L'amore non è la simbiosi

Pubblicato il   / Sesso e Amore
amore simbiotico

I continui fatti di cronaca sulla violenza che caratterizza, troppo spesso,la fine delle storie d’amore, fanno sorgere spontanea la domanda: come mai la fine di una storia d’amore può arrivare ad avere risvolti drammatici con eventualmente anche episodi di estrema violenza?

Che cosa determina l’incapacità di un adolescente o di un adulto di accettare la fine di una relazione?

Per avere una visione un po’ più chiara facciamo un passo indietro ed andiamo ad osservare quello che succede quando due persone s’incontrano ed iniziano una “ storia”. Se immaginiamo le due persone come due cerchi che, in questa fase si sovrappongono quasi del tutto, vediamo che l’attenzione di entrambi le parti è concentrata sugli aspetti condivisi, cioè sulla parte sovrapposta dei due cerchi e vengono ignorate le differenze. Es. a uno dei due piacciono i film romantici all’altro quelli di avventura, in questa fase questa differenza viene ignorata. O si sceglie un terzo tipo di film, oppure una delle due, quella più forte, impone, dolcemente, la sua scelta.

Osservando queste due persone che fanno tutto insieme, che sembrano muoversi all’unisono ci viene da pensare “ si amano davvero”. La domanda è: ma si amano davvero?

Quello che in realtà stiamo osservando è una simbiosi, che può’ o meno diventare una storia solida. Che cos’è la simbiosi? Si definisce simbiosi una relazione nella quale due persone si comportano come se fossero una persona sola.

La relazione è strutturalmente caratterizzata dal fatto che nessun individuo energizza completamente i propri stati dell’Io (Schiff et al. 1980). Vale a dire nessuno dei due è in grado di agire come un individuo autonomo. Quindi è uno dei due che decide per tutti e due, questo può essere alternato, mal più spesso accade che è uno dei due che decide per entrambi.

Le decisioni sono, ovviamente, influenzate dalla necessità di non interrompere lo stato simbiotico. In quest’ottica anche i pericoli per uno dei due sono visti come pericoli per entrambi. Certamente questo non è un comportamento positivo ai fini della relazione stessa, nel senso che è una situazione che non può durare.

Eppure la simbiosi non è essenzialmente negativa, anzi è indispensabile, esiste, infatti, anche una simbiosi sana ed è quella che caratterizza la relazione madre / bambino. Questa relazione è di fatto indispensabile per la salute emotiva del bambino ed è quella che crea le basi dell’attaccamento. Questo momento così particolare tra madre e figlio si evolve mano a mano che la madre crea lo spazio tra lei ed il bambino, perché questo possa creare il proprio mondo, pur nella certezza che non è solo, che la madre è li, figura di riferimento ed attaccamento.

In questo modo si gettano le basi per l’attaccamento sicuro che consentono la crescita emotiva di una persona. Con queste premesse si acquisisce la capacità di reggere la separazione fisica e di accettare che si può vivere anche senza la figura di riferimento. Certo è doloroso ma si sono sviluppate le capacità emotive per reggere il dolore e iniziare una nuova relazione.

Quando questo non accade, quando la madre, o chi per lei, non è stata in grado di creare uno spazio di libertà, pur nella sicurezza emotiva, allora la persona, anche se ormai adulta, non riesce a vivere una sua individualità sicura. In queste condizioni la fine di una storia, decisa dal partner, getta la persona in una condizione di disperazione simile a quella di un neonato che piange e che nessuno va a prendere.

Quando nella storia di uno dei due c’è una relazione simbiotica irrisolta, la persona che vuole chiudere la storia, riattiva nell’altro condizioni di dolore insopportabili ed è in quest’ottica che si possono inquadrare la messa in atto di comportamenti distruttivi per se stessi e per gli altri. In questi casi è necessario lavorare sulla simbiosi originaria, quella madre / bambino, per arrivare ad un evoluzione sana della stessa. In questo modo l’adulto di oggi può reggere un addio senza che diventi l’abbandono insostenibile del neonato che è stato in passato.

Un altra possibilità, che traumatizza la coppia, si verifica quando il legame della coppia è molto forte eppure gli elementi di diversità sono notevoli. Vale a dire l’aspetto simbiotico è stato superato, l’attaccamento c’è ed è valido, gli elementi in comune ci sono e sono importanti e però l’attenzione dei due è più sulle differenze, ritenute intollerabili, che sulle similitudini.

Questo tipo di attenzione danneggia, ovviamente, la coppia. Anche i sentimenti passano in secondo piano e si può arrivare a pensare che non ci siano più. Diventa importante in questo caso lavorare in modo che la coppia possa affrontare la scoperta che, nonostante non stiano più in una relazione simbiotica, il loro rapporto può avvantaggiarsi ed arricchirsi con le differenze che li hanno spaventati.

Ovviamente questo lavoro è possibile quando tra i due ci sono i sentimenti. Si tratta di lavorare perché la coppia possa imparare emotivamente reggere le differenze, vedendole come elementi di che portano impulsi positivi alla coppia, piuttosto che come una minaccia alla sopravvivenza della stessa.

Il lavoro non è sul rinforzo alle similitudini, o per lo meno, non solo. Il lavoro si concentra nel fare in modo che le differenze diventino un valore che consente una migliore crescita della coppia che non è più simbiotica, ma è una vera coppia. Ovviamente, quando entrambi i partner sono in grado di energizzare tutti e tre i loro stati dell’Io, una volta che la fase simbiotica è esaurita, se riconoscono di essere in una relazione sterile, sono entrambi in grado di tollerare la fine della storia e di muoversi verso una nuova relazione.

 

 

Bibliografia:

  • J. L. Schiff “analisi transazionale e cura delle psicosi”
  • C. Moiso, M. Novellino “ Stati dell’Io”