Cara Daniela, ritengo che il disturbo bulimico sia un po' come un cane che si morde la coda. Mangiare fino a scoppiare non può che farla sentire ancora peggio, ma senza questo "riempirsi " spesso vi è un senso di vuoto , di apatia , di tristezza. Perciò da un lato il cibo rappresenta una salvezza ma una condanna nello stesso tempo, che può portare a sentire ancora di più senso di colpa, svalutazione della propria immagine corporea, senso di inettitudine e talvolta anche impotenza.
Spesso durante le crisi bulimiche la persona non ha il tempo per riflettere su quanto sta per accadere. E' un impulso a cui viene dato libero sfogo. Sarebbe importante "inserire" in questo processo altri elementi più cognitivi diciamo e in questo senso è utile un diario alimentare , nel quale segnare gli stati d'animo e in pensieri che precedono e seguono alle crisi e ai pasti. Questo unito agli alimenti consumati, orari e luoghi dell'evento . Tutto ciò serve per meglio comprendere le motivazioni che portano al sintomo . Sarebbe altrettanto necessario che questo materiale venisse poi sviscerato meglio con un professionista che la possa sostenere in questo processo di acquisizione di maggiore consapevolezza di sé. Se dalla collega a cui si era rivolta aveva avuto benefici può considerare l'idea di rivolgersi ancora a lei.
A disposizione
Dr.ssa Cavana Maura