Minacce, gestione della vita e depressione.
Buonasera...sono una ragazza di 27 anni con un problema che mi perseguita da tanto e tanto tempo ma che solo ora mi ha messo in condizioni di cercare seriamente aiuto. Questo problema sono i miei genitori che all'apparenza sembrano due persone moderne e aperte ma in realtà sono i miei...carcerieri, se così li si può definire.
A loro devo rendere conto di ogni cosa, di ogni spostamento che faccio, devo chiamarli anche se vado a un appuntamento con un'amica perché devono assicurarsi che io sia sana e salva, ho una ritirata quando esco di sera che devo RIGOROSAMENTE rispettare, salvo alcuni rarissimi casi (che mi vengono poi rinfacciati). Premetto che non ho mai dato loro grattacapi, sono stata una di quelle classiche figlie 'modello', sono laureata da due anni e mezzo a pieni voti e ora "lavoro" solo per punteggio (quindi non vedo becco di un quattrino) come insegnante in una scuola paritaria. Questa premessa è importante poiché è in questa scuola che è iniziato il mio "dramma"... poiché io e un mio collega ci siamo innamorati. Alla follia. Ma per mia enorme sfortuna lui, dopo l'avvenuta separazione, ora è in fase di divorzio perché la sua ex moglie lo ha tradito e la brava signora ha in custodia le due bambine e vive felicemente col compagno. Teoricamente non dovrebbero esserci problemi...E invece il problema c'è e si chiama ETICA BIGOTTA. Dopo una frequentazione di nascosto decisi di parlare apertamente coi miei genitori...E da lì è iniziato il mio incubo. Sono letteralmente impazziti, si facevano venire l'impossibile, svenimenti, innalzamenti di pressione, pianti, vomito. Mio padre mi picchiò dicendo che ero diventata una poco di buono facendo cose moralmente ed eticamente ingiuste e chiamò il mio collega per tre volte minacciandolo di fargli del male fisico se solo si fosse avvicinato a me. Azzardai una fuga e mi chiusero in casa, a chiave. se solo avessi provato a raggiungere il mio uomo avrebbero scatenato un inferno...e per un periodo non mi è stato concesso di uscire. Da poco ho ripreso un po' di vita sociale, ultracontrollata, chiamate continue e pressioni costanti. Non posso più nominare l'uomo che amo, in casa mia è diventato "l'essere immondo schifoso che ha osato avvicinare una ragazzina". Ragazzina. Noi ci amiamo da morire, ogni giorno sempre di più e abbiamo DAVVERO bisogno l'uno dell'altro. Riusciamo a vederci solo una volta a settimana di nascosto per un paio d'ore quando ci va bene, sempre col terrore che possiamo essere scoperti e che succeda il finimondo. Non vivo più. Non sorrido più. Cosa posso fare...?