chiara domande di Genitori e Figli  |  Inserita il

Milano

Genitori che abbattono e autoisolamento

buongiorno, sono una ragazza di 21 anni e scrivo qui perché non so più se quanto riuscirò ancora a sopportare. I miei genitori mi hanno sempre criticata, per loro non faccio mai abbastanza. Ho sempre avuto un carattere chiuso fin da piccola: mi raccontano che già dall'asilo giocavo o disegnavo sempre sola in un angolino. Da piccola i miei lavoravano fino a sera e io e mia sorella stavamo cono babysitter, specialmente io che ero sempre malata e una donna (che per me è stata una madre, l'unica che mi abbia mai fatto sentire importante e in grado di fare qualcosa). Dalle elementari il mio isolamento è peggiorato, sono dislessica (l'ho scoperto solo in quarta liceo) e una maestra mi insultava perché scrivevo male non riuscivo a rispettare i margini e sbagliavo a leggere e scrivere confondendo le lettere. Questa donna poi spingeva gli altri bambini a prendermi in giro anche loro e, quando ne parlavo a mia madre ricevevo come risposta la conferma di quanto diceva la maestra. Per lei hanno SEMPRE ragione gli altri. A causa di questa situazione non volevo andare a scuola e per questo facevo capricci ogni mattina e una volta mia mamma ha cercato di strangolarmi si è fermata solo quando mio padre è intervenuto. Spesso mi ha minacciata con le mani al collo ma solo una volta è arrivata a provare a farlo davvero. Giocavo ancora sempre da sola, spesso passavo ore chiusa in camera da sola con le barbie e poi le impiccavo. Non so perché lo facessi e mi fa paura. Già in questi anni si è instaurato in me il desiderio di scappare di casa. Delle volte ci ho provato ma non sapevo dove andare. Una volta mi è rimasta impressa sono uscita di casa, stavo scappando davvero. Poi mi sono accorta di non sapere dove andare mi avrebbero trovata ovunque. Così sono tornata e li ho trovati esattamente dov'erano quando sono uscita, erano tranquilli a guardare la tele, anche se fossi scappata davvero non gli sarebbe importato. Crescendo sono diventata manesca e "maschiaccia" e a quei bambini che hanno continuato a insultarmi rispondevo con le mani. Alle medie gli insulti hanno trovato nuovi argomenti: riguardavano l'aspetto fisico (non avevo seno e molte occhiaie). Avevo già imparato a non ascoltare le parole degli altri. Solo i miei riuscivano ancora ferirmi. Quando ho iniziato a frequentare la prima media mia mamma è stata licenziata a causa di problemi di salute. Passare ogni pomeriggio con lei era devastante: qualunque problema era colpa mia, in qualunque cosa sarei dovuta essere come mia sorella. Mio padre mi ha persino accusata della malattia di mia mamma. In terza media ho portato sul balcone una sedia e sono salita sul parapetto, volevo buttarmi ma all'ultimo mi sono resa conto che così avrei lasciato vincere i miei. Così ho resistito fino ad oggi alla tentazione di buttarmi, per non dargliela vinta. Al liceo sono riuscita a farmi degli amici veri che mi sono vicini ancora oggi. Non ho mai avuto debiti ma a ogni pagella il commento era sempre lo stesso: "tanto il prossimo anno non ce la farai". In prima liceo mi sono accorta che i miei problemi nel leggere, scrivere, parlare erano gli stessi di una dei miei amici. Lei è dislessica. Così ho iniziato a parlarne con mia mamma ma a vuoto. Sua figlia non poteva avere problemi di testa (sì, per lei la dislessia era come un handicap). Solo in quarta liceo sono riuscita a convincerla a farmi fare il test. Sono dislessica e ho un Q.I. alto, io ricordo 141 mia madre 134 (c'è molta differenza ok, ma qualunque sia il vero risultato è sempre alto). La psicologa che mi ha fatto il test mi ha fatto i complimenti dicendo davanti ai miei che il mio era il risultato più alto che avesse mai visto. Mio padre era felice ma mia madre non ha detto nulla finché non siamo entrati in macchina. Li ha detto: "Comunque tua sorella è più intelligente in altre cose". In quel momento mi sono sentita crollare e ancora oggi quando ci penso crollo, non capisco cosa possa portare una madre a disprezzare così una figlia, che cosa le posso aver fatto. Ho comunque dovuto resistere fino a casa per lasciarmi andare: non ho mai voluto darle la soddisfazione di vedere che riusciva a ferirmi. In quel periodo ho provato a parlarle. Quando le dicevo che non dormivo perché pensavo tutta notte o che avevo problemi per qualche cosa la sua risposta era sempre: "alla tua età che problemi vuoi avere". Qualunque cosa dicessi era sbagliata. Se le parlavo di quando ha cercato di uccidermi negava, finché non ho detto che è stata la baby sitter a fermarla a quel punto mi ha corretta, ha ammesso di averlo fatto ma che è stato mio padre a fermarla. Finì dicendo che scherzava. Che bel gioco, molto divertente. Ha iniziato a farmi vedere i difetti fisici: se qualcuno diceva che avevamo la stessa bocca o lo stesso mento negava con tono schifato, stessa cosa se le si parlava del naso simile a mio padre. Per lei i difetti (tutta la faccia tranne gli occhi) li ho presi da mia zia e, per lei, è proprio una brutta donna. Anche il mio aspetto non era abbastanza. Le ho scritto una lettera, ero in terza liceo, avevo il mio primo ragazzo e mi impediva di vederlo. Non voleva che mi facessi una vita. Ero arrabbiata e le ho confessato di fumare, di bere, di avere rapporti col mio ragazzo e cose simili. Le ho scritto tutto. La sua reazione è stata inizialmente rabbia, seguita da disprezzo silenzioso. Avrà passato almeno un mese senza parlarmi. Ricordo bene l'inizio della lettera: "ti scrivo perché non riesco a parlarti". Ma per lei quella parte non era importante a quanto pare. Eppure per me quella frase era il cuore della lettera. In quarta liceo ho avuto la candida, causata dagli antibiotici che ho sempre dovuto prendere per continui problemi di salute. Ma mia madre sa tutto e sa anche che la candida è una malattia sessuale: ha fatto capire chiaramente che per lei ero una "facile". Peccato che alla visita ginecologica la dottoressa abbia spiegato davanti a lei che il problema era dovuto ai medicinali. Nessun commento o scuse da parte di mia madre. Lei è perfetta mica si deve scusare, ovvio. Lei ha sempre voluto che facessi l'architetto. Ma io amo i motori e modellare. Ho fatto il liceo artistico (ho scelto l'indirizzo figurativo nonostante tutti i tentativi di mia mamma per spingermi a fare architettura) e la professoressa di plastiche ha insistito perché facessi scultura. Avevo paura a seguire il suo consiglio per il futuro lavorativo, così volevo fare ingegneria meccanica (in realtà avrei voluto fare la meccanica e basta ma per mia madre non potevo non laurearmi). Nel mio liceo facevamo molta matematica (era come uno scientifico con in più le materie artistiche) e nelle materie scientifiche non ho mai avuto problemi. Ma per i miei non avrei mai potuto farcela. E' stato un anno molto difficile la quinta a causa di seri problemi di salute che mi provocavano dolori definiti da dei medici come "dolori da parto". Non interessava a mia mamma: come smettevo di studiare per il male e mi sdraiavo per farlo diminuire un po' arrivava a urlare che dovevo studiare non potevo perdere tempo non potevo perdere l'anno. Certo sua figlia non può perdere un anno perché sta troppo male per preparare la maturità. Voleva che uscissi con 70, sono uscita con 71. Ancora era il minimo che potessi fare. I professori erano stupiti che ce l'avessi fatta nonostante tutto ma per mia madre era il minimo. Come dicevo, voleva che facessi l'architetto. Mi sono rifiutata. Non è la mia strada ma quello che LEI avrebbe voluto fare. Non mi interessa e se prendo in mano una squadra impazzisco. Ho provato a entrare in una scuola di moda, mi hanno presa ma mi sono resa conto prima di iniziare che non era il mio campo. Mi piace disegnare vestiti, ma a parte questo non mi è mai interessata la moda, non ho neanche mai aperto una rivista. Ma se non volevo fare moda e certo NON POTEVO fare ingegneria meccanica (in un periodo come quello che stavo passando non ho avuto la forza di provarci comunque, di continuare nonostante tutto la mia strada come ho sempre fatto), avrei dovuto cambiare corso all'interno della scuola dove mi avevano presa. Così mi trovo a fare design, altra passione di mia mamma, altro argomento di cui a me non è mai interessato. Tra tutte le possibilità mi sembrava la più simile a scultura quindi ho accettato. Mi sono accorta subito al primo semestre che non era la mia strada, ne ho parlato ma la risposta sono stati pianti ininterrotti e un secco no a cambiare. Ora sono al terzo anno e sto impazzendo. Non ho una vita per laurearmi in una materia che non mi interessa e ancora sento che quello che faccio è sempre il minimo. Ancora il mio più grande desiderio è andarmene e ancora il parapetto del balcone ha un'aria invitante. Oggi però non ho più la forza di pensare al non dargliela vinta. Solo il pensiero del mio ragazzo mi da la forza di resistere, per lui, l'unico che mi è sempre vicino, mi sostiene nei momenti di crisi, nelle litigate quasi quotidiane. Lui c'è sempre per qualunque cosa. Lo vedo solo il fine settimana e secondo i miei è anche troppo loro vorrebbero che stessi sempre con loro. Qualunque cosa faccia faccia dovrei farla secondo i loro piani secondo i loro orari (eh già se torno a casa la domenica dalle 23.30 a mezzanotte è tardi loro sono stanchi, peccato che in settimana non si vada MAI a letto prima di mezzanotte). Vorrebbero che restassi a casa così ALMENO il fine settimana starei con loro, certo perché TUTTA la settimana non è abbastanza e devo rinunciare al week end con lui, che è lontano un'ora di macchina e che lavora tutti i giorni fino a sera tardi e che non posso vedere se non in quei due giorni. Oggi sono meno manesca di quando ero piccola ma sono sempre più chiusa in me. Qualche giorno fa ho provato a parlare a mia madre di quanto soffra dei suoi comportamenti e di quanto mi rendo conto mi abbiano danneggiata anche a livello di autostima e fiducia in me. Lei ha riso. Ho sempre paura di fallire, anzi forse ho la certezza di fallire. Ormai ho dei momenti in cui penso anche io di non essere abbastanza, abbastanza per loro, per il mio ragazzo, per la scuola, per parlare con la gente, per qualunque cosa. Mi sembra di non poter far niente e questo mi sta logorando. Non mi fido più delle mie capacità anche se i risultati ci sono: ho buoni voti, anche in progetti di gruppo in cui lavoro solo io. Allora penso che per farcela qualcosa dovrò valere, ma poi quando arrivo a casa con il mio bel voto contenta ancora è il minimo. Ancora crollo. Dopo tutto questo tempo pensavo che sarei riuscita a diventare immune ai commenti ma non lo sono. Sono più debole. Mi sento più debole. Mi parlano di master ma non credo di resistere ancora due anni. Non posso. Devo andarmene. Voglio scappare con il mio ragazzo. In questo periodo si avvicinano gli esami e ho paura, so già che non farò abbastanza.

  1 Risposte pubblicate per questa domanda

Dott.ssa Christina Marchetto Inserita il 08/02/2016 - 14:11

Gentilissima Chiara, lei descrive una situazione piuttosto complicata, che meriterebbe approfondimenti circa le sue emozioni e le sue difficoltà del momento. Immagino che sia un pessimo momento e che lei voglia fare qualcosa per poter cambiare questa situazione.
Non deve essere facile a 21 anni avere questo carico emotivo sulle spalle... ma la soluzione migliore non è mai la fuga.
Mi piacerebbe che lei riuscisse a trovare un valido sostegno, intraprenda un percorso psicologico per poter riuscire a leggere gli avvenimenti della sua vita nel giusto peso e ritrovare il sorriso per affrontare al meglio la sua vita, anche quella futura con il suo compagno.
a disposizione, anche in video consulenza, Dott.ssa Marchetto Christina
www.christinamarchetto.it