SPECIAL REPORT PSICOLOGIA: FU-Matore: la dipendenza da nicotina

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SPECIAL REPORT PSICOLOGIA: FU-Matore: la dipendenza da nicotina

Il tabagismo appartiene, per la sua estensione e per la gravità dei danni alla salute che comporta, ai grandi problemi con i quali la società moderna è chiamata a confrontarsi Il fenomeno coinvolge oltre un miliardo di persone, trecento milioni delle quali vivono in Occidente, più di dieci in Italia. Il consumo di tabacco è complessivamente in diminuzione nei paesi ricchi, ma mostra una preoccupante tendenza in senso opposto sia nelle nuove generazioni sia nel sesso femminile.

Il fatturato delle multinazionali che producono sigarette è circa 60 volte superiore al bilancio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Si consideri inoltre che il tabagismo, che va obiettivamente annoverato tra le tossicofilie, è contraddistinto da un grado particolarmente severo di dipendenza.

Per la sua estensione, per la gravità e per il costo sociale dei danni sanitari che ne derivano, oltre che per la forza degli interessi in gioco, questo fenomeno costituisce uno dei grandi problemi della società moderna. In Italia i fumatori sarebbero, secondo le fonti, da 10 a oltre 15 milioni, in prevalenza maschi.
Sebbene rispetto ad alcuni decenni fa il fenomeno sia complessivamente in diminuzione, il fumo rimane in crescita nel sesso femminile e tra i giovani.
Secondo alcune indagini condotte nelle scuole secondarie superiori, la percentuale dei fumatori arriverebbe tra gli adolescenti al 35 per cento.
Il numero di fumatori nel mondo è stimato in oltre un miliardo e, nonostante le campagne contro il tabagismo, è in aumento.

IL TABAGISMO : CENNI STORICI

Le droghe accompagnano da sempre l’uomo nella sua storia. Il tabacco è arrivato in Europa nel 1500, trovandovi un impiego essenzialmente voluttuario, nel quale è però rilevabile una traccia precisa, sebbene attenuata, delle proprietà psicotrope e degli usi, rituali e cerimoniali, che l’avevano contraddistinto in precedenza.
Le proprietà del tabacco sono in larga misura riconducibili alla nicotina, un alcaloide liquido, oleoso e volatile. Questa sostanza, contenuta nelle foglie in concentrazioni comprese tra lo 0,6 ed il 9 percento, agisce sui gangli del sistema nervoso, che funzionano come stazioni intermedie di molte funzioni, centrali e periferiche, di tipo sia eccitatorio sia inibitorio. L’azione della nicotina tende ad invertirsi con le dosi: a quelle basse spesso, ma non sempre, prevale l’eccitazione, a quelle alte l’inibizione, fino alla paralisi. A livello del letto arterioso prevale la vasocostrizione, unita ad un aumento della coagulabilità del sangue.

La risposta alla nicotina dipende anche da fattori genetici ed ambientali. La stessa persona può ricavare dalla sigaretta un senso di piacere e serenità in alcuni momenti, di eccitazione in altri.

Oscar Wilde a questo proposito scriveva che “La sigaretta è la sintesi perfetta del piacere completo. Essa è squisita e lascia il soggetto soddisfatto.

LA NICOTINA SECONDO IL DSM IV

Il DSM IV contempla la diagnosi di dipendenza nicotina ma non di abuso. La dipendenza da nicotina si sviluppa rapidamente, forse a causa dell’attivazione da parte della sostanza del sistema dopaminergico dell’area tegmentale ventrale.
Lo sviluppo della dipendenza è aumentato dai forti fattori sociali che incoraggiano il fumo in alcuni contesti e dal potente effetto della pubblicità, delle compagnie di tabacco.
Molti studi recenti hanno anche suggerito una predisposizione genetica verso la dipendenza da nicotina. La maggior parte delle persone che fumano vuole smettere e ha provato più volte senza successo.

Il DSM IV non prevede una categoria diagnostica per l’intossicazione da nicotina, ma ha una categoria diagnostica per l’astinenza. I sintomi da astinenza da nicotina si possono sviluppare entro due ore dopo aver fumato l’ultima sigaretta. In genere raggiungono un picco tra le ventiquattro e quarantotto ore e possono durare da settimane a mesi.

Secondo la definizione del DSM IV la dipendenza da sostanze è caratterizzata dalla presenza di almeno tre dei seguenti criteri:

  • - L’individuo sviluppa TOLLERANZA, indicata da dosi notevolmente più elevate della sostanza necessarie per produrre l’effetto desiderato, oppure dagli effetti della sostanza che si fanno marcatamente meno evidenti con l’assunzione della quantità abituale.
  • - I sintomi di ASTINENZA cioè effetti fisici e psicologici negativi, si manifestano quando l’individuo smette di assumere la sostanza o ne riduce la quantità. L’individuo può anche servirsi della sostanza per attenuare o evitare i sintomi dell’astinenza.
  • - L’individuo assume la sostanza in quantità maggiori o per periodi più prolungati di quanto aveva previsto.
  • - L’individuo riconosce che il suo uso della sostanza è eccessivo; può anche aver cercato di ridurne l’assunzione, senza però riuscirvi.
  • - L’individuo dedica gran parte del suo tempo a procurarsi la sostanza o a riprendersi dai suoi effetti.
  • - L’individuo fa un uso continuativo della sostanza nonostante i problemi psicologici o fisici da essa prodotti o esacerbati.
  • - L’individuo interrompe o riduce la propria partecipazione a molte attività sociali, lavorative o ricreative a causa dell’uso della sostanza.

LA DIPENDENZA

Fu-Matore: la dipendenza da nicotinaLa dipendenza è il motivo per cui la gente continua a fumare anche quando si rende conto che il fumo può uccidere. Oltre un miliardo di persone al mondo consuma nicotina sottoforma di sigarette, sigari, tabacco da fiuto o da masticare, pipe ecc.

Tale consumo viene naturalmente pagato caro; solo negli Stati Uniti d’America almeno quattrocentomila decessi sono annualmente attribuiti al fumo e specie al consumo di sigarette, il tutto con un costo di spesa medica molto vicina ai cinquanta miliardi di dollari.

Il fumatore presenta di per sé un rischio di cancro polmonare ben 16 volte superiore al non fumatore e di malattia polmonare ostruttiva cronica superiore di 12 volte verso il non fumatore.
Per un uomo di 25 anni che consuma venti sigarette al giorno la vita ne sarà abbreviata di 4,6 anni, per un suo coetaneo che ne fumi quaranta gli anni di vita saranno ridotti di 8,3 e sempre di otto anni si accorcerà la vita per colui che inizia a fumare a quindici anni.
Nel fumatore diminuisce la lipoproteina ad alta densità (HDL). La frequenza della dipendenza s’impenna sia con gli oppiacei sia, apparentemente, col tabacco.
Il termine “apparentemente” è d’obbligo, perché, mentre si può ritenere acquisito che la nicotina crei una forte dipendenza (Benowitz, 1992), non esistono informazioni precise sul numero delle persone che fumano occasionalmente, senza svilupparla.

All’inizio il fumo è il risultato di una scelta sostanzialmente libera e volontaria.
In seguito tende invece a trasformarsi in bisogno compulsivo, al fine non tanto di riprodurne gli effetti iniziali, quanto piuttosto di evitare i disturbi causati dalla sua mancanza. Il tabacco determina, attraverso la nicotina, effetti mentali molto più complessi, riconducibili al suo punto d’attacco, rappresentato da gangli neuronali che modulano svariate funzioni nervose, centrali e periferiche. Questi effetti, che rendono «piacevole, desiderabile e talvolta perfino utile» il fumo, sono racchiusi in un quadro che, secondo le circostanze, può rispondere al bisogno di tranquillizzazione o, all’inverso, di stimolazione.

Durante l’astinenza da fumo si nota irritabilità, difficoltà di concentrazione, bradicardia, anche marcata, e così via.
Con gli oppiacei si tratta di iperalgesia, accompagnata da un’aumentata sensibilità al dolore fisico e mentale, di eccitazione e di stimolazione adrenergica.
Con gli psicostimolanti adrenergici prevalgono la prostrazione, il restringimento della pupilla ed altri effetti di significato analogo.

TEORIE SULLA GENESI DELLA DIPENDENZA

Le teorie attualmente esistenti sull’abuso e la dipendenza da tabacco sono numerosissime e frutto di prospettive diversificate. Nonostante la loro notevole eterogeneità esse sono tuttavia riconducibili a due ampi paradigmi teorici: il paradigma “disease” e il paradigma “adattivo”.
Il paradigma “disease” si collega strettamente al modello medico, spiega la dipendenza in base a cause intraindividuali.
Sono rintracciabili al suo interno diversi orientamenti: uno che indica nella predisposizione individuale e nell’esposizione alle droghe i fattori determinanti dell’abuso e della dipendenza con studi sulla dotazione genetica, su specifici markers biologici, sugli impulsi e su caratteristiche di personalità.

L’altro orientamento accorda un ruolo prioritario all’esposizione alle droghe con studi fisiologici, neurochimici e in base al meccanismi di rinforzo. Tra i principali modelli riferibili a questo paradigma:

Teorie fisiologiche. Queste teorie rientrano tra quelle centratesull ”esposizione” alla dipendenza da tabacco, cioè che attribuiscono un ruolo determinante alle proprietà farmacologiche e interpretano l’addiction come un effetto specifico dell’uso: le proprietà farmacologiche e/o gli effetti delle sostanze innescano delle modificazioni fisiologiche o dei processi di condizionamento, che inducono a proseguire il consumo e a incrementare le assunzioni. Noto è il modello della regolazione della nicotina sviluppato da Schachter e collaboratori (“Effects of urinary ph on secret smoking” in Journal of experimental Psychology: General, 106, pp. 13-19, 1977), che sostiene che i forti fumatori non ricorrono al fumo per diminuire i loro stati d’ansia, ma per regolare il livello di nicotina presente nel loro organismo.

Teorie del rinforzo. Le teorie del rinforzo interpretano l’addiction come l’effetto di processi di condizionamento che dipendano dal fatto stesso di fare uso di sostanze. Secondo questa prospettiva tutti i comportamenti sono frutto di processi di apprendimento e possono essere analizzati in rapporto a specifici input o stimoli che incidono sull’organismo e ad output o risposte forniti dall’organismo stesso. L’abuso e la dipendenza sono tutti comportamenti appresi attraverso l’associazione che si viene a creare tra “droga” assunta (stimolo) e specifici effetti che essa determina sulla persona (risposta).

Ciò significa che gli effetti percepiti dalla dipendenza si associano a diversi possibili elementi rinforzanti quali, ad esempio certi stati corporei, sentimenti, percezioni, atteggiamenti, comportamenti dell’assuntore, nonché alle reazioni del suo ambiente di vita.
Gli effetti positivi sperimentati rinforzano il consumo e quanto più un individuo ottiene gli effetti desiderati, tanto più è probabile che egli continui ad assumere una data sostanza; inoltre quanto più le assunzioni sono frequenti, tanto maggiore è il rinforzo che ne deriva.

Alcune teorie psicodinamiche. Le spiegazioni dell’abuso e la dipendenza da tabacco proposte in ambito psicanalitico fino agli anni ’60 condividevano l’idea che essa costituisce un disturbo della personalità caratterizzato da fissazione orale, narcisismo, disturbi maniaco-depressivi, salienza degli istinti distruttivi.

In questa prospettiva la condotta tossicomania era soprattutto interpretata come conseguenza di una fissazione ad una fase pregenitale dello sviluppo libidico e proprio da quest’ultima derivava il carattere coatto della ricerca del piacere e la sua incapacità di dilazionarne nel tempo la soddisfazione.
Nelle opere di Freud (ad es. “Tre saggi sulla teoria sessuale”del 1905) sono presenti osservazioni isolate che rimarcano le caratteristiche regressive delle condotte tossicomaniche: coloro che hanno dipendenza da tabacco sono ritenuti vittime di una fissazione alla fase orale, che li rende incapaci di staccarsi da un oggetto d’amore che li nutre e placa il dolore derivante dalla mancata soddisfazione dei bisogni primari. Tale fissazione è vista anche in rapporto a un’intensificazione costituzionale della sensibilità della zona esogena labiale, che se persiste nel tempo determina in età adulta la propensione a fumare.
Rado (“The psychic effects of intoxication:attempts at a psychoanalitic theory of drug addiction” in International Journal of Psycho-Analysis, VII, 1926), in accordo con la posizione espressa da Freud, definisce la tossicomania come una sorta di “orgasmo alimentare” che si associa a disturbi di tipo maniaco-depressivo e che ha soprattutto una funzione di barriera contro la sofferenza.
Essa si struttura in individui che reagiscono alle frustrazioni con un’angoscia molto intensa e che contemporaneamente presentano elevati livelli di intolleranza al dolore. Anche Rosenfeld (“Psychotic state”, London, The Hogart Press, 1965), riferendosi al ciclo maniaco depressivo, sostiene che si ricorra all’abuso e alla dipendenza per difendersi, tramite una reazione maniacale, da una sofferenza di tipo depressivo.

Il paradigma adattivo non interpreta l’abuso come una sorta di “malattia”,ma come il risultato del tentativo di far fronte a disparate situazioni (compiti d sviluppo, eventi stressanti, stati di disagio) tramite l’uso di certe sostanze. Le teorie che si ispirano a questo modello non escludono che i fattori biologici esercitino un ruolo nella genesi della dipendenza, ma postulano che essi interagiscano strettamente con quelli psicologici.

Le teorie cognitive hanno come idea di fondo che i processi e gli effetti percepiti delle diverse sostanze sono fortemente influenzati da fattori cognitivi-motivazionali come gli atteggiamenti, le aspettative e le credenze.
Tali credenze, apprese dalle persone nell’ambito dei loro rapporti sociali, forniscono un repertorio di spiegazioni che consentono di interpretare e di giustificare i loro comportamento di consumo; quanto più esse sono positive, tanto più aumenta la probabilità che le persone possono iniziare o continuare.

I DANNI DELL’ABUSO E LA DIPENDENZA DA TABACCO

Si calcola che i fumatori nel mondo ammontino ad oltre un miliardo. Nelle società occidentali e industrializzate questo numero è in declino, ma nelle fasce di popolazione a basso reddito permane una tendenza di segno opposto, che si osserva anche nei Paesi in via di sviluppo.
Tenendo conto di questo secondo aspetto del problema si prevede che, a meno di un’inversione dell’attuale tendenza, entro il 2025 il numero dei fumatori possa giungere ad oltre 1,6 miliardi. Il 6,2 per cento dei fumatori ha iniziato prima dei 14 anni e il 44,7 per cento tra i 14 e i 17 anni: complessivamente, pertanto, in più del 50 per cento dei casi si comincia a fumare prima dei 18 anni.

I danni del fumoGli uomini fumano in media 16,3 sigarette al giorno e le donne 12,1. Il 14,3 per cento degli uomini e il 4,6 per cento delle donne fumano più di un pacchetto al giorno. È interessante rilevare che l’età media della cessazione del fumo è 37,1 anni per gli uomini e ben 57,1 per le donne.

Smettere di fumare è possibile, ma difficile. In Italia ci sono oggi circa sei milioni di ex-fumatori, che generalmente hanno abbandonato quest’abitudine per la consapevolezza dei danni che essa comporta per la salute. Per alcuni basta la forza di volontà, per altri occorre il sussidio di un supporto, che può essere sia psicologico sia farmacologico, con particolare riferimento, nel secondo caso, alle preparazioni a base di nicotina (nicotinereplacement therapy o NRT).

Il fumo di sigaretta rappresenta nella maggior parte dei Paesi sviluppati la principale causa, o concausa, di mortalità evitabile. Ogni anno il consumo di tabacco è responsabile della morte di circa 3,5 milioni di persone nel mondo, sette al minuto.

La consapevolezza dei danni alla salute legati al tabagismo, oltre che del loro costo sociale ed economico, ha alimentato un acceso dibattito sulle misure da intraprendere per contenerli e distribuirli equamente. Le principali categorie alle quali si è soliti fare riferimento in questo tipo di analisi sono le seguenti:

  • - prevenzione, diagnosi, terapia e riabilitazione delle patologie correlate al fumo;
  • - mancato guadagno conseguente alla perdita di lavoro dovuta alle patologie causate da fumo;
  • - perdita del guadagno futuro a causa di morti premature.

Un calcolo preciso di questi costi è estremamente difficile, a motivo della complessità, variabilità e soggettività dei fattori che vi sono coinvolti. In sintesi, la diffusione del tabagismo appare legata a quattro elementi:

  • - le peculiari proprietà psicotrope della nicotina;
  • - la disponibilità del tabacco che, pur con le recenti restrizioni, tendenti principalmente a ridurre i danni del fumo passivo, è sostanzialmente libera;
  • - la dipendenza molto elevata;
  • - la sottovalutazione del problema, dovuta al fatto che i danni organici prodotti dal tabagismo sono ritardati e hanno un andamento cronico.

DISINTOSSICAZIONE E RECUPERO

La crescente consapevolezza della nocività del fumo, unita all’elevato numero dei fumatori che tentano di smettere, ha trasformato la disassuefazione in uno dei capisaldi della lotta al tabagismo. E’ stato calcolato, per citare un solo aspetto del problema, che nel nostro paese un dimezzamento del numero dei fumatori eviterebbe, nei prossimi cinquant’anni, da 15 a 18 milioni di decessi prematuri.

I principali interventi sicuramente efficaci sono:

  • - il counseling individuale;
  • - la terapia di gruppo;
  • - la terapia sostitutiva della nicotina;
  • - il bupropione.

Non esistono ancora prove sufficienti a favore della superiorità dell’uno o dell’altro di essi. Qui di seguito, pertanto, se ne fornisce un quadro generale, facendo riferimento alla revisione Cochrane, che ha seguito criteri rigorosi, successivamente adottati nelle più recenti linee guida, sia inglesi sia americane.

Una revisione sistematica di 11 studi controllati e randomizzati ha dimostrato l’efficacia del counseling individuale, definito come incontro individuale di durata superiore a 10 minuti, con un operatore preparato a questo compito (Lancaster e Stead, 2001a).
Il counseling individuale è stato inoltre confrontato con gli interventi cosiddetti minimi (raccomandazioni di durata inferiore a 10 minuti, materiale di auto-aiuto, assistenza ordinaria), senza evidenziare differenze significative.

Un’altra revisione sistematica di 19 studi ha analizzato l’efficacia della terapia di gruppo, che prevede almeno due incontri, nei quali i soggetti ricevono informazioni, raccomandazioni, incoraggiamenti o sono sottoposti a una terapia cognitivocomportamentale, rinforzata dal mutuo supporto (Stead e Lancaster, 2001).

La terapia di gruppo è risultata più efficace del solo materiale di auto-aiuto. Sia gli interventi di counseling individuale sia le terapie di gruppo erano così diversi da studio a studio, da non consentire di individuare una modalità di trattamento più specifica delle altre.

PSICOLOGIA DELL’ ABUSO E LA DIPENDENZA DA TABACCO

La psicologia non presenta una tradizione consolidata di studi sui fenomeni connessi all’uso, ma soprattutto all’abuso, e alla dipendenza da tabacco. Il consumo patologico di sostanze è ripartito in due categorie : l’ABUSO di sostanze a la DIPENDENZA da sostanze.

Per l’OMS la sindrome di dipendenza è caratterizzata dai seguenti elementi:

  • - Consapevolezza della compulsione a usare droga, contro la propria volontà;
  • - Desiderio di non usarla;
  • - Abitudine relativamente stereotipata di assumere la droga;
  • - Evidenti sintomi di neuroadattamento (tolleranza, astinenza);
  • - Uso della droga per evitare o attenuare i sintomi di astinenza;
  • - Salienza del comportamento di ricerca della droga rispetto ad altre importanti priorità;
  • - Rapida reintegrazione della sindrome dopo un periodo di astinenza.

Per la diagnosi di ABUSO di sostanze, secondo il DSM IV, l’individuo deve esperire una delle seguenti condizioni in conseguenza dell’uso ricorrente della sostanza:

  • - Incapacità di adempiere a obblighi e responsabilità importanti;
  • - Esposizione a pericoli fisici;
  • - Problemi di ordine legale o giudiziario;
  • - Problemi sociali o interpersonali persistenti.

ADDICTION

Con questo termine si fa riferimento agli effetti fisici delle sostanze, identificati nella tolleranza e nello stato di astinenza.

TOLLERANZA

Il fenomeno di risposta del sistema nervoso centrale tale da ridurre gli effetti della sostanza.

ASTINENZA

La sindrome di astinenza si ha in risposta all’adattamento neurologico. La mancanza di droga provoca un effetto di scompenso che da luogo ai sintomi di astinenza.

CRAVING

Definito anche come “appetizione patologica”, si caratterizza per un intenso desiderio ad assumere una sostanza, accompagnata da un’altrettanta intensa sofferenza nel caso che l’assunzione non avvenga. Questo desiderio può assumere le caratteristiche dell'impellenza e della compulsività, soprattutto in presenza di specifici e particolari stimoli e rinforzi, interni o esterni.

PSICOTERAPIA E ABUSO E DIPENDENZA DA TABACCO

Trattamenti psicoterapia per smettere di fumareterapeutici sono ampliamente utilizzati per i disturbi da uso di sostanze e includono terapie individuali, familiari o e di gruppo, ciascuna con vari orientamenti. Il termine psicoterapia viene utilizzato per descrivere un trattamento psicologico mirato a modificare pensieri, sentimenti e comportamenti problematici creando una nuova comprensione di aspetti che sembrano correlati in modo causale alle difficoltà lamentate.

Quando la psicoterapia viene utilizzata nel trattamento delle dipendenze, essa deve occuparsi dei comportamenti legati alla dipendenza e dei pensieri e sentimenti che sembrano incoraggiarli, sostenerli o che ne sono il risultato.

Distinguiamo:

- Psicoterapia individuale. Molte delle tecniche e dei principi della psicoterapia impiegati con i pazienti che abusano di sostanze sono simili a quelli utilizzati nella psicoterapia con altri pazienti.

- Psicoterapia di gruppo. Tradizionalmente l’approccio della terapia di gruppo nel trattamento della dipendenza ha rappresentato la soluzione più popolare a questo problema e, attualmente, è l’intervento di elezione. Gli attuali approcci di gruppo alla dipendenza sono emersi da diverse tradizioni: dalle associazioni di auto-aiuto, dal modello psicoeducativo, cognitivo-comportamentale e dalla tradizione psicodinamica interpersonale. Il gruppo deve fornire un elevato grado di sicurezza e di strutturazione: un contratto di gruppo come caratteristica organizzatrice, delle norme condivise, espresse esplicitamente e ripetute. Il gruppo ha la capacità di sostenere e mettere a confronto, di confortare e sfidare, di coinvolgere i suoi membri in incontri che aumentano distintamente la consapevolezza dei problemi personali e del carattere. Il gruppo ha la capacità di fornire un luogo sicuro per il cambiamento.

- Terapia familiare. L’abuso di sostanze ha un profondo effetto sulla famiglia e questa è un fattore cruciale nel trattamento di un individuo che ne fa uso. La terapia familiare non può restare isolata nella cura di individui con un grave problema di abuso di sostanze. Essa rappresenta un attributo prezioso e spesso necessario al trattamento, in particola modo quando è integrato in un programma complessivo. Nella terapia familiare esistono tre fasi fondamentali del coinvolgimento della famiglia nel trattamento:

  • 1) sviluppare un sistema per instaurare e mantenere uno stato drug free;
  • 2) attivare un metodo realizzabile di terapia famigliare;
  • 3) occuparsi del riadattamento della famiglia dopo la cessazione dell’abuso di sostanze.

Variazioni ci sono in base alla sostanza abusata, all’etnia, alla tipologia familiare, allo stadio della malattia e al sesso del paziente. Importante è effettuare una diagnosi della famiglia osservando i modelli interattivi, di comunicazione, i rapporti della famiglia, le alleanze e i ruoli principali, le regole e i confini, i legami e gli stili di conflitto. Vari sono i sistemi di terapia familiare attualmente in uso: la terapia strutturale strategica, psicodinamica, sistemica e comportamentale.

CONCLUSIONI

Il tabagismo, così come le altre tossicofilie, si combatte innanzi tutto con la prevenzione e, dove essa non basta, con misure volte a contenerne le dimensioni e alimitarne i danni.
La prevenzione consiste innanzi tutto nell’informazione a tutti i livelli, compresi quelli che riguardano l’infanzia. Oltre ad essere intrinsecamente corretta, essa deve tenere conto delle peculiari caratteristiche del fenomeno, che ostacolano la percezione delle sue reali dimensioni e della sua pericolosità.

L’informazione, intesa come educazione, deve coinvolgere attivamente i giovani, non solo perché essi possono influenzare l’atteggiamento degli adulti, ma anche perché sono le prime potenziali vittime del tabagismo.

L’educazione deve accompagnarsi a misure restrittive, volte a limitare l’uso del tabacco e a ridurne i danni a carico sia del fumatore, sia di chi è esposto al fumo passivo, con particolare riguardo ai nascituri e ai bambini.

Si sottolinea che la facile disponibilità del tabacco costituisce, in sé e per sé, un fattore capace di alimentare il tabagismo: nel rispetto della libertà individuale, vanno quindi considerate misure incisive, fiscali e d’altro genere, tese a contenerne il consumo e ad impedirne la vendita e scoraggiarne l’uso tra i giovani. La riduzione del danno deve riguardare non solo l’assistenza alle malattie conclamate, ma anche la disassuefazione, perché la dipendenza limita la libertà individuale e costituisce il principale ostacolo alla lotta contro il tabagismo.

Il fatto che le azioni finora intraprese dai vari governi, con il supporto di organizzazioni internazionali e sopranazionali (ONU, OMS, Ue), non abbiano ancora fornito i risultati sperati non deve scoraggiare. Nei Paesi industrializzati dove è stata avviata una seria politica d’informazione, d’educazione e d’aiuto ai fumatori, come è avvenuto ad esempio in Finlandia, le patologie legate al fumo sono diminuite, prima fratutte il tumore al polmone.

In Italia, il Piano Sanitario Nazionale prevede, tra l’altro, una campagna d’informazione istituzionale sugli stili di vita salutari, che merita apprezzamento e va perseguita con vigore, specie per quanto riguarda la prevenzione dell’uso di questa e di altre droghe. Il problema è complesso, con risvolti non solo etici, sanitari e sociali, ma anche economici ed occupazionali. Assieme alle altre misure, quindi, occorre sia convertire la produzione del tabacco in colture diverse, capaci di assicurare un reddito adeguato agli addetti al settore, sia approfondire lo studio delle sue componenti sotto altri profili, inclusi quelli terapeutici.

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