I dati dell’Istat riportano che in Piemonte nel 2014 il tasso di separazione fra i coniugi è stato di 332 su 1000 matrimoni, quindi più del 33%. Se escludiamo l’esiguo numero delle famiglie senza figli ci rendiamo conto che il numero dei bambini coinvolti nella separazione dei propri genitori è davvero esorbitante.
In pochissimi casi i genitori riescono a separarsi in maniera davvero consensuale, pacifica, evitando lotte di potere, rinunciando a vendette, rivalse e egoismi per occuparsi prioritariamente del bene dei propri figli.
Nella maggior parte dei casi la conflittualità durante la separazione è prepotentemente presente.
E se si tratta di matrimonio addirittura ad ALTA conflittualità? Se la vita familiare è caratterizzata da continui litigi, dispetti, ripicche, tensione, stress, pianti, urla? Cos’è meglio fare per i propri figli?
In questi casi i genitori, oltre a dover affrontare una fase particolarmente stressante sul piano personale emotivo, sociale ed economico, si preoccupano costantemente di come i loro figli potranno adattarsi all’eventualità di una separazione.
E’ ovvio che per i figli, l’ideale è vivere in famiglie unite, piene d’amore, di gioia, di comprensione di accettazione e in cui vengono soddisfatti tutti i loro bisogni.
Ma nel caso di matrimoni ad altissima conflittualità, la separazione è il male minore.
Esistono diverse testimonianze di coppie che sono riuscite a risolvere i loro problemi, riportando la serenità in famiglia a livelli accettabili, talvolta con l’aiuto della terapia di coppia, della consulenza familiare o della mediazione, ma nei casi più estremi, quando tutti i tentativi di riconciliazione sono falliti, la separazione di 2 genitori che intrattengono una relazione altamente conflittuale rappresenta per i figli una vera e propria liberazione.
Può sembrare paradossale, perché in natura la famiglia è composta da due genitori e dai figli che condividono la vita, la stessa abitazione, ognuno con il proprio ruolo. Ma all’interno di queste famiglie ideali, i bisogni vitali dei bambini sono pienamente soddisfatti: c’è amore, calore, rispetto, il clima è sereno, disteso e eventuali disaccordi vengono risolti in maniera assertiva e empatica.
Quando invece i genitori sono talmente concentrati sulla battaglia quotidiana con il partner, è probabile che non abbiano le energie e le risorse necessarie a garantire che tutti questi bisogni vengano soddisfatti.
A questo punto i genitori si trovano davanti ad un bivio, e si pongono queste domande:
- Porto ancora avanti il mio matrimonio? Così evito di riconoscermi un fallimento? Così evito l’additamento di parenti e amici? Credo che per i bambini sia importante avere i genitori nella stessa casa, nonostante mi ritrovi a litigare tutti i giorni, a rispondere male a mio figlio perché sono nervoso, a non avere mai l’umore adatto per giocare con lui, per ascoltare i suoi problemi, per scherzare, per ridere?
- Oppure mando al diavolo tutte le convenzioni sociali e torno ad essere per i miei figli il genitore felice, accudente, gioioso, responsivo, sereno, favorendo lo stesso tipo di relazione con l’altro genitore, anche se vivrà presso un’altra abitazione?
Cos’è più importante? Se davvero mi preoccupo per i miei figli, cos’è meglio per loro?
Se la decisione finale propenderà per una separazione, allora diventa fondamentale evitare di trasformare un matrimonio conflittuale in una separazione conflittuale, continuando la guerra per anni e anni.
E’ invece opportuno chiedere aiuto ad uno specialista che accompagni e guidi i genitori a concentrarsi sul bene dei loro figli, per favorire un buon adattamento alla nuova situazione.
I programmi di supporto alla genitorialità che vengono erogati in questa situazione hanno l’obiettivo di favorire il benessere dei figli e dei genitori, a condividere informazioni, strategie, metodi educativi, a offrire sostegno ai genitori durante questa transizione e non sono rivolti alla riconciliazione, per questo motivo possono essere frequentati dai genitori sia in incontri individuali che congiunti, se il livello di conflittualità si è notevolmente abbassato.
Tali percorsi sono personalizzati sulle difficoltà della famiglia e quindi sulla durata, ma l’esperienza mostra che iniziano a vedersi i primi risultati già dalle prime sedute e che sono efficaci a lungo termine a seguito di un percorso di circa 6 mesi.
E talvolta accade che, concentrandosi sui propri figli, la riconciliazione avvenga come per magia.
Bibliografia:
- Gottman J. (2002). *Intelligenza emotiva per un figlio.* Milano: Saggi BUR.
- Benedetto L. (2015). *Il parent training: counseling e formazione per genitori.* Roma: Carocci editore.
- Di Pietro M., Bassi E. (2013). *L'intervento cognitivo comportamentale per l'età evolutiva.* Trento: Erikson.