Il nuovo (NON) tempo libero: come è difficile oggi avere fantasia

Pubblicato il   / Psicologia e dintorni
Tempo libero ai tempi della pandemia

La pandemia ha sconvolto vite, abitudini, equilibri. Di questo se ne è già parato tanto così come si sta parlando tanto del fatto che anche chi ha sempre avuto un buon funzionamento sta cominciando ad accusare il colpo.

Non vuol dire che anche chi, fino a ieri ce l’ha sempre fatta, non ce la farà: semplicemente che la fatica per la situazione che ormai sta durando da più di un anno si sta cominciando a far sentire.

Tutto questo perché, oltre a quanto più evidente, ci sono stati tolti i piccoli momenti di resilienza, quelli dei “vado 5 minuti al bar a prendere un caffè”, di avere un orario definito e scandito, di avere un ritmo che separava chiaramente il sonno dalla veglia, il lavoro dal resto del tempo.

Ci è stato praticamente tolto il tempo libero.

Sembra contraddittorio in un momento in cui, stando di più a casa, si ha l’impressione di averne un po’ più di tempo a disposizione. Solo il tempo che veniva impiegato per spostarci da casa al lavoro e viceversa è un esempio di cosa intendo. E allora come mai siamo sempre più esausti?

Perché oltre a tutto quanto già si conosce, l’affaticamento che stiamo provando è aggravata dal drastico peggioramento della qualità del tempo libero.

Prima della pandemia, tutti noi avevamo gli aperitivi, i pranzi e le cene fuori, con amici, compagni e compagne, le passeggiate in montagna o al mare o anche solo la classica scampagnata. Avevamo i cinema, i teatri, le partite a calcetto nostre o dei figli. E, anche se non eseguivamo realmente tutto quanto sopra, era sufficiente il pensiero di poterlo fare per poterci distrarre.

Oggi siamo costretti a casa o, per i fortunati, ad una passeggiata non lontano dalla residenza costringendoci davanti alla televisione, ad un monitor o ad un cellulare. Giocoforza, lo schermo, in aggiunta alla noia, ci porta a controllare la posta, le telefonate di lavoro, senza quindi avere il vero momento di stacco.

Non solo per gli adulti. Come già letto in svariati articoli e sentito in più trasmissioni, anche gli adolescenti stanno subendo gravi danni con un aumento degli Hikikomori, fenomeno nato in Giappone che descrive coloro che si isolano dal mondo sociale per mesi o anni, auto-recludendosi nella propria abitazione e tagliando i ponti con l’esterno.

I ritmi prima ben definiti non ci sono più, il tempo libero non c’è più. E’ tutto talmente pesante che anche leggere o studiare si percepisce come più “faticoso”.

Quindi cosa fare? Cosa ci può aiutare a sopportare il momento? Pensare che prima o poi tutto passa, tutto muta e tutto si trasforma. Che la realtà che stiamo vivendo arriverà ad una svolta, ad un movimento. Credere nella scienza e nei bei rapporti interumani. Non fare annullamenti né vuoti creati dall’anaffettività, cioè freddezza interna, ma sempre cercare una realizzazione della realtà non umana che comporta la certezza dell’esistenza di sé e di conseguenza la ricerca di un rapporto interumano fondamentale per sopravvivere.

E se se ne avverte la necessità, cercare, senza vergogna, un professionista che sa accogliere, senza rifiuti o condanne, al quale raccontarsi per liberarsi dal peso della sofferenza.