simona domande di Alimentazione  |  Inserita il

Roma

Semplice inappetenza?

Buongiorno,
vi scrivo perché vorrei dare una definizione e una soluzione al mio disturbo, che continuo a etichettare come semplice inappetenza ma che temo possa nascondere dell'altro.
Premetto che il mio rapporto con il cibo non è mai stato "idilliaco": la tavola non è sempre stata un simbolo di convivialità e condivisione in casa, da ragazzina ero in sovrappeso e, prima di arrivare al peso-forma attuale (1.65 per 60 kg) ho seguito molte diete, per la maggior parte scorrette. Infine, ho vissuto un caso di anoressia in famiglia. L'inevitabile insano rapporto con il cibo si è acuito circa 5 anni fa, quando sono andata a vivere da sola in un'altra città. La solitudine mi porta a non considerare cosa metto nel piatto, a non avere voglia di cucinare e, quando lo faccio, preparo cibi insapori (ebbene sì, la paura di ingrassare è ormai insita in me), che finisco poi per mangiare in maniera frettolosa. E anche quando sono gli altri a cucinare per me o a invitarmi a mangiare fuori le cose non migliorano. Alla paura di mangiare troppo e male si aggiunge infatti la difficoltà a gustare le pietanze come se non avessero sapore ma, anzi, rappresentassero solo una ulteriore minaccia al peso e alla salute del mio stomaco.
Mi rendo ormai conto dell'insostenibilità della situazione e del fatto che mi sta portando anche a leggeri disturbi psicofisici come difficoltà di concentrazione e perenne gonfiore addominale.
Vi chiedo quindi di indicarmi la natura del mio disturbo e soprattutto delle possibili soluzioni da adottare.
Confido nella vostra disponibilità e professionalità.
Vi ringrazio

  4 Risposte pubblicate per questa domanda

Dott.ssa Maria Antonietta Passarelli Inserita il 19/12/2015 - 17:15

Per risolvere il tuo problema con il cibo è necessario capire a cosa va ricondotto (tu parli di mancata convivialita' e condivisione) . Capire a quali dinamiche del passato ci riporta è importante, e in certi casi, è illuminante perchè ci aiuta a mettere a fuoco situazioni nelle quali erano coinvolte anche altre figure significative (ad esempio genitori o altre figure parentali) che involontariamente hanno contribuito a farti costruire un intero sistema di convinzioni negative su te stessa il mondo e gli altri. Se vuoi io sono disposta ad esplorare tutto questo con te. Ma l'aspetto per me fondamentale del tuo futuro cambiamento è legato ad un lavoro di ricerca del tuo stato-risorsa. Mi dirai: "cos'è?" Bene, lo stato risorsa e' quella condizione psicofisica in cui ti trovi normalmente quando riesci a fare e a reagire alla situazioni esattamente come tu ritieni sia piu funzionale.Tutti sappiamo come ci sentiamo quando riusciamo a star bene in qualsiasi situazione anche a tavola... Cosa dovresti pensare e che sensazioni vorresti provare per dire a te stessa che il " problema" non c'è più?
Se vuoi lo scopriamo insieme. Ti garantisco che la tua mente ha tutte le risorse per superare questo momento di disagio.
Ti saluto.

Dott.ssa Chiara Francesconi Inserita il 15/12/2015 - 08:29

Buongiorno Simona,
partendo dal fatto che non amo etichettare persone e i loro problemi, e che ovviamente anche volendo ciò non sarebbe possibile tramite una breve descrizione fornita online, credo che la sua difficoltà non abbia caratteristiche tali da definirsi disturbo, ma appunto proprio "difficoltà"! C'è questo aspetto della sua vita, e forse anche altri correlati ad esso, in cui trova difficile raggiungere un equilibrio e serenità. L'alimentazione spesso viene presa come strumento per regolare le emozioni interne, sia quando ci si abbuffa sia quando si guarda il cibo con distacco e indifferenza. Non è detto che sia necessario far propria l'idea che i pasti debbano essere momenti di condivisione, di allegria, di ingordigia.. in quanto il cibo nasce come elemento fondamentale per la nostra sopravvivenza, cioè per nutrire il corpo e la mente, e pertanto credo che la modalità più idonea di rapportarsi ad esso sia sviluppare una maggior consapevolezza di sè e di ciò che il nostro organismo ha bisogno, ascoltandoci durante i pasti, senza distrazioni, senza fretta, con la sola curiosità di osservare ciò che si sta facendo, cioè prendendosi cura di sè.
L'approccio cognitivo comportamentale ha sviluppato diverse strategie terapeutiche per ottimizzare il rapporto con l'alimentazione e ovviamente anche per sondare più in profondità l'origine "deviata" di tale rapporto e dargli un significato. L'essere umano non agisce mai nulla per caso, e anche il suo rifiuto o distacco da qualcosa "che nutre, che ci vuole bene" può avere radici in qualche comportamento protettivo che in passato poteva aver avuto un senso e che forse ora l'ha un po' perso ma che continua a mantenersi per così dire.."abitudine".
A disposizione per ulteriori informazioni,
un saluto,
dott.ssa Chiara Francesconi
www.chiarafrancesconi.it

Dott.ssa Michela Vespa Inserita il 14/12/2015 - 12:45

Cara Simona,

tramite consulti online non si possono azzardare diagnosi. Tuttavia, si può capire una sfera problematica, come quella che sembra avere lei rispetto all’alimentazione.
Non direi possa trattarsi di semplice inappetenza, ma nemmeno di un disturbo vero e proprio. Almeno da poter diagnosticare come tale. E almeno per ora.
Rimane il fatto che sia abbastanza chiara la problematicità di natura psicologica, e sarebbe il caso che lei ne parli direttamente con uno psicoterapeuta. È possibile che questo particolare rapporto con il cibo nasconda altre difficoltà, scovarle e affrontarle potrebbe aiutarla a vivere in maniera più serena, sia in relazione all’alimentazione che alla percezione del suo corpo e quindi di se stessa. E, pertanto, anche a risolvere i disturbi psicofisici di cui accenna.
Sono passati più di cinque anni, forse è arrivato il momento giusto per affrontare la questione e cambiare le cose.

Cordialmente,
Michela Vespa
Psicologa Psicoterapeuta Roma

Dott.ssa elisa camerini Inserita il 14/12/2015 - 12:32

Carissima Simona
considerando che come dici tu il tuo rapporto con il cibo non è dei migliori e questa cosa ti sta diventando insostenibile sei stata innanzitutto bravissima nel cominciare a chiedere aiuto senza il solito fai da te, che alle volte è solo più dispersivo che altro , il cibo dovrebbe essere un piacere, e i pranzi e l cene un momento di condivisione.....ti consiglio innanzitutto un colloquio con uno psicologo della tua zona magari esperto in problematiche relative all alimentazione