendo. Diceva:
“Mi fai sentire trattata da Dio, sei perfetto, bellissimo… ma non so cosa mi stia succedendo, mi sento confusa e non capisco cosa provo. Ho paura che questa confusione mi porti a fare cose che non voglio e a farti soffrire.”
Per questo ha preferito chiudere la relazione, specificando che voleva prendersi del tempo per capirsi, ma che non voleva che io l’aspettassi, perché non sa se e quando questa confusione si chiarirà e se i suoi sentimenti resteranno gli stessi.
Con grande dolore ho accettato questa scelta, comprendendo che probabilmente fosse la cosa migliore per lei. Ci siamo salutati con tanto amore e dispiacere.
Dopo qualche ora, però, mi ha scritto di nuovo, usando un nomignolo affettuoso (l’abbreviazione del mio nome) e non più “amore”. Mi ha chiesto come stessi. All’inizio ho mentito, dicendo che stavo bene per non farla sentire peggio, ma poi le ho detto la verità: che stavo male e che non volevo perderla. Lei ha risposto dicendo che stava malissimo, che piangeva da tutto il giorno e che non avrebbe voluto fare quella scelta.
Mi ha detto che le mancavo, che si sentiva uno schifo per avermi ferito, ma che sentiva il bisogno di capirsi e prendersi del tempo. Mi ha detto che forse inizierà un percorso di terapia.
Parlando, ha espresso la paura di non essere in grado di stare in una relazione, pur dicendo che senza di me starebbe comunque male.
Ha detto che mi ama, ma non sa cosa ha, che si sente "uno schifo" per esserci trovati nel suo peggior momento. Mi ha detto che per lei sono perfetto, ma che sente la mente "malata", fuori controllo, e che detesta stare con me mentre prova certi pensieri.
A un certo punto ha riconosciuto, dopo una mia osservazione, che forse è la stabilità stessa a spaventarla, perché non l’ha mai vissuta davvero. Infatti i primi dubbi sono arrivati proprio nel momento in cui la nostra relazione era diventata più solida e serena.
Dopo un po’ mi dice che le piacerebbe continuare a parlare normalmente, ma io decido di non accettare perché penso non avrebbe fatto bene ad entrambi e quindi decidiamo di vederci per salutarci.
Il lunedì successivo ci siamo visti per salutarci di persona.
Mi ha accolto con un abbraccio molto emotivo. Abbiamo parlato e mi ha detto che non riesce a capire cosa sente, che tutto nella sua testa è offuscato.
Dice che quando le parlavo di futuro, lei non riusciva a provare lo stesso entusiasmo, che non si immaginava con me. Diceva che, se prima vedeva un futuro insieme, adesso non vede più nulla. Alla mia domanda “e come ti vedi nel tuo futuro?”, ha risposto “sola”.
E alla mia successiva domanda “e come ti fa sentire questa immagine?” ha risposto “male, triste”.
Mi ha chiesto se è normale, stando in una relazione, sentire il bisogno a volte di voler stare sola. Questo pensiero le veniva in particolare quando passavamo troppo tempo a casa sua. Ho detto che forse era condizionata dalla madre, che una volta si era lamentata perché stavo troppo da loro.
A quel punto ho cercato di farle delle domande per aiutarla a capirsi.
Le ho chiesto come si sentisse in quel momento. Mi ha risposto: “molto triste e confusa”.
Le ho chiesto se ne avesse parlato con qualche amico o con sua sorella. Ha detto di sì, e che le hanno consigliato di fare ciò che pensa sia meglio.
Le ho anche chiesto se sentiva il bisogno di un cambiamento, o se volesse vedere altre persone, oppure se si sentisse bloccata da me. Ma mi ha detto:
“Io ti amo, so che non mi faresti mai sentire in gabbia, ma non posso stare con te. Non mi immagino con nessun altro, ma più che voler stare sola… mi sento confusa. E poi devo andare un mese in una nazione, sei mesi per studiare in un’altra, poi un altro mese con la mia famiglia altrove… e allora penso: tu dove sei in tutto questo?”
Visto che aveva detto che quando stavamo troppo tempo insieme a casa sua le veniva da pensare di volere stare sola e magari distrarsi con il pc, le ho chiesto: “quando sei fuori con gli amici, e sei felice, ti capita di pensarmi e di desiderare che io sia lì con te?”.
Mi ha risposto: “sì, ti pensavo e ti volevo con me”.
Le ho anche chiesto: “se non ci fossimo mai conosciuti, e ci incontrassimo oggi, pensi che ti innamoreresti di nuovo di me?”
Dopo un attimo di riflessione ha detto: “sì, sento di sì”.
Infine, le ho chiesto: “se riuscissi a capire davvero cosa ti blocca o ti manca, pensi che potresti tornare con me?”
Ha risposto: “sì, se riesco a capire e risolvere”.
Durante tutto il tempo continuava ad abbracciarmi, mi accarezzava la testa, mi teneva la mano. Anche quando la toccavo io, non si ritraeva, anzi: lasciava che le accarezzassi le mani, le cosce, il viso, i capelli — anche se ha la dermatite e di solito non vuole che la tocchi per non peggiorare il prurito. Stavolta ha detto: “adesso non mi dà fastidio”.
Le ho detto che per me la distanza non è un problema: avrei preso dei voli ogni mese per stare insieme una settimana o due.
Le ho anche detto che è normale, a volte, avere bisogno di stare soli. Anche a me succede, che io a volte preferisco stare solo e che è perfettamente normale non voler stare insieme 24 ore su 24.
Ho provato a spiegarle che secondo me quei pensieri che la tormentano sono probabilmente residui del suo passato, delle relazioni tossiche vissute, e che ora li proietta su un presente che invece è sano perché nella realtà non mi ha fatto sentire poco amato o non apprezzato, anzi, era presente, mi chiamava, mi scriveva spesso, quando eravamo fuori insieme, anche per tante ore non sentiva l’urgenza di non voler stare con me ed io mi sentivo amato come non mai.
L’ho riaccompagnata a casa. Ci siamo salutati, mi dà un bacio intenso, ed entrata in casa piangendo.
Dopo, abbiamo provato a sentirci, ma i messaggi erano strani, freddi, e ci facevano stare peggio.
Così ieri, martedì, abbiamo deciso di prenderci una pausa dal sentirci per almeno un mese. Le ho detto che per lei ci sarò sempre, e che mi farebbe piacere sapere se inizierà un percorso terapeutico. Lei ha detto che me lo farà sapere, che anche per lei fa male scrivermi, e che le fa piacere sapere che ci sono, che mi sente vicino.
Prima di salutarla, le ho scritto forse sbagliando un “ti amo”. Lei ha risposto allo stesso modo, ma poi ha cancellato il messaggio, dicendo che le era venuto di scriverlo, ma che si sentiva incoerente perché quello che sente non lo capisce e la fa dubitare.
Per avere chiarezza, le ho chiesto se per lei si trattasse di una pausa per capirsi o di una chiusura definitiva. Lei ha risposto:
“Mi vorrei capire, ma non viverla in questo modo. Non voglio che mi aspetti, perché non capisco quello che sento”.
Io voglio rispettare i suoi tempi e il suo bisogno di spazio.
Ma dentro di me sto molto male.
Faccio fatica a capire se devo lasciarla andare per davvero o se questa è solo una fase di smarrimento, perché quando tutto andava male continuava a voler riparare, e quando siamo tornati dalla prima pausa dove poi tutto andava bene è dove ha avuto i primi dubbi.
o se è soltanto una naturale fase di una relazione che lei ha frainteso e vive male.
Non so se dovrei accettare che è finita. Ho paura che non affrontando un percorso terapeutico lei possa allontanarsi sempre di più da sé stessa e da noi.
Non so se ha senso continuare a sperare in un ritorno, oppure se sarebbe più sano per me lavorare su un distacco più netto.
E ho anche paura che, con il tempo e la distanza, lei possa pensare di non provare più nulla per me, o addirittura trovare qualcun altro.
Vorrei sapere se quanto sta vivendo potrebbe essere collegato a traumi passati non risolti, e se è possibile che con il tempo e magari con un aiuto terapeutico lei possa riconnettersi con ciò che prova.
E soprattutto: ha senso sperare e rimanere aperto, oppure è più giusto cominciare a lasciarla andare?
Vorrei sapere pure se è giusta la scelta di non parlarsi per un mese o più o era più corretto continuare a parlarsi per cercare di non perdersi completamente.
storia da DOC (e forse altro)
Buongiorno,
volevo avere una vostra opinione su quella che è la mia storia, che sa tanto di disturbo ossessivo compulsivo ma probabilmente anche di altro.
Da circa la metà del 2005 soffro di sintomi di natura fisica che andrò poi a descrivere.
Non c'è dubbio che vi fossero problematiche già evidenti prima dell'esplosione dei sintomi di natura fisica avvenuta intorno ad aprile maggio del 2005.
Direi che in primo luogo c'erano grossi problemi di socializzazione e capacità di stare insieme agli altri fin da piccolo, essendo figlio unico: credo che il non essere andato all'asilo e l'essere cresciuto sempre da solo abbia in parte influito.
Giocavo sempre da solo e se c'era da stare con altri bambini ero a disagio.
L'ambiente familiare, tra genitori nonni e zie, era sicuramente di grande calore e cordialità e qui credo si sia verificato il primo evento traumatico: l'inizio delle scuole elementari, complice la presenza di una maestra non particolarmente flessibile, mi fa passare da un mondo bellissimo a un mondo bruttissimo, tutto di un colpo.
Non ho bei ricordi degli anni delle elementari e delle medie, dove studiavo molto ma non per un reale interesse, ma solo per tenere buona la maestra e poi i professori.
Le esperienze all'oratorio di quegli anni sono pessime, per il solito discorso che sto molto meglio da solo.
Ulteriore evento traumatico dell'epoca, vivendo dalla nascita in un cortile, è sicuramente quando nel 1988 muore mia nonna e mio zio stabilisce in parole povere che non vuole più la condivisione del cortile e che dobbiamo dunque cambiare casa: il trauma verrà fuori più avanti negli anni, essendo all'epoca io solo un bambino, e mi farà capire che il tanto piacevole ambiente familiare era forse più una finzione e una recita.
Mi iscrivo alla squadra di calcio del paese ma scappo dopo un mese, perchè l'allenatore urla come la maestra.
Cambiamo casa alla fine del 1992, nel 1995 finiscono le scuole medie e io sono tra virgolette libero di non andare più all'oratorio, essendo le scuole superiori non più nel mio paese e considerando che le mie esperienze in quell'oratorio erano state pessime.
Gli anni delle superiori vanno leggermente meglio sul piano dei rapporti con gli altri anche se poi, quando magari in una gita capita di trovarsi tutti insieme, emergono le solite difficoltà di relazione.
Per un buon periodo durante gli anni delle superiori emerge uno strano particolare: scrivo in maniera lentissima perchè la scrittura deve risultare perfetta, come squadrata.
Iniziano ad emergere tendenze esasperate a ricontrollare le cose e a tenerle in ordine.
Nel 1999 muore in un incidente in bicicletta un mio compagno delle medie, che curiosamente era scappato anche lui dall'oratorio, e la cosa lascerà degli strascichi, come era già successo con la morte di Senna: si può morire anche da giovani.
Inizia l'università e la decisione del percorso da seguire è presa in modo del tutto casuale: opto per scienze bancarie, poichè anche mio papà lavora in banca, ma la realtà è che avrei tranquillamente potuto scegliere ingegneria o geologia o altro, un percorso valeva l'altro.
Sullo sfondo ci sono sempre pochissime uscite, esperienze disastrose in mezzo agli altri e rapporti di qualunque natura totalmente inesistenti con l'altro sesso.
Da una parte mi trovo in mezzo a ragazzi che nelle loro uscite tornano alle quattro o alle cinque del mattino, dall'altra capisco che a casa mia, pur consapevoli del fatto che fatico a socializzare, è meglio starsene a casa.
Arriviamo all'evento decisivo: il 14 gennaio 2002 registro un esame all'università, ho quindi la data impressa, la sera mentre navigo su internet, e ricordo perfettamente che non stavo visitando siti pornografici (all'epoca non sapevo nemmeno cosa fosse la masturbazione), prendo un virus sul computer di natura pornografica.
In sostanza sul mio PC si aggiungono alcune scritte che rimandano ad un sito pornografico e che io non riesco in alcun modo a cancellare.
Facendo una ricerca su internet, il virus è stato preso anche da altri utenti.
Non so perchè, mi spavento e mi preoccupo.
Chiamo il ragazzo che all'epoca mi aiutava con il computer, viene a casa mia una decina di giorni dopo l'accaduto e risolve il problema, lo risolve sul computer ma non nella mia mente.
L'evento, solo apparentemente, finisce nel dimenticatoio: mi iscrivo ad un corso di piscina e mi piace andarci, faccio qualche piccola uscita in più (nulla di che, ad esempio credo di non avere mai fatto nulla nella mia vita l'ultimo dell'anno) e gli anni 2002, 2003 e 2004 trascorrono.
Nel 2005 a ottobre mi laureo ma l'episodio del virus mi ritorna improvvisamente in mente e iniziano i sintomi di natura fisica: dolori devastanti alla testa, blocco, mancata percezione della realtà a livello di spazio e di tempo, perdita progressiva dei capelli, incapacità di concentrarsi, difficoltà a fare qualunque cosa.
Fatico a dare l'ultimo esame all'università e a preparare la tesi, tanto è vero che durante la discussione non mi rendo nemmeno conto di quello che sto dicendo.
I sintomi emersi ad aprile maggio del 2005 non sono più scomparsi, l'immagine del virus preso sul PC non è mai più uscita dalla mia mente, così come il numero 14, giorno dell'evento.
Inizio a lavorare nel febbraio del 2006 ma per lavorare devo arrangiarmi ed arrampicarmi sugli specchi.
Il mondo mi è ormai caduto addosso e conscio di questa situazione, prendo tra le altre cose una decisione che si rivelerà sciagurata: faccio il laser per risolvere la miopia agli occhi ma l'operazione, probabilmente perchè fatta su una persona già allora in grande sofferenza, finirà per crearmi solo ulteriori problemi, rendendomi gli occhi perennemente infiammati.
La situazione di salute annulla di fatto i rapporti sociali, che peraltro erano già come detto inesistenti.
Il mal di testa incessante, la sensazione di perdere il controllo da un momento all'altro e ora anche gli occhi infiammati rendono la vita un inferno, inoltre mi pesa particolarmente la perdita dei capelli.
Fatico in maniera tremenda a lavorare in maniera dignitosa.
Inizio ad effettuare alcuni percorsi di natura psicologica, faccio anche l’EMDR e mi vengono somministrati dei farmaci, in particolare la fluvoxamina, ma le cose restano immodificabili e nulla cambia.
In questi anni, conscio ormai del mio stato di salute, consapevole di non avere avuto esperienze di alcun tipo con l'altro sesso (peraltro, dubito che ne avrei comunque avute, anche da sano, in una società come la nostra) commetto un gravissimo errore: vado per una decina di volte con delle prostitute di strada ma in realtà non ci saranno rapporti di alcun tipo, non ci sarà nulla, non avendo poi più alcun tipo di erezione anche a causa dei farmaci, si riveleranno solo delle esperienze molto squallide, delle quali sono amaramente pentito ed il pensiero dell’errore commesso mi disturba tuttora.
La vita va avanti, faccio qualche vacanza senza ovviamente poterla apprezzare, si è creato una sorta di circolo vizioso da cui non si riesce più ad uscire, sono finito in una sorta di buco nero.
L'episodio del PC rimane costantemente ed inesorabilmente sullo sfondo della mia mente, non va più via.
La situazione resta immodificabile e cronica: dolori devastanti alla testa, capelli sempre più diradati, occhi rimasti come sono rimasti e conseguente impossibilità di fare qualunque cosa, persino leggere un libro o guardare la televisione.
Gli anni, i mesi, i giorni, praticamente tutti uguali, passano con una velocità disarmante e con essi iniziano a morire le persone: muore mia mamma nel 2015 e muore mio zio Gigi nel 2023, muoiono anche quasi tutti i fratelli sorelle di mio papà ma questo è più un dettaglio, considerando che i rapporti erano inesistenti.
Sul lavoro vado avanti con difficoltà mostruose.
La situazione dunque non si sblocca più in alcun modo e direi che ora il vero ricordo traumatico da rimuovere è rappresentato da 20 anni trascorsi in condizioni semplicemente folli, al limite dell'impossibile.
Nel frattempo va avanti senza particolari sussulti la convivenza con mio papà, che a differenza di mia mamma, un po' più aperta, mi ha sempre dato l'impressione di essere una persona molto rigida, schematica e come me poco propensa ai rapporti sociali.
Dal mio racconto credo emergano in maniera evidente dei tratti del mio carattere come rigidità estrema e tendenza esasperata a rimuginare sugli eventi passati, rendendoli più grandi di quello che sono in realtà.
Direi che non c'è molto altro da aggiungere: come detto i farmaci non hanno fatto mai nulla e sto pensando alla possibilità di riutilizzare eventuali tecniche come EMDR oppure la TMS perchè il punto è che è necessario in qualche modo smuovere, mitigare, alleggerire i ricordi del passato.
L'importante è essere ancora qui per potere fare qualcosa, perchè il rischio di farsi fuori era ed è concreto, in considerazione di una situazione che, ripeto, non si è assolutamente più smossa per anni.
Ci tenevo ad avere una vostra opinione in merito e vi ringrazio infinitamente per il servizio.